CHE IO POSSA ANDARE OLTRE

Che io possa andare oltre me stessa .

Oltre gli schemi ,

oltre i limiti della ragione che soffoca le emozioni ,

oltre ciò che è corretto o errato , 

oltre il tempo giustiziatore che logora , 

oltre ciò che non è stato ,

oltre il dolore ,

oltre ciò che non mi appartiene , 

oltre ... andare oltre . 

Andiamo , andate oltre !!!

 

La vera Fratellanza non è mai un punto di partenza, ma una conquista che nasce dall’incessante lavoro su di sé.
È l’alchimia sottile che trasforma il piombo delle nostre imperfezioni in oro di consapevolezza, umiltà e responsabilità.
Non si misura in Gradi o rituali, ma nella capacità di accogliere l’altro come specchio e compagno di cammino, anche quando i suoi frutti non sono ancora maturi come i nostri.
In questa pazienza, questa attenzione, risiede il cuore sacro della Loggia: un luogo dove la diversità diventa ricchezza, e il silenzio diventa ascolto profondo.
Solo così la Fratellanza si fa Luce vivente, e la Via, davvero, si compie. Un TFA Sr:. Roberta Caruso🌿🌿🌿🪢🪢🪢

La libertà... di essere Liberi .

Che la libertà possa divenire realtá e che la nostra fratellanza , così affannosamente abbozzata, possa emergere nell' universalità.

Necessitiamo di Maestri che ci indichino come le radici della Libertà trovino linfa in quell'impalpabile linea di confine che esiste tra l'avere e l'essere , il potere ed il dovere , il volere ed il subire, tra il vivere ed il morire lentamente prigionieri delle scelte altrui, lí dove l'amore manca e regge la consuetudine, tra il donare ed il cedere, il cercare, il chiedere e l'attendere , tra il bianco ed il nero.

La paura ed il dolore siano strumenti della ribellione, della scelta, attrattivi di fallite illusioni, risultato di perdite emotive , muse ispiratrici alla ricerca e raggiungimento ,  costi quel che costi, della libertà. 
Allontanarsi e riflettere e comprendere, evidenziare i propri limiti , perderci e ricominciare , allontanarsi dal tramare e nuocere, illudere, illuderci e millantare. 


Che la libertà ci renda liberi di ritrovarsi e ricompattarci , senza fronzoli , senza... oblazioni  né prebende . 

Che possa essere musa ispiratrice ed esempio per i più piccoli, per i nostri figli , per gli oppressi e per gli oppressori .

La libertà come un nuovo inizio , come fragilità da educare a vivere , a riscoprirsi finalmente uomo, finalmente libero. 
"Fatti non foste per viver come bruti"  Dante osanna , lungo il viaggio oltre le colonne d'Ercole, la vera essenza e meraviglia della conoscenza. Affida ad Ulisse, eroico e temerario greco, il coraggio di una vita spesa bene  alla ricerca del sapere , della verità, della conoscenza , spirito insaziabile .

In Dante , Ulisse è collocato all'inferno fra i consiglieri fraudolenti, e con lui Diomede. 
È accusato di aver dato durante la sua misera vita ingannevoli racconti e false promesse , un po' come il gatto e la volpe all'inesperto ed immaturo burattino Pinocchio . 
Ed ancora ... " O voi che siete in due dentro una sola fiamma , se ho acquisito meriti nei vostri confronti quand'ero vivo se ho acquisito meriti grandi o piccoli presso di voi quando, sulla Terra, scrissi gli alti versi, non andate via ; ma uno di voi racconti dove è andato a morire in un viaggio senza ritorno " .

Hybris come la superbia dell' Adone greco  che giustifica la sua eterna punizione . Nei nostri tempi manca tuttavia l'Adone e manca il coraggio che lasciano spazio al desiderio di trarre in inganno chiunque potesse , ma ha anche osato cadere  vittima della manifesta " follia" . 
Dante Maestro Massone " O voi che avete gl'intelletti sani Mirate la dottrina che s'asconde Sotto il velame detti versi " ! 

Cs 15/07/2025              Sr:. Sara Mazza 

 
 
 
 
 


L'esoterismo di Dante Alighieri, come studiato da René Guénon, si riferisce all'interpretazione della Divina Commedia che vede nel poema un messaggio nascosto, accessibile solo attraverso la conoscenza di simboli e tradizioni esoteriche.
Guénon, in particolare, analizza le corrispondenze tra la Commedia e tradizioni come l'ermetismo, il rosacrocianesimo, e gli ordini cavallereschi, suggerendo che il viaggio dantesco attraverso i regni ultraterreni rappresenti un percorso iniziatico. 
 

 

 

Approfondimento:

 

 

  • Il concetto di esoterismo:
    In opposizione al termine "essoterico", che indica la conoscenza accessibile a tutti, "esoterico" si riferisce a una conoscenza riservata a pochi iniziati, spesso attraverso simboli e dottrine nascoste. 
     
  • Il simbolismo della Divina Commedia:
    Guénon interpreta la Divina Commedia come un testo ricco di simbolismo esoterico, dove l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso rappresentano rispettivamente il mondo profano, il percorso iniziatico e lo stato di illuminazione. 
     
  • Corrispondenze con altre tradizioni:
    L'analisi di Guénon evidenzia le analogie tra la struttura e i temi della Commedia con le tradizioni ermetica, rosacrociana e cavalleresca, suggerendo una possibile influenza di queste correnti di pensiero sulla concezione dantesca dell'universo e dell'uomo. 
     
  • Il numero tre:
    Un elemento ricorrente nell'interpretazione esoterica di Guénon è il numero tre, che compare in vari aspetti del poema, come i tre regni, le tre virtù teologali, e i tre principi massonici, rimandando alla Trinità e a concetti iniziatici. 
     
  • La missione di Roma:
    Guénon vede nella Commedia anche un messaggio sulla missione di Roma, intesa come centro di una tradizione spirituale che si estende oltre i confini della Chiesa, collegandosi al concetto di Impero universale. 
     

 

 

In sintesi: L'interpretazione esoterica di Guénon della Divina Commedia offre una chiave di lettura alternativa e più profonda del poema, svelando un complesso intreccio di simboli, tradizioni e conoscenze nascoste che trascendono la semplice narrazione letteraria. 

 

 

 

INIZIAZIONE MASSONICA ed INIZIAZIONE SIOUX

Da qualche tempo c’è dato di assistere ad una rivalutazione delle culture delle popolazioni indiane del Nord America, che va al di lá  di una semplice curiosità folkloristica.

Un lato particolarmente interessante, almeno dal nostro punto di vista , è costituito dalla descrizione del complesso di riti e simboli che c’è stato tramandato grazie soprattutto alle testimonianze dirette di alcuni sacerdoti indiani.

È davvero sorprendente , o almeno tale potrebbe apparire ad una certa mentalità moderna , constatare la presenza di una simbologia non solo piuttosto articolata, ma che  ha una strettissima analogia di significati con i simboli propri della tradizione occidentale.

Questa singolare coincidenza dovrebbe per inciso indurre una volta tanto a far riflettere coloro chiamano parlare di prestiti, influenze eccetera ogni qualvolta si trovano a dovere interpretare situazioni del genere ,che non collimano , in modo anche clamoroso con certe loro teorie più o meno scientifiche, evoluzionistiche e via dicendo.

Al contrario, un esame senza preconcetti delle antiche culture nordamericane potrebbero indurli ad accettare l’evidenza di una tradizione unica originaria.

Ma non è tanto di questo argomento, per importante che sia, di cui vogliamo parlare, bensì di un tema più particolare, e tuttavia suscettibile di implicazioni molto più ampie vorremmo cioè mettere in rilievo le notevoli analogie, che ci sembra aver riscontrato tra i simboli presenti in una delle cerimonie rituali Sioux e i simboli ricorrenti nei riti della massoneria attuale .

Il rito in questione è cosiddetto INOPI o rito di purificazione. Ci sforzeremo dapprima di tracciare un confronto, soffermandoci su alcuni dei principali elementi simbolici comuni, così da metterne in rilievo la sostanziale identità di significato.  Naturalmente , non si tratterà di limitarci a ritrovare coincidenze più o meno singolari che, come abbiamo accennato, sarebbero di ben ardua spiegazione da un punto di vista profano, bensì di sottolineare certe costanti simboliche, di valore affatto generale.

Chi fosse poi interessato ad approfondire la materia potrebbe certamente arrivare a considerazioni anche più complete.nella seconda parte di questo studio cercheremo di rilevare le analogie, che secondo noi esistono tra il rito INOPI e il rito dell’iniziazione massonica o richiederne le fonti alla sottoscritta. 

GLI ELEMENTI SIMBOLICI: IL LUOGO. 

Il rito INOPI viene officiato nella Capanna sudatoria, cosiddetta per le particolari fumigazioni cerimoniali, sulle quali non ci dilungheremo , nonostante si presterebbero anch'essi ad interessanti analogie.

La Capanna  sudatoria è costruita con l’unico ingresso, un’apertura bassa e stretta volta verso l’oriente. Non ci sono finestre o apertura di sorta.

Viene detto espressamente: la Luce della Sapienza  viene da Oriente. A quest’ingresso, che è celato da una tenda scostabile si accede lungo un sentiero sacro che misura 10 passi e che viene tracciato sul terreno spargendo terra riportata dallo scavo di un focolare centrale, all’interno della capanna, e di cui diremo tra poco.
Come noto, nel tempio massonico si accede da Occidente, cioè si va verso la luce, che è rappresentata dal simbolo dell’oriente e materialmente presente nella figura del Maestro Venerabile , che siede appunto all’ Oriente. 

Per quanto vi sia una inversione degli orientamenti del resto constatabile in vari altri simboli tradizionali, non ravvisiamo una differenza sostanziale tra i due significati..

Infatti, nel primo caso si può considerare che la sapienza ossia l’influenza spirituale entri, se così. Possiamo esprimerci, nell’interno della capanna, nel secondo caso, che la luce sia già stabilita nel tempio, difatti definito luogo regolare ed illuminato, mentre l’iniziato muove i suoi passi verso essa.

Si tratta  dunque di una differenza per così dire prospettica, di punto di vista. E non è escluso che ciò possa essere riportato alla diversità tra popolazioni nomadi e sedentarie ed ai relativi adattamenti che hanno subito i simboli tradizionali originari. Ma anche su ciò non possiamo dilungarci oltre seppur suscettibile di ulteriori considerazioni interessanti.

D’altra parte, ci si può anche ricollegare a quanto si è detto circa la pianta circolare e la pianta rettangolare. Nel primo caso, la corrispondenza simbolica è con la luce, che illumina la totalità dell’universo, si ponga a mente a tal proposito al significato del lucernaio posto sulla sommità delle cupole delle cattedrali, nel secondo, che rappresenta un punto di vista più limitato, sebbene altrettanto legittimo, si tratta di una delle possibili manifestazioni della Luce Universale, in una data situazione di vincolo spazio temporale, cioè secondo le modalità di un determinato stato condizionato.

IL FUOCO 

Al  centro della capanna viene realizzato un focolare rotondo, preparato secondo un complesso cerimoniale , si è visto prima che la terra riportata dallo scavo serve per tracciare il Sentiero  Sacro .Viene espressamente detto il focolare rotondo rappresenta il centro dell’universo, la dimora di Wakan Tanka , il grande spirito. Il potere di Wakan Tanka è simboleggiato dal fuoco ,  che viene acceso nel focolare. Una funzione simbolica del tutto simile svolge l’ara massonica, che è posta appunto al centro del tempio, esattamente nel punto di incrocio delle due diagonali del rettangolo quadri lungo di base.

Si noti che la forma dell’ara è triangolare, e non è circolare come focolare, così come la base del tempio è rettangolare, anziché circolare come nella capanna.tutto questo ci riporta ancora una volta alle considerazioni già accennate.

Presso l’ara massonica è posto un cero si confronti rituale della sua accensione.

La sua fiamma simboleggia appunto la Luce della Sapienza  che illumina il mondo ed è ,in ultima analisi , l’ipostasi del Grande Architetto dell'Universo. 

Del resto, gli antichi rituali, talvolta oggi negletti, prevedevano che questo cero venisse acceso non direttamente, ma con un’altra fiammella di candela, questa a sua volta accesa su una fiamma testimone, posta fuori dall’area del Tempio .

GLI OFFICIANTI

Al rito IP partecipano normalmente più persone, ma due rivestono una particolare funzione nel corso della cerimonia.

L’uomo che siede all’ Oriente presso l’ingresso della capanna è l’officiante di maggior dignità.a lui spetta, ad esempio, la purificazione iniziale della capanna e l’accensione del focolare. È l’uomo che siede all’Occidente si potrebbe paragonarlo dunque al primo sorvegliante, dal quale vengono iniziati ripetuti giri rituali della pipa sacra...

Corrispondenze , queste, , con i dignitari di loggia che non ci sembrano trascurabili. 

 

I PASSI SACRI ed i CAMMINAMENTI .

All’ingresso della capanna si accede, come si è detto, lungo un sentiero Sacro,  partendo dal fuoco testimone .

IL primo officiante pronuncia un’invocazione " conosciamo i sacri passi che dobbiamo muovere " " mi pongo su questo sacro sentiero"  e percorre il sentiero stesso fino ad introdursi nella capanna.

Una volta entrato, percorre il perimetro interno della capanna, muovendosi secondo il cammino del sole in senso destrocentrico prendendo poi posto all’ Oriente.

Seguono tutti i partecipanti al rito, facendo lo stesso percorso sul sentiero e sistemandosi in progressione all’interno della capanna . 

 

È dunque un camminamento rituale, che ha una stretta analogia con quello che si svolge all’entrata del tempio massonico, dove però ci si muove in senso sinistrocentrico ovvero in senso inverso al cammino del sole.
Questa inversione di senso corrisponde peraltro a diverso orientamento dell’ingresso della capanna, rispetto all’ingresso del Tempio.
Circa i sensi destrocentrico e sinistrocentrico nel perfezionamento , rimandiamo ,ad ulteriori richieste alla nostra scuola.

 

La Sacra Pipa è costituita da un fornello di pietra rossa e da un lungo cannello essa riveste un carattere simbolico importantissimo è detto che il fornello rappresenta la terra ed è perciò il simbolo centrale della manifestazione inerente allo Stato specificatamente umano nel suo interno viene acceso il fuoco alimentato dall’erba sacra kinnikinnik ( alternativamente durante il rito, anche da tabacco considerato a sua volta una foglia sacra) ,  il cui fumo rappresenta propriamente l’influenza spirituale che emanata dal fuoco.
Wakan Tanca viene ricevuta per aspirazione da tutti i partecipanti.
Il fumo è , dunque , il simbolo dell’influenza del principio, di cui il fuoco è l’espressione formale ,manifestata in lungo cannello nel quale scorre l’influenza del Principio , simboleggia a sua volta, l’asse del mondo, quindi non è ancora un simbolo di centralità.

Notiamo , inoltre, che la pipa sacra non viene usata solo per fumare l’erba sacra, ma anche per speciali toccamenti durante il rito.

Ora, il maglietto del Maestro Venerabile , per la sua forma, può essere collegato con la pipa sacra. È evidente  che ,in questo caso , viene a mancare il simbolismo legato al fumo.potremmo dire all’aspetto dinamico dell’influenza spirituale.

Però, una connessione con il fuoco è ritrovabile. in effetti, il maglietto ha una stretta analogia con il martello, che nella mitologia nordeuropea è attribuito, ad esempio, al Dio Thor .
Tale martello ,a sua volta , è connesso con il simbolo dell’ascia bipenne , è più grande ed in generale con le cosiddette pietre del fulmine, il fulmine valendo in questo consenso contesto, come simbolo dell’illuminazione spirituale.
Nella mitologia greca, il fulmine, attribuito della suprema divinità, è forgiato in una caverna dal Dio del fuoco.
Come si vede, questo circuito simbolico,  ci si passi l’espressione , è veramente ricco di riferimenti, che meriterebbero di essere sviluppati. Diremo con ora qualcosa su simbolismo connesso più specificatamente con lo svolgimento dei riti. 

 

Il SIMBOLISMO dei RITI.

 

Abbiamo finora discusso, seppure a quanto sommariamente, e dunque senza alcuna pretesa di esaurire l’argomento, della coincidenza sostanziale di significati dei simboli ricorrenti nel rito INOPI e di quelli propri alla massoneria.

Parleremo ora di un’altra serie di analogie, riferibili allo svolgimento dei riti, avendo mente per la massoneria, a rito di iniziazione

Occorre tuttavia fare una premessa: il rito  INOPI è un rito di purificazione ossia di rinnovato contatto con l’influenza spirituale. Tra l’altro, ripetibile nel tempo, secondo l’opportunità. Il rito di iniziazione massonica è evidentemente non ripetibile, almeno per il recipiendario,  in quanto rappresenta, per così dire, la prima presa di contatto con l’influenza spirituale, di cui è portatrice e depositaria la massoneria. 

Non di meno, fatta questa indispensabile precisazione, si può constatare la notevole affinità esistente tra i momenti  salienti delle due cerimonie rituali. E siccome i simboli evocati si riconnettono ad un medesimo ordine di idee, potremmo considerare non rilevante la finalità immediata dei riti e sottolineare piuttosto le cosiddette coincidenze simboliche di fatto. Il rito INOPI è caratterizzato da quattro tempi, ciascuno dei quali scandito, nel suo inizio, dalla chiusura della porta della capanna. Sicché all’interno di questa il buio è pressoché completo durante ciascun tempo. 

Viene detto “ il buio rappresenta il buio dell’anima la nostra ignoranza dalla quale dobbiamo purificarci, per poter avere la luce ". 

Quattro volte allora sarà aperta la porta della capanna, per ricevere la luce dall’Oriente .Questi quattro tempi simboleggiano le quattro età del mondo o meglio del presente ciclo dell’umanità in ciascuna età alla luce viene ricevuta per opera di WaKan Tanca.

Nel rito INOPI  vi è un duplice esplicito riferimento, da una parte alla dottrina ciclica del tempo, bende in Occidente attraverso la visione , la versione di Esiodo circa le quattro età dette di oro argento bronzo ferro, dall’altra ai quattro elementi che costituiscono l’aspetto formale Della manifestazione ossia: terra, aria, acqua, fuoco.

Il partecipante al rito INOPI  percorre, attraverso la drammatizzazione del rituale in senso discendente, le quattro tappe del ciclo e della manifestazione formale, dunque potremmo dire e in senso temporale e in senso spaziale.

Nel rito di iniziazione massonico si ripercorre in senso ascendente questi quattro momenti che sono come noto sviluppati attraverso le prove corrispondenti agli elementi terra aria acqua fuoco. La liberazione dei metalli, a sua volta, stabilisce un parallelo seppure non esplicito attraverso una scansione quaternaria, con i metalli indicati da Esiodo.

Se guardiamo più da vicino le cose, si vedrà la logica della differenza tra percorso ascendente e percorso discendente.nel primo caso iniziazione il cammino è indirizzato verso la progressiva liberazione dalle scorie passioni e la reintegrazione nella pienezza delle possibilità inerenti allo Stato umano

Nel secondo, dove lo Stato reintegrato e già in possesso almeno formalmente, dei partecipanti al rito, di percorrere tutta la manifestazione riferita allo stato umano, dal principio ai suoi estremi sviluppi, per incerto qual modo, totalizzarla nel proprio essere. Ancora, la penombra del gabinetto di riflessioni ci richiama il buio della capanna, così come la benda sugli occhi del recipiente Dario vuole alludere al medesimo ordine di te. Limiteremo qui le nostre considerazioni abbiamo certamente trascurato una parte dei possibili trasferimenti. Speriamo tuttavia che anche i brevi cenni dati siano da ausilio per una proficua riflessione a noi. Nella sezione riservata  , sono evidenziati vari riferimenti ed approfondimenti.

 

 



Riabbracciarvi è stato bellissimo, ci dispiace per gli assenti.

Cs 27/06/25             M.V.  G. S.Sangermano 

“Forza e fonte di ogni forza, Sole dei soli, donami la perseveranza del tuo potente calore, perché nell’eterno succedersi delle vite io sia il dominatore delle passioni ed il signore della illudente incantagione della vita senza vita “ .
G.K. Canto Ammonio .

Buon Solstizio d’Estate 🌿☀️🌿🌹🌾a tutti voi.

Notre ligne de conduite, en adéquation avec les principes qui nous sont chers, s'inscrira, naturellement, dans le triptyque suivant:

- respect de nos valeurs fondamentales exprimées

  par la Règle en douze points ;

- rigueur dans le travail maçonnique ;

- solidarité à l'égard de nos Frères dans la peine. 

 

Per l'unità della Massoneria europea

I Massoni lavorano allo scopo di edificare Templi alla Virtù, scavare oscure e profonde prigioni al vizio e lavorare al bene e al progresso dell’Umanità.
Gli uomini liberi e di buoni costumi che entrano in Massoneria vengono dapprima instradati entro un percorso obbligato, costituito dai tre gradi azzurri di Apprendista, Compagno d’Arte e Maestro.
Quando un Massone è diventato Maestro, ha già tutto: nessun ulteriore avanzamento, con relative spese, gli sarà necessario per poter essere considerato dai suoi Fratelli alla pari. Però esistono percorsi di perfezionamento aperti a quanti considerano la maestranza un primo passo verso concezioni esoteriche più avanzate: sono quelli impropriamente detti alti gradi (perché ripeto, non sono veri e propri gradi ma soltanto perfezionamenti), che tanta suggestione esercitano soprattutto sui profani inclini a credere nell’esistenza di una Massoneria intesa come struttura piramidale.
Senza dubbio, un Massone che possa fregiarsi del trentatreesimo grado scozzese, o addirittura del NOVANTACINQUESIMO grado del Rito di Memphis e Misraim, può esercitare una grande impressione su chi ne venga a conoscenza; però sarebbe opportuno spiegare che questi titoli altisonanti testimoniano in favore della dedizione del Fratello agli ideali della Massoneria e della sua volontà di migliorarsi, ma non significano una superiorità sugli altri.
Meno che mai, vorrei aggiungere, i cosiddetti alti gradi possono segnalare l’appartenenza del Massone a quelle lobbies ed a quei club che il mondo profano definisce impropriamente come Massoneria - quelli i cui membri sono persone appartenenti al mondo della finanza e della politica, o manager di aziende multinazionali che discutono di progetti e programmi a livello mondiale.
Non ha nessun senso considerare associazioni del genere come “massoneria”, in quanto spesso le vediamo muoversi per i loro interessi sia finanziari che di potere, senza tener conto delle sofferenze che possono procurare all’umanità; quindi le loro regole e i loro principi sono completamente opposti a quelli della Massoneria; nella quale, al contrario, vige un’indipendenza intellettuale che rende la persona libera da qualsivoglia potere, occulto o meno, e può consentire al Fratello di far del bene agli altri e di aiutare chi ne ha bisogno.
Desidero sottolineare che sono proprio i veri Massoni i primi a soffrire per i guai creati nel mondo da queste associazioni: in quanto, per loro colpa, devono sopportare una grave ed ingiustificata caduta di immagine.
La gente dovrebbe sapere che la Libera Muratoria è vincolata dai landmarks, regole tramandate da tempo immemorabile, le quali stabiliscono limiti etici che un Massone non può valicare; quindi, se un individuo indulge ad un comportamento moralmente riprovevole, egli automaticamente si pone al di fuori della Massoneria.
Ma purtroppo, è anche vero che quanto più la nostra Istituzione continuerà ad essere demonizzata, tanto più i nostri nemici otterranno il risultato di fare avvicinare a noi cattive persone: gente che si nasconde dietro le insegne della Massoneria senza osservarne i principi, facendo cadere la responsabilità delle loro malefatte su chi non ne ha colpa.
Sarebbe la più ingiusta e vergognosa delle sconfitte se la loro malvagità ci spingesse a rinnegare il nostro essere Massoni.
Abbiamo da difendere una storia plurisecolare di sostegno ai diritti dell’Uomo, di beneficenza, di battaglie in favore della libertà, della cultura e dell’identità di ogni popolo, di nobili cammini di ricerca interiore: tutte realtà per le quali quanti ci conoscono davvero ci sono grati.
La riaffermazione dei nostri meriti mi sembra particolarmente appropriata in un momento storico come quello che stiamo vivendo: in una società disgregata che porta impietosamente alla luce tutte le nostre carenze, sia materiali che affettive.
Il Massone, uomo libero e di buoni costumi, ha a sua disposizione gli strumenti che consentono di sfuggire alla trappola della disperazione: il lavoro sulla sua Pietra gli arreca la possibilità non solo di essere sereno, ma anche di irradiare serenità su quanti gli stanno intorno.
Eppure, spesso anche lui arriva a un passo dal perdersi d’animo: perché più degli altri è consapevole della realtà, e gliene derivano quindi maggiori motivi di sofferenza.
Davvero di sofferenza in giro ce n’è tanta, e quanta ne respiriamo anche nelle tornate delle nostre Logge! Quanto lontani ci troviamo dal poter dimostrare al mondo che la vera umanità è possibile, e che del suo modello noi siamo i portatori!
Il primo dovere dell’Istituzione dovrebbe essere sostenere il Fratello nelle difficoltà; ma talvolta non è così, anzi essa aggiunge il suo peso a quello della vita sociale per sovraccaricarci ulteriormente di complicazioni e restrizioni.
In questo periodo, mi sto rendendo conto di quanto diffusa sia nelle Officine l’opinione che i corpi massonici cui fanno capo siano non soltanto troppo esosi dal punto di vista economico, ma anche troppo invadenti.
Abbiamo assistito negli ultimi decenni ad un moltiplicarsi di obblighi pesanti da rispettare; ai quali non credo sia estranea la frammentazione della Massoneria in molti corpi diversi, ognuno dei quali si sente in diritto di trasformare le sue regole secondo le proprie esigenze specifiche - o meglio: spesso, purtroppo, secondo le esigenze di chi la governa.
Un buon modo per accertarsi se queste iniziative vengano proposte in buona fede o meno potrebbe essere verificare quanto esse siano in armonia coi landmarks: provateci, e scoprirete che molte non lo sono affatto.
Un esempio? Gli ostacoli burocratici che vengono infrapposti a chi voglia frequentare officine facenti capo ad altri Ordini, anche in presenza di un riconoscimento regolare: sempre più sta diventando necessario immergersi nella burocrazia per chiedere good standings e permessi vari… spesso col risultato di vederseli rifiutare; o comunque, di dover passare sotto il giogo di quei Fratelli che (a differenza della maggioranza) nella burocrazia si muovono come a casa propria, e ne fanno uno strumento per esercitare un potere sugli altri.
È giusto? Forse poteva esserci qualcosa di giusto in tempi lontani, quando la Loggia di appartenenza era per il Massone medio l’unico punto di riferimento, ed i pochi Fratelli informati su come andavano le cose nel mondo si sentivano in dovere di tutelarlo da imbrogli e inganni. Ma in questo mondo interconnesso, ormai tutte le prospettive di conoscenza che l’ampio mondo dell’esoterismo è in grado di offrire sono alla portata di tutti; e più passerà il tempo, più la frammentazione della Massoneria in mille Obbedienze diverse apparirà soltanto un grottesco residuo del passato.
Non sarebbe dunque il caso, per una volta, di anticipare la storia e non subirla, unificando tutti gli Ordini europei in uno solo, per avere un vasto territorio libero e indipendente, nel quale tutti i Fratelli appartenenti ad Ordini regolari dal punto di vista iniziatico possano liberamente frequentare i lavori di qualsiasi Officina dalla quale si sentano attratti?
Vorrei sottolineare subito che non sto pensando ad un’unificazione dall’alto. Io credo negli ideali di universalità della nostra Istituzione, ma non per questo condivido quei progetti politici che vorrebbero scrivere regole uguali per tutti gli Stati, abusare dei valori democratici per calpestare le differenze culturali, trattare i ricchi e i poveri allo stesso modo, eccetera. Credo che l’affermazione di queste idee possa solo togliere ai cittadini la dignità e l’onore, ridurre i giovani a mendicare lavoro per un piatto di minestra, portare l’umanità non al bene e al progresso ma indietro di millenni.
Si afferma che la Istituzione Massonica è universale, ma dov’è l’universalità se i landmarks non vengono dovunque osservati e praticati? Se ci sono Ordini/lobbies che prendono a bordo profani ingannatori, avidi di potere, invidiosi, maldicenti, cattivi, arroganti e senza un briciolo di sentimento e sensibilità?  Se ci sono corpi massonici che finiscono sui giornali non come esempio di pubbliche virtù, ma per il loro contributo a torbidi progetti di potere?
E tra parentesi, sono ancora traumatizzato da quanto ho sentito in televisione quando una nota giornalista ha chiesto ad un politico (del quale è noto che sia un Fratello) se fosse un Massone, e la sua risposta è stata: Non so nemmeno cosa sia la Massoneria
Questo mi ha fatto riflettere su quanto i Fratelli più importanti (importanti non nel senso che io li apprezzi) abbiano ormai rinunciato a testimoniare i nostri ideali, cancellando il valore della Fratellanza o addirittura ribaltandolo in uno strumento per nuocere ai propri simili.
Non è certo il rinnegare la propria appartenenza massonica la giusta via per cancellare l’errore di chi suppone che la nostra Istituzione svolga un ruolo negativo in seno ai poteri forti, sia coinvolta in complotti, eccetera.
Per fortuna, non tutti i Massoni impegnati in politica si comportano così; ma per quelli che lo fanno, è facile prevedere che la loro complicità nel partecipare all’annientamento dei valori e della dignità dell’essere umano non passerà impunita - perché si può anche essere personaggi importanti nel sociale, ma se siamo Massoni dobbiamo rendere conto al Grande Architetto dei nostri comportamenti.
Non insisto oltre, anche perché… non sento di avere i titoli per parlare a nome del Grande Architetto; però, tornando a ragionare entro i limiti del nostro ristretto universo massonico, pensiamo a come queste forme di tradimento sarebbero facilmente cancellate se si potesse arrivare ad una qualche sorta di unificazione dal basso dei corpi massonici oggi esistenti.
L’esperienza portata avanti da ognuno di noi nella sua Officina ci insegna come i nostri ordinamenti rendano possibile influenzare le scelte di chi sta in alto e correggerne gli errori: sarebbe quindi facile ai Massoni porre ostacoli a chi usa la politica e l’economia per scopi malvagi, e il mondo dei poteri forti sarebbe costretto a starci a sentire.
Davvero, se fossimo uniti, potremmo scrivere noi il programma: un programma fondato sul dare voce in capitolo all’umanità, sul rendere ad ogni cittadino la possibilità di disegnarsi da solo il suo percorso di vita, per realizzarsi secondo le proprie capacità fisiche ed intellettuali ed avere dalla società la giusta ricompensa.
Ci si potrebbe arrivare partendo dall’organizzare una Conferenza alla quale tutti, ma proprio tutti i corpi massonici europei siano chiamati a partecipare: grandi, piccoli e piccolissimi, aristocratici e popolari, esoterici e socialeggianti. Il solo requisito da dimostrare dovrebbe essere la regolarità della successione iniziatica.
Ho scritto siano chiamati a partecipare, ma avrei quasi la tentazione di dire debbano partecipare: nel senso che chi resta fuori dalla Conferenza sappia di poter andare incontro, nel suo Paese, a restrizioni legali nel fare uso della parola Massoneria.
Voi dite che sarebbe un’idea liberticida? Può darsi, non insisto, ma il risultato sarebbe di lasciare fuori tutti quelli che hanno panni sporchi e non li vogliono lavare, e quelli che pensano di essere i soli ad avere la verità in tasca: ovvero due categorie di falsi Fratelli dei quali non sappiamo che farcene.
Questa assise dovrebbe incaricarsi di scrivere le regole della Massoneria Europea, assumendo come regola fondamentale il principio dell’indipendenza e della sovranità della Loggia (il che implica, per esempio, anche un’estensione delle facoltà del Maestro Venerabile - un tema in favore del quale, come forse qualche lettore ricorderà, mi è già accaduto di battermi con successo).
La funzione del governo centrale dovrebbe limitarsi alla parte amministrativa, all’interfaccia col mondo profano, alla vigilanza perché i cardini della regolarità vengano rispettati.
La prima cosa che una Massoneria Europea dovrebbe poi fare è invitare tutti gli Ordini nazionali che ne fanno parte ad attuare le regole che stanno scritte all’ingresso di ogni Tempio - Libertà Uguaglianza e Fratellanza - riducendo la capitazione ad un importo simbolico, per salvaguardare la dignità dei Fratelli meno fortunati.
Allora, con meno soldi in circolazione, i corpi massonici sarebbero spontaneamente indotti ad alleggerire le proprie strutture: un passo che sarebbe incoraggiato, credo, anche dalla convivenza in un’Istituzione di questo genere di numerosi corpi massonici caratterizzati da diverse consuetudini e diversi sistemi rituali - il che imporrebbe naturalmente l’adozione di un sistema di governo elastico, nel quale la possibilità di cedimenti all’intolleranza ed al verticismo siano escluse a priori.
Voi dite che i grandi corpi massonici - soprattutto quelli, senza fare nomi, che hanno l’abitudine di dettar legge a livello internazionale - non accetterebbero di partecipare ad un’iniziativa destinata ad indebolire il loro potere?
Beh, allora si potrebbe forse cominciare volando più basso, con l’incrementare il dibattito sulla sovranità e l’indipendenza della Loggia: come nel nostro piccolo stiamo cercando di creare nella Massoneria del Marchio, dovendo però tutti i giorni fare i conti con le pesanti eredità del passato.
Quanto sarebbe meglio (e più logico) che la giurisprudenza massonica riconoscesse ai governi dei Perfezionamenti del grado di Maestro (quelli che sono chiamati Riti nei Paesi latini) il diritto di innalzare le Colonne delle loro Logge Azzurre, come era prima del 1813!
Per poterlo fare, sarebbe sufficiente pretendere da loro il rispetto delle prerogative della maestranza di terzo grado, ed imporre ai rituali che adotterebbero per i gradi azzurri tratti comuni volti a salvaguardarne la laicità; poiché la vera e pura Libera Muratoria non riconosce alcun limite alla ricerca della verità ed al progresso umano, né ammette alcuna dipendenza da sistemi esoterici, etici, filosofici o politici che possano ostacolare il lavoro del Libero Muratore con regole e leggi in disaccordo dall’unica Legge Universale, quella che presiede a tutte le sfere dell’esistenza.
E, per volerlo fare: rendersi conto che, se siamo arrivati al punto in cui siamo, è stato perché i Maestri Costruttori non sono stati capaci di opporsi a chi, accecato dal potere, ha fatto loro smarrire il giusto orientamento nel lavoro.
Quanti oggi non sanno più dove la loro Pietra vada disposta? La Cattedrale che dovevamo costruire sembra essere diventata un cumulo di pietre abbandonate e sparse, alla mercé di profittatori bramosi di usarle per il proprio tornaconto, ed a discapito di tutta l’umanità!
Ma io credo che, un giorno, i bravi Maestri Muratori e Compagni Massoni riprenderanno in mano il progetto per terminare quell’opera meravigliosa; e mi auguro che la sua manifestazione visibile sul piano terreno potrà allora essere una Gran Loggia Europea in grado di attuare le regole e gli ideali della nostra Istituzione.
Utopia? No, è proprio nel nome di questi grandi ideali che la famiglia o catena massonica continua ad accrescersi delle persone migliori.
Possa il Grande Architetto dell’Universo illuminare il nostro cammino alla edificazione di questa meravigliosa e grande Opera, per il miglioramento ed il bene di tutta l’umanità.

Milano 2018 J.D.

Per non dimenticare...RESTO A FISSARTI PER ORE,( gabinetto delle riflessioni) RAPITA DA QUELL’INCESSANTE SCORRERE NEGLI INNUMEREVOLI RICORDI .


HO PENSATO E RIPENSATO SPESSO A TE, OGNI QUALVOLTA IL DOLORE HA RIGATO IL MIO CUORE, OGNI QUALVOLTA IL RICORDO COCENTE DI QUEGLI ATTIMI VISSUTI IRREALI , MI HANNO RESA UGUALE, SORELLA E LIBERA.

FUGGE VIA LA VITA COME GRANELLI DI SABBIA TRA LE DITA SCANDENDO IL TEMPO DELLE AZIONI DI OGNUNO DI NOI, ORA STILIZZATA, ELEGANTE, SOTTILE, VELOCE, INTRAPPOLAT NELLA TRSPARENZA, E NON POTREBBE ESSERE ALTRIMENTI, DI UNA CLESSIDRA CHIAMATA VITA , CHE GIACE ORA INERME SUL LETTO DI UN FIUME IN PIENA.

IO , CHICCO DI SABBIA TRAVOLTO DA UN TURBINIO DI EMOZIONI VITTIMA DELL SOLITUDINE E DALLO SGOMENTO. IL TEMPO SEMPRE ACERRIMO NEMICO, NELLA AUTOREVOLEZZA DELLE DIAGNOSI, NELL’ INCERTEZZA DELLE TERAPIE, NELL’ IGNOBILE PERSISTENTE TICCHETTIO DELLA MORTE. EROS , CHRONOS, TANATOS, SGUARDO ASSENTE E SEVERO, RINNOVATA ED UGUALE PER TUTTI NOI.

LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE, LA CONSAPEVOLEZZA DELLE MIE PASSIONI, DEL MIO DOVERE , HA AVUTO IL SOPRAVVENTÒ MA INNARRABILE, ALLO STESSO TEMPO , LO SMARRIMENTO. ECCO L’ODORE DELL’ALCOOL PERVADERE LE NOSTRE NARICI E LA NOSTRA PELLE NUTRITA DA INCERTO GEL AROMATIZZATO DA IMPROBABILI ESSENZE, TELI MONOUSO PRONTI A CONFORTARCI OVE AFFONDARE VOLTI PALLIDI E STANCHI.
IL FREDDO DELLE TEMPERATURE TUTTAVIA SCALDAVA I NOSTRI CORPI IN VITA MENTRE IMPIETOSI SACCHI NERI ACCOGLIEVANO L’ULTIMO VIAGGIO DEI PIÙ DEBOLI O DEI PIÙ IMPAVIDI.
TI CHIEDI SPESSO CHI SEI TU ORA , MA LA FRAGILITÀ DEGLI ALTRI TI TRAVOLGE, IL LORO DOLORE DIVIENE IL TUO DOLORE , NON RIESCI A SENTIRLO MA PUOI PROVARLO, RISCOPRENDOTI ANCORA LIBERA DI RENDERE UGUALE TUO FRATELLO.
LOTTI , SFINITA, ASSECONDATA, TI SENTI IMPOTENTE E SOLA MA … SOLA NON SEI… IL MIRACOLO DELLA VITA TI OFFRE UNA , DUE, TRE POSSIBILITÀ E TU, PER SEMPRE GRATA, LE ONORI NONOSTANTE LE TUE FRAGILITÀ ASSAPORANDO LA POCHEZZA DELLA SOLITUDINE, IL TERRORE DELLA PRIGIONIA ED IL TORMENTO DELLE DIVERSITÀ.

ED ANCORA OGGI DOPO TANTO

TEMPO TON TROPON UK ECHO EIPEIN IANEIS CARDIAN … NON RIESCO A DIRE QUANTO TI AMO A TE CHE RISCALDI MIO CUORE: AD OGNUNO DEI MIEI FRATELLI CON IMMENSO E RINNOVATO AMORE.
NON BIASIMARE IL MIO SILENZIO , HO NCORA TANTO DA IMPARARE ANCORA… PARLA TU !
HO DETTO .
Cs 12/11/21                 Sr:. S.MAZZA

E così sia...

Vorrei condividere con tutti Voi , elementi del personale Museo Massonico , pietre miliari di oltre 40 anni di appartenenze e militanza in Ordini Italiani ed Europei di colui che non c'è più ma vive in noi e di colui al quale ha strappato solenne promessa  di portare avanti il loro progetto. Non potrò mai esseri abbastanza grata per il tuo costrutto, Nanni . ♥️ Il mio affetto e la personale riconoscenza ad Enza ... vera artefice di tutto ciò, moglie impeccabile e Compagna generosa di una intera vita , che ha saputo sacrificarsi in silenzio , amore e gioia, per il suo adorato Giovanni . 

"LA FORZA degli UMILI."
(filosofia di un pedone)

Il pedone è il pezzo più semplice
sulla scacchiera —
eppure, nella sua modestia,
vive una grandezza silenziosa.

Non salta come il cavallo,
né si estende come l’alfiere.
Non comanda, non regna.
Si muove lentamente, passo dopo passo, sempre in avanti —
come chi sceglie il dovere al posto
del desiderio.

Non torna mai indietro,
perché non c’è virtù nel rifugiarsi
nel passato.
Non si ribella al suo posto.
Lo accetta con dignità silenziosa.

Ed è proprio questa devozione
quieta al proprio ruolo
che rende il suo spirito incrollabile.

Ogni suo movimento è un atto
di coraggio —
non perché sfida il nemico,
ma perché sfida la paura del sacrificio.

Può essere catturato, può cadere —
ma continua ad avanzare.

Perché se raggiunge la fine…
si trasforma.
Non per avidità, ma per onore conquistato.

Perché l’anima che attraversa il campo
di battaglia con rettitudine,
senza mai rinnegare sé stessa,
ha guadagnato il diritto di elevarsi.

Il pedone ci ricorda:
La vera elevazione non si impone —
si raggiunge con integrità silenziosa.
✨👑✨

"Ci sono due modi di emanare luce: essere lanterna oppure sole."
(Edith Wharton)

 

 

  Iniziazione e non elevazione al TERZO  GRADO    
              MAESTRO LIBERO MURATORE

La gradualità delle iniziazioni al I * II* e III * Grado è unica ed esclusiva connotazione, indice della legittima e diretta discendenza della Massoneria Moderna, dagli Antichi Circoli Iniziatici , dei quali è testimonianza l ' acromatico simbolo della G al centro della stella fiammeggiante pentagramma dei Pitagorici.

La gradualità è nella ininterrotta tradizione iniziatica e quindi occorre  ricordare che (eredi delle antiche scuole sacerdotali, ove si celebravano i misteri di Iside e di Osiride, misteriosamente simboleggiati dal sole e dalla luna), le LATOMIE del passato più prossimo, costituiscono il naturale, fertile humus nel quale, provvidenzialmente, affondò le radici, divenendo forte e rigogliosa, albero di alto fusto, quercia annosa, la massoneria moderna, al suo approdo in Europa, attraversando la manica, dopo il 1717. 

La Sfinge, simbolo della scienza iniziatica, multimembre  accozzamento mostruoso e bizzarro, propone sul monte Ficeo ,sottile, i difficili enigmi insegnati dalle muse, figlie di Mnemosine , della memoria, simboleggianti i nove gradi iniziatici delle antiche scuole sacerdotali. Orbene, di questa tradizione la massoneria moderna è gelosa Custode . Gabriele Rossetti - che tenne a Londra la cattedra di lingue e letteratura italiana-  nella sua opera, Il mistero dell’amore platonico nel medioevo edita a Londra nel 1840 , scrive: ecco una parte del catechismo giusto rituale massonico del dottor Hemingway , adottato dalla oggia della Gran Bretagna:

D: - What is Free Masonry?

R:- È peculiare sistema di moralità, illustrata da simboli. Gli usi dei massoni sono sempre corrisposti a quelli degli antichi egiziani i cui filosofi, non volendo esporre i loro misteri ad occhi volgari, celavano i loro particolari dogmi e i loro principi particolari sotto geroglifiche figure, ecco la sfinge ed esprimevano le loro cognizioni di governo per mezzo di disegni e simboli. Pare che Pitagora abbia stabilito il suo sistema sopra un simile segno.

Il simbolismo seguito nella Massoneria Moderna ignora l’emblema significante l’Unicitá dell’ Iniziazione, cioè l’esistenza di UNA sola, unica Iniziazione . La luce mostrata di colpo in tutto il suo splendore, e non gradatamente,  abbaglia e acceca,(  si legge nel gran Libro della natura) NON illumina.

Il linguaggio dell’esoterismo, seguito in massoneria nel racconto della leggenda di Hiram è triste se , ha tre facce : una volgare letterale, una simbolica filosofica, la terza è sintetica, è sacra, cioè nascosta dalle altre due, è affidata all’interpretazione, che è inizio di conoscenza del Maestro , con la solenne cerimonia di iniziazione al terzo grado.
Nell’esoterismo e nel simbolismo del " ternario" riferito al linguaggio trisense e, quindi , alla gradualità della Iniziazione  UNA e TRINA , troviamo il racconto del mito di Heracle , la cui statua figura nel tempio Massonico .
Ercole - l’uno incatena il triplice guardiano dell’ Inferno, vince il triplice Custode dei  tre pomi aurei ( tre melograni sono posti sulla colonna J) ,  squarcia il seno di Giunone con un dardo trisulco, per indiarsi ,  per accedere al 3* Ciclo degli Dei. 

L’ Unità è la Trinità , la gradualità dell’ Iniziazione è nella concezione esoterica del mondo e dell’uomo: è sacra nella trinità ontologica dell’ Uomo , UNO ; UNO , individuo ( indivisibile) e Trino ( corpo ,mente ,  Spirito) perciò fatto a somiglianza di Dio, come rivela il Libro Sacro .  In conclusione: i tre colpi di maglietto del Maestro Venerabile, assegnano l’età di tre anni all’ APPRENDISTA LIBERO MURATORE, perché egli non conosce , nel suo limitato orizzonte, che i TRE periodi della vita umana: infanzia, maturità, vecchiaia.

Il compito è lo studio nonché lo sviluppo del concetto del TRE , e provvederà nel Cammino  iniziatico, solo nella misura che si appalesa in lui, la conoscenza della propria origine e di quello che egli rappresenta nei suoi stessi confronti.


L’INIZIAZIONE al I * GRADO , pone la domanda " donde venite " e chiede la risposta all’APPRENDISTA :  e questa è l’INIZIAZIONE per l’acquisizione della padronanza del corpo, del mondo fisico.

Successivamente, l’INIZIAZIONE al 2* GRADO , pone la domanda " dove andate " e chiede la risposta al COMPAGNO D'ARTE : è l’ INIZIAZIONE alla padronanza della mente, del mondo animico. La successiva INIZIAZIONE  al 3* GRADO  pone la domanda  "  chi siete "  e chiede la risposta al MAESTRO  : è l' INIZIAZIONE al 3*  grado maestrato , perché con la padronanza dello Spirito si realizzi il MAGISTERO nella sua pienezza;  la cosa UNA , che fu, è, è sempre sarà, l’uomo integrale ed integrato in tutti i suoi poteri fisici, animici ,  e spirituali .

Riferisce  G. Rossetti, nell’opera citata edita nel 1840 , che in un rituale autentico della loggia di Francia, il catechismo del terzo grado offre questo dialogo:

D : - Siete  voi A. e C. , peima di essere Maestro?

E : -  Si , Rispettabilissimo; " J e B ( Joachin e Boaz )  mi sono noti nella regola  del Tre… "

Il tre-dice Pitagora-è la sintesi dell ' UNO e del DUE ;  è il numero della  Creazione ; è il numero del Maestro  che, Padre  di se stesso, figlio della propria opera, ascende verso lo  Spirito ; perciò non è che " elevato " al terzo cielo ;  con l’ INIZIAZIONE , gli viene indicato l’accesso al mondo dello Spirito , accesso che egli varca da solo, per incedere da solo nel cammino che conduce al cospetto del Vero , del G.A.D.U.

Per accedere e  incedere su questo cammino , Dante È solo, non è più accanto a lui, il Maestro … che  lo guida… che  lo eleva… al settimo Cielo (indicante l’età di sette anni e più del maestro).N.A.  A W.& L.

Éthique et morale participent toutes deux de l ' "Éternelle Sagesse ". L'Homme sage, doué de sens éthique,est guidé par sa faculté de discernement qui lui permet de choisir en toutes circonstances la solution la plus juste. 
Nice , 90eme Anniversaire de la GLNF.

 

Nel rituale di 1° (4°) grado del Rito scozzese antico e accettato si legge che “una sola forza è costante: il lavoro dell'intelligenza”.

L’intelligenza è il punto focale di questo grado che, di fatto, inizia il percorso del Rito scozzese, essendo i primi tre gradi relativi alla Massoneria in senso proprio. Massoneria sulla quale si sono, successivamente, innestati i riti.

I riti, per usare un’immagine, sono come gli innesti arborei, derivanti da una tecnica di moltiplicazione vegetativa che consiste nell'unire parti di due piante differenti (portainnesto e marza) per creare un unico individuo, il quale può anche dare ottimi risultati, ma non elimina la sua origine derivante da due elementi distinti.  

 

L'etimologia della parola "intelligenza" deriva dal latino intelligentia, a sua volta originata dal verbo intelligĕre, che significa "comprendere" o "capire". Questo verbo è formato da intus ("dentro") e legĕre ("cogliere, raccogliere, leggere"), suggerendo quindi una capacità di "leggere dentro" o di "vedere in profondità". 

Il termine latino legĕre ha un significato ampio che include "comprendere", "raccogliere idee e informazioni". Pertanto, "intelligenza" può essere letteralmente interpretata come la capacità di penetrare a fondo le cose, di coglierne il significato profondo e di distinguere e selezionare le informazioni. 

Alcune interpretazioni alternative suggeriscono la composizione di inter ("tra") e lègere ("scegliere"), il che porterebbe al significato di "scegliere tra" o "cogliere collegamenti tra le cose". 

L’intelligenza, pertanto, ha in sé sia la razionalità, sia l’intuizione, la conoscenza diretta e immediata di una verità, che si manifesta allo spirito senza bisogno di ricorrere al ragionamento.

Il termine intuizione deriva dal latino intueor, composto da in = «dentro», + tueor = «guardare», cioè «entrar dentro con lo sguardo».

È importante soffermarci sul termine sguardo, in quanto implica un “vedere”, un “vigilare”, ossia uno stare sveglio in osservazione (l’occhio raggiante non è a caso un simbolo significativo del grado).

 

Se dal latino passiamo al greco, il termine più appropriato per "intelligenza" in greco antico, specialmente in ambito filosofico, è νοῦς (nous), che indica intelletto, mente e ragione. 

Da Omero in poi, il νοῦς si riferisce alla facoltà di comprendere, sia un evento che le intenzioni di qualcuno, quindi l'intelletto stesso. Anassagora, ad esempio, lo definì come la divina ragione universale che ordina il mondo a partire dal caos. Altri concetti che toccano aspetti dell'intelligenza includono: Sophía (σοφία), sapienza, conoscenza; Phronesis (φρόνησις), prudenza, saggezza pratica; Metis (μῆτις): astuzia, ingegno pratico, capacità di adattamento e di risolvere problemi con intelligenza (quella di Ulisse) e, infine Logos (λόγος): ragione, discorso, parola, ma anche principio razionale e relazionale del cosmo. 

Nell'antico Egitto, il concetto di "intelligenza" non aveva un termine unico e diretto, ma era associato a diverse parole e idee, spesso legate alla saggezza, alla conoscenza e alla capacità di giudizio. Uno dei termini più rilevanti era "sia" (𓊵), che si riferiva alla percezione, alla comprensione e alla capacità di discernimento. "Sia" era considerato un dono divino, spesso associato a Thoth, neter della conoscenza. Un altro concetto correlato era "rekh" (𓍯𓎡𓄿), che indicava il sapere o la conoscenza acquisita, spesso in un contesto pratico o intellettuale. Inoltre, il cuore ("ib", 𓄣) era visto come la sede dell'intelligenza, del pensiero e della volontà, poiché gli Egizi credevano che il cuore fosse il centro della mente e delle emozioni.

In sintesi, l'intelligenza era espressa attraverso concetti come "sia" (comprensione divina) e "rekh" (conoscenza), con il cuore come fulcro del pensiero.

La parola per "intelligenza" in sanscrito è बुद्धि (pronunciata buddhi). Il concetto di buddhi in sanscrito deriva dalla radice verbale budh, che significa "risvegliare", "conoscere" o "percepire". È comunemente tradotto come "intelligenza", "intelletto" o "discernimento", ma il suo significato va oltre la mera capacità cognitiva, assumendo una dimensione spirituale e metafisica, specialmente nei contesti vedantici, yogici e della Bhagavad Gita.

Buddhi è considerata la facoltà mentale più elevata, responsabile del discernimento, della comprensione, della ragione e della capacità di prendere decisioni consapevoli. È distinta da manas (la mente inferiore, associata a pensieri, emozioni e percezioni sensoriali) perché buddhi opera a un livello più profondo, analizzando e distinguendo tra ciò che è reale e ciò che è illusorio.

Nella filosofia yoga e nel Vedanta, buddhi è la capacità di discriminare tra il vero e il falso, l'eterno e il transitorio. È lo strumento che permette di superare maya (l'illusione) e di avvicinarsi alla realizzazione del Sé (Atman) o della verità ultima.

In ebraico, il concetto di "intelligenza" è espresso principalmente attraverso termini come binah e chochmah, che hanno sfumature distinte ma complementari. Binah si riferisce all'intelligenza analitica, alla comprensione profonda e alla capacità di discernere o elaborare concetti complessi; è associata alla capacità di dedurre, collegare idee e comprendere significati sottostanti. Chochmah indica la saggezza o l'intelligenza creativa, spesso vista come una scintilla di intuizione divina o la capacità di afferrare verità fondamentali.

Dopo questo breve excursus etimologico, torniamo al concetto greco di νοῦς (nous).

Qui ci aiuta Eraclito, il quale scrive: “Ricchezza di nozioni non insegna l’intuizione…..”. (Fr. 22B40 DK).

Commenta Tonelli: “La conoscenza intellettuale e nozionistica non consente all’uomo di raggiungere il più ampio livello conoscitivo rappresentato dal νοῦς, l’intuizione (…) che è consapevolezza dell’inerenza dell’intuente all’intuito, esperienza diretta di fusione tra soggetto e oggetto, e tra soggetto, oggetto e Principio….”. [i]

Per Anassagora il nous è una forza divina, infinita e intelligente che ordina il cosmo, distinguendosi dalla materia caotica. È la causa del movimento e dell'organizzazione dell'universo. Nel pensiero platonico, il nous è la facoltà più alta dell'anima, quella che permette di contemplare le idee eterne e di accedere alla verità ultima. È associato alla conoscenza intuitiva. Per Aristotele, nel “De Anima”, il nous è la parte dell'anima che pensa e conosce. Aristotele distingue tra nous passivo, che riceve le impressioni sensibili e le elabora e nous attivo (o poietico): capacità di pensare in modo astratto e universale, ed è eterno e divino. Nel suo sistema, il nous è anche legato alla contemplazione (theoria), la più alta attività umana.

Ancora Eraclito afferma: “Coloro che parlano in accordo con l’intuizione devono fondarsi su ciò che è comune, proprio come la città sulla legge, e con più saldezza ancora. Tutte le leggi umane sono nutrite da una sola legge, quella divina: essa domina tanto quanto vuole, e basta a tutte le cose, e sopravanza”. (Fr. 22B114 DK).

Qui entra nella nostra riflessione il termine xynós (ξυνός) che indica ciò che è comune e condiviso da tutti, con particolare riferimento al lógos, la ragione universale e principio ordinatore della realtà, che è presente e accessibile a ogni essere umano.

“La sapienza noetica, intuitiva, che ricompone la scissione tra particolare e universale – commenta Angelo Tonelli – è conoscenza diretta dell’ordito unitario del cosmo, che attraversa e pervade le singole forme, e le unifica e le governa, come accade alla comunità politica in virtù della legge”. [ii]

Nel frammento 22B113 Dk, Eraclito scrive: “Conoscenza dell’immediato è unione di tutte le cose”. [iii]

Qui Eraclito usa il termine phronein" (φρονεῖν) che, scrive Angelo Tonelli, per l’efesino è la “più alta virtù conoscitiva, e indica anche l’atteggiamento sapienziale ed etico che da tale conoscenza deriva. Allude al riconoscimento diretto e consapevole dell’unità di tutte le cose, è conoscenza estatica e vigilante al tempo stesso, condizione della mente in cui si conciliano il principio apollineo del distacco con quello dionisiaco del contatto e della partecipazione mistica”. [iv]

Ancora Eraclito: “Conoscere l’immediatezza è eccellenza suprema, e sapienza è dire e agire cose vere, intendendo secondo l’origine”. (Fr. 22B112 DK).

Qui giunti Eraclito ci illumina su come il vegliare abbia a che fare con il vedere, ossia come l’intuizione si colleghi alle immagini e all’immaginale, che è il luogo proprio dell’anima.

Scrive Eraclito che “gli uomini che amano la sapienza devono essere testimoni diretti di molte cose” (Fr. 22B35 DK).

Eraclito per testimone usa il vocabolo istoras. Angelo Tonelli commenta che in istor “agisce la radice id (id), che implica “vedere”.

La testimonianza diretta è un vedere. Questo vedere va oltre la metafisica e “guarda” all’Essere.

Martin Heidegger, nel suo “Che cos’è la metafisica”, chiarisce che fisica e metafisica si occupano della stessa cosa e così scrive: “Descartes scrive a Picot, che ha tradotto in francese i Principia Philosophiae: Ainsi toute la philosophie est comme un arbre, dont les racines sont la Métaphysique, le tronc est la Physique, et les tranches qui sortent de ce tronc sont toutes les autres sciences… [Cosi tutta la filosofia è come un albero, del quale le radici sono la Metafisica, il tronco la Fisica, e i rami che sorgono dal tronco tutte le altre scienze. Ndr]. Per attenerci a tale immagine, domandiamo: a quale suolo si afferrano le radici dell'albero della filosofia? Da quale fondo le radici e con esse l'intero albero possono trarre i succhi e le linfe che li nutrono? Quale elemento, nascosto nelle profondità del suolo, compenetra le radici che reggono e nutrono tale albero? Dove permane e vive la metafisica? Che cos'è la metafisica vista dal suo fondamento? Infine: che cos'è, in fondo, metafisica? Essa pensa l'essente in quanto essente". Ovunque si domandi cosa sia essente, è l'essente come tale a porsi all'orizzonte: tale rappresentare metafisico è possibile solo grazie alla luce dell'essere. La luce, ciò che un tale pensare viene a esperire come luce, non perviene più entro l'orizzonte di questo pensare; infatti esso pone innanzi l'essente sempre e soltanto dal punto di vista dell'essente. Sempre entro tale prospettiva il pensiero metafisico ricerca una fonte esistente e un artefice della luce. Si ritiene che questa sia sufficientemente rischiarata, poiché accorda trans-parenza (Durchsicht) ad ogni prospettiva sull'essente. Comunque si interpreti l'essente, come spirito nel senso dello spiritualismo, o come materia e forza nel senso del materialismo, come divenire e vita, o come rappresentazione, come volontà, come sostanza, come soggetto, come Energeia o anche come eterno ritorno dell'identico, ogni volta l'essente in quanto tale si manifesta grazie alla luce dell'essere. Dovunque la metafisica si ponga-innanzi l'essente, essere è già dischiuso. Essere è pervenuto a una non-latenza (Unverborgenheit)”. [v]

“Tuttavia – aggiunge Heidegger - la metafisica non risponde in alcun modo alla domanda circa la verità dell'essere, poiché essa non la pone mai. Non pone questa domanda poiché si rappresenta l'essente in quanto essente. Essa intende la totalità dell'essente e parla dell'essere. Nomina l'essere e intende l'essente in quanto tale. Il dire della metafisica soggiace stranamente, dall'inizio fino al suo compimento, a una costante confusione di essente ed essere”. [vi]

“Sembra quasi – ci dice Heidegger - che, con il suo stesso modo di pensare l'essente, la metafisica sia destinata, a sua insaputa, ad ostacolare all'uomo il rapporto originario dell'essere con l'essere-umano (Menschenwesen)”.[vii] E aggiunge: “Che sarebbe se l'assenza dell'essere abbandonasse l'uomo sempre più esclusivamente soltanto all'essente, al punto che l'uomo fosse abbandonato quasi totalmente dal rapporto dell'essere con il suo [dell'uomo] essere, e se un tale essere abbandonato restasse a lui inoltre velato?”. [viii]

Eccoci giunti nuovamente al crocevia dove possiamo o non possiamo intraprendere la via che ci porta a tentare lo sguardo noetico.

Heidegger ci dà un’indicazione: “Tutto dipende dal fatto che a suo tempo il pensare divenga più pensante. A ciò si giunge solo se al pensare, invece di imporgli di realizzare un'efficacia maggiore, venga indicata un'altra provenienza (Herkunft). Solo allora il pensare, trattenuto dall'essente in quanto tale e perciò rappresentativo, e solo in tal senso illuminante, sarà superato da un pensare obbediente all'essere in cui l'essere stesso si faccia evento”. [ix]

Qui troviamo il significato autentico del concetto di obbedienza e di dovere contenuto nel rituale.

“La necessità della nostra intelligenza indica uno sforzo personale di disciplina cui ci si sottomette per raggiungere uno scopo, sforzo che si accompagna ad obbedienza al nostro impulso, a fedeltà al dovere che deriva dalla volontà di raggiungere lo scopo”. 

Heidegger ci indica la via: “Mettere il pensiero in cammino, per cui esso possa entrare a far parte del rapporto della verità dell'essere con l'essere-umano, far varcare al pensiero un sentiero perché esso possa ri-pensare l'essere nella sua verità più propria: questo è il pensiero 'in cammino' (unterwegs) già tentato in Essere e tempo. In tale cammino, nell'assenso alla domanda sulla verità dell'essere, si rende necessario un ri-pensare all'essere-umano”. [x]

Eraclito ci incita: “Se non speri l’insperabile, non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca, e ad esso non conduce nessuna strada” (Fr. 22B18DK).

Qui Angelo Tonelli ci è da guida quando commenta: “Frammento iniziatico: Il Principio, la trama nascosta, la Verità, la vera natura delle cose, «amano nascondersi», cioè si sottraggono al pensiero che li cerca con gli strumenti della ragione e della riflessione. Soltanto una passione conoscitiva, un intuire carico di attesa può sollecitare il disvelamento di Φύσις. L’epifania della Luce-Fuoco, ἀλήθεια [aletheia]”. [xi]

Ecco la chiave per aprire l’urna nella quale sono racchiuse le virtù del Maestro Hiram (Osiride): la Luce, la Verità. Verità come ἀλήθεια [aletheia]”.

Nel rituale si legge: “Noi abbiamo giurato fedeltà al dovere, qualunque esso sia. Il do­vere comprende l'obbedienza alla Legge e, di conseguenza, la lotta contro la tirannia, poiché ogni tirannia è la negazione della Legge”.

Torniamo ad Eraclito, alla legge divina: lógos, trama nascosta che ordina.

La tirannia è la negazione della libertà e la libertà è la condizione fondamentale per percorrere la via iniziatica.

Tutto questo non ha nulla a che fare con la vera e propria idiozia che ho sentito dire, rivolto ai nuovi appartenenti al 4° grado, da un poveretto rivestito dei paramenti del 33° grado: “Avete ucciso Hiram e ora siete orfani, dovete arrangiarvi”. Premesso che la logica trema, in quanto a uccidere Hiram sono stati tre compagni e a farlo risorgere tre maestri, con la conseguenza che i tre maestri segreti non hanno ucciso nessuno, ridurre il significato del grado alla psicologica uccisione del maestro per essere adulti è davvero banalizzare in modo indecente una ritualità complessa e di alto significato simbolico.

L’essere orfani ha il significato di essere figli della Vedova, ossia di Iside, la qual cosa ci riporta alle origini egizie proclamate nel rituale del 4° grado.

Arpocrate è una divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto, corrispondente all'antichissimo Neter Hor pa khred, trasformato in Harpachered, ossia Horo il fanciullo, figlio di Iside ed Osiride.

Il suo culto venne presto adottato anche nell'area greca e romana, dove rappresentò, nell’interpretazione ellenistica, il dio del silenzio, con il dito alla bocca e cinto di un mantello cosparso di occhi e di orecchi.

Silenzio come interiorizzazione della parola, come concentrazione del pensiero, secondo l’interpretazione ellenistica, ma anche simbolo di un silenzio ben più pesante: il silenzio di Heka, la Sacra scienza, che rimane tuttavia vigile e in ascolto. 

In età moderna, soprattutto nel corso del Seicento, secolo nel quale sono stati scritti i rituali della Massoneria cosiddetta moderna, molti eruditi, come ad esempio Ralph Cudworth, filosofo neoplatonico, ripresero la figura di Arpocrate come esempio e metafora della discrezione in ambito politico e dell'approccio esoterico alla conoscenza.

Tuttavia il significato autentico di Arpocrate va cercato nella tradizione egizia antica e non nelle interpretazioni successive.

Citato nei Testi delle piramidi, il culto di Arpocrate si sviluppò solo in epoca tarda. A partire dal terzo periodo intermedio il suo culto divenne sempre più popolare e l'iconografia più diffusa lo rappresentava come un bambino stante o in braccio alla madre Iside, mentre si portava un dito alla bocca.

 

Altro elemento tipico di Arpocrate era la sua testa completamente rasata, ad eccezione di una treccia che gli ricadeva sul suo lato destro.

Un’immagine antica di Arpocrate è quella di Horus fanciullo seduto sul sacro loto.

 

Il dito in bocca non è simbolo del silenzio, ma è un determinativo che significa figlio, come è ben chiaro nel geroglifico che ne indica il nome.

 

Arpocrate-Horus è il figlio di Iside, ossia della vedova di Osiride e, pertanto, è un orfano.

Nella Bibbia aperta all’Epistola di Giacomo, I, 26-27, durante lo svolgimento della ritualità del 4° grado, si legge: «La religione pura e immacolata dinanzi a Dio e Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri nel mondo», c’è un significato ben preciso, al di là del velame ebraico: la vera religione è visitare, rivisitare, Iside, Osiride e Horus.

Un’ultima riflessione che riguarda l’attualità: l’intelligenza artificiale.

Dopo quanto si è detto è semplicemente obbrobrioso chiamare con il nome intelligenza un potere calcolante sicuramente di enorme portata, ma pur sempre potere calcolante. Che cosa ha a che fare l’IA con lo “sperare l’insperabile”?

L’algoritmo non spera, calcola.

Tratto dal:

IL MAESTRO SEGRETO ed IL PENSIERO PENSANTE IN CAMMINO . S. Danesi

 



CROCE D'ORO GRECO - CALABRO 

ANCIENT CROSS BASED ON ANCIENT GREEK- CALABRIAN MODEL .

Intrepida attesa...

UN OMAGGIO A QUESTA TERRA CHE MI ACCOGLIE SEPPUR NON NATÍA. ABBIATENE CURA. IN TOTO. 
                          G.M. Sara Mazza 

Massoni del Marchio nel sottosuolo
Giovanni Domma

Maggio 2025

 

Oak Island è un’isola della Mahone Bay, Nuova Scozia, costa atlantica canadese.

A quanto ci risulta, il primo in Italia a parlare del mistero che la pervade fu un bravo scrittore per ragazzi, Mino Milani (1928-2022), con il romanzo In fondo al pozzo.

Pubblicato dapprima a puntate su un noto settimanale per ragazzi una sessantina di anni fa, In fondo al pozzovenne ristampato anche nel nuovo millennio, riscuotendo però l’attenzione che hanno di solito i libri per ragazzi, cioè assai poca; il che ha contribuito a mantenere praticamente a zero, nel nostro Paese, la conoscenza di quella che è una delle vicende più importanti della storia della Massoneria (anche gli stessi Massoni non ne sanno niente, o quasi).

Invece, negli USA, il reality show The Curse of Oak Island va avanti da più di dieci stagioni, con un seguito di pubblico notevole, Viene trasmesso nel nostro Paese da una pay-tv, ma non con grande risonanza.

La storia prende le mosse da eventi cui abbiamo già avuto occasione di accennare in altri articoli: nel 1308, dopo la persecuzione in Francia ad opera di Filippo il Bello, parecchi Templari salparono alla volta della Scozia (con le navi, si disse, cariche d’oro), e trovarono rifugio preso la potente famiglia Sinclair.

La leggenda vuole che alcuni di loro avessero poi preso parte ad una spedizione in America finanziata dai Sinclair, e vi avrebbero fondato - prima di Colombo - una o più colonie. Ritorneremo su questo tema nell’articolo del prossimo mese.

Invece, secondo la storia ufficiale, la presenza britannica sulla costa atlantica americana progredì a partire dalla spedizione dei Pilgrim Fathers del 1620; e per quanto riguarda il Canada, la vittoria nella Guerra dei Sette Anni contro la Francia (1756-1763) avviò massicciamente la colonizzazione anglosassone del Paese.

È il caso di notare come, fin da questi primi eventi, l’occupazione dei nuovi territori fu portata avanti con il sostegno di uno spiccato idealismo: la speranza era di poter creare una società egualitaria, immune dalla miseria e dagli squilibri che affliggevano l’Europa.

Se la Bibbia era il testo di base per tutti, anche gli ideali massonici rivestivano un ruolo fondante: fin dai primordi dell’immigrazione, la percentuale di Massoni tra i nuovi coloni fu elevata, anche grazie all’opera di alcuni illuminati personaggi come Thomas Dunckerley(1724-1795), cui abbiamo dedicato un articolo.

La Massoneria venne portata nel Nord America dapprima dalle logge militari, di cui abbiamo avuto varie occasioni di parlare, e poi dai coloni e dagli amministratori governativi. Le prime Logge ufficialmente costituite in America furono a Boston nel 1731, a Norfolk nel 1733 e a Philadelphia nel 1734, quest’ultima ad opera di Benjamin Franklin (1706-1790).

Risale a pochi anni dopo la costituzione della prima Loggia in Nuova Scozia, ad Annapolis Royal nel 1738,:e la prima ad Halifax - la capitale - è del 1750. Il suo primo Maestro Venerabile, il barone Edward Cornwallis (1713-1776), era lo zio del conte Charles Cornwallis (1738-1805), Massone anche lui, sconfitto da George Washington a Yorktown nel 1781 - caso forse unico di un militare massone che si arrende a un altro.

Un giorno del 1795, a Oak Island, tre ragazzi notarono nella boscaglia le tracce di uno scavo; era situato in una radura, al centro di un triangolo equilatero formato da tre querce.

Allora pensarono che potesse essere nascosto lì il tesoro dei pirati; perché si sapeva che, in passato, l’isola era stata utilizzata come rifugio da Capitan Kidd (William Kidd - 1645-1701), tra gli antichi pirati il più legato alla leggenda di un tesoro nascosto - addirittura fino al punto che fu una mappa da lui tracciata ad ispirare a Stevenson l’idea dell’Isola del Tesoro.

A dire la verità, si presume che la misteriosa Isola dello Scheletro di Kidd fosse nel Pacifico, ma la cosa non è sicura; e si può ben capire che, a tre ragazzi nati e cresciuti nel suo mito, certi dettagli non interessassero molto.

Incominciarono a scavare, e sarebbero andati avanti per parecchi giorni, coinvolgendo gradualmente un numero sempre più grande di persone.

A un certo punto, quando erano arrivati a circa tre metri di profondità, si imbatterono in una superficie di legno di quercia. Pensando di aver trovato il cofano del tesoro, si abbandonarono a cinque minuti di folle gioia; ma poi fu una delusione, perché scoprirono che era soltanto una piattaforma.

Nei giorni seguenti ne trovarono un’altra a sei metri, e un’altra ancora a nove metri; a questo punto, la cosa stava diventando strana. Era sempre più chiaro che il buco scavato dai ragazzi stesse inoltrandosi in una struttura sotterranea di grandi dimensioni.

Ancora gli scavatori non sapevano ancora che avrebbero rinvenuto altre seipiattaforme fino a un livello di 27 metri, dove c’era una cripta; e che a trenta metri sarebbe stata rinvenuta una lapide di pietra non autoctona (granito giallo svedese). Era lunga poco meno di 80 cm, larga 40 e alta 25, e una faccia era costellata da incisioni di figure geometriche.

Il ritrovamento della pietra svedesesegnò l’inizio dell’aperto coinvolgimento della Massoneria; perché, se consideriamo quanto poche (a dispetto degli sforzi di Dunckerley) erano le Logge del Marchio nell’America del settecento, è un bel caso che ad Halifax ce ne fosse una fin dal 1784, e si scopre dai suoi registri che ben cinque dei Fratelli che ne facevano parte avevano Marchi raffigurati su quella lapide - Adam Fife un quadrato, William Hogg un triangolo, William Matthew una Bibbia, Robert Geddes un punto esclamativo, Robert Bucan un rombo.

Da questo, più di uno di coloro che hanno scritto su Oak Island hanno tratto la conclusione che i Massoni conoscessero l’esistenza del sotterraneo, e prima del ritrovamento lo avessero utilizzato per i loro riti.

Soprattutto il Fratello Scott Clarke, autore di Oak Island Odissey - a Masonic Quest, ha studiato a fondo il problema. La sua opinione è che senz’altro il sotterraneo fosse stato realizzato dai Fratelli, ed il fatto che questi uomini abbiano scolpito i loro segni su una pietra a trenta metri significherebbe che sia stato ancora parzialmente aperto, per l’uso rituale massonico, almeno fino al 1785.

C’è anche la possibilità che questi massoni avessero appreso dei segni o simboli che i depositanti originali avevano inciso, e forse li avessero copiati in onore dei loro predecessori.

Né Clarke si ferma qui. Infatti, nel finale del libro, avanza velatamente un’ipotesi che potremmo definire estrema: che i Fratelli che frequentavano il sotterraneo non fossero dediti alla pratica degli alti gradi massonici, bensì alla loro creazione.

Parrà un’affermazione delirante solo a chi non conosca a fondo quel momento storico; perché, come accennammo anche nel nostro libro Massoneria del Marchio, poco dopo la metà del settecento un gran numero di rituali dei vecchi side degrees britannici scomparve misteriosamente nel nulla.

Sarebbero poi stati sostituiti, verso la fine del secolo, da rituali nuovi che non differivano di molto per i simboli, ma introducevano nel significato impercettibili deviazioni.

Si tratta di un fenomeno ancora da approfondire, cui hanno finora accennato solo pochi tra gli storici migliori della nostra Istituzione, come Neville Cryer (1924-2009).

Un’ipotesi è che la sostituzione fosse opera dei Sabbataisti e dei Frankisti, che proprio negli stessi anni procedevano a un’analoga opera di penetrazione ideologica nell’Europa continentale, pur con mezzi diversi (vedi, p. es., l’articolo di Mansuino Martinismo e Sabbataismo); e se teniamo conto che la loro presenza nelle Americhe era cospicua, l’ipotesi che il sotterraneo di Oak Island potesse essere un loro quartier generale non è impossibile. Da qualche parte, i rituali nuovi dovevano scritti, memorizzati e collaudati prima di essere inseriti nel circuito delle Logge normali; ed in America, le scarse possibilità di confronto con gli originali britannici rendevano l’opera più facile.

Forse verrà il momento in cui qualcuno seguirà a fondo questa pista, e ne sapremo di più; ma in ogni caso, dopo il ritrovamento della pietra svedese, il tesoro non fu più di Capitan Kidd, ma dei Templari.

Nel 1804, un gruppo di Massoni creò una società - la Onslow Company - avente come ragione sociale la prosecuzione degli scavi nel Money Pit in grande stile.

Nell’arco di oltre due secoli, la presenza dei Fratelli - in qualità sia di cercatori sul campo che di investitori - si sarebbe ripetuta in tutte le successive società che sarebbero state costituite per le ricerche a Oak Island. Tra i loro membri più famosi possiamo annoverare Franklin Delano Roosvelt, l’Ammiraglio Byrd e John Wayne.

Nel 1849, subentrò alla Onslow una nuova società in grado di investire capitali maggiori, la Truro Company (sia Onslow che Truro sono cittadine della Nuova Scozia), che scavò un secondo pozzo.

Negli anni della Truro sarebbero stati rinvenuti a una trentina di metri una catena di ferro e vari oggetti di metallo; nonché avvennero ritrovamenti strani ai limiti del surreale, come se i costruttori della misteriosa struttura sotterranea avessero voluto lasciare messaggi in un codice solo a loro noto, che ai visitatori del futuro si chiedeva di decifrare.

Trovarono dunque un livello costituito da ciottoli, su alcuni dei quali erano presenti delle iscrizioni; poi uno di fibre di cocco, un altro di fieno e un altro ancora di argilla blu.

In linea di massima, questi strani reperti venivano interpretati come indizi che ci fosse qualcosa di più interessante al di sotto.

La Truro fallì, però, nel risolvere il problema delle inondazioni, che continuavano a ripetersi in coincidenza con le maree più alte. La causa prima andava ricercata in un sistema di tunnel che era stato preparato dai costruttori per tenere lontani gli intrusi; per cui, nella non facile impresa di identificarne i percorsi, vennero avviate ricerche in varie altre parti dell’isola, che avrebbero condotto a nuove ed impreviste scoperte.

Dal 1861 fu la volta di una terza società, la Oak Island Association, che portò sull’isola sessantatré lavoratori. Aprirono altri quattro pozzi oltre ai due già esistenti, e nel corso di questi scavi la caccia al tesoro mieté la sua prima vittima. Incominciò a circolare la voce che il tesoro dei Templari pretendesse il sacrificio di sette vite prima di essere trovato. Oggi le vittime sono arrivate a sei.

Nel 1863, la teoria che i sotterranei fossero legati in qualche modo al Marchio tornò ad echeggiare in seguito alla scoperta nel Money Pit di una fila di grandi ciottoli, piantati - come lapidi - a quindici metri di profondità: ciascuna di esse recava un simbolo e una scritta, e si disse all’epoca che raffigurassero Maestri del Marchio.

Nel 1864, quando c’erano già nove pozzi, fu individuato il presunto tragitto del tunnel di allagamento. In un punto che transitava relativamente vicino alla superficie, gli vennero applicate due tra le prime pompe elettriche del mondo, e furono cominciati gli scavi per deviarlo.

Nel 1867 viene costituita la quarta società, la Oak Island Eldorado Company, che poco dopo cambia il nome in Halifax Company. Ne seguiranno molte altre.

L’anno seguente, da uno scavo sulla costa settentrionale dell’isola vennero fuori pietre con incisi il simbolo solare (il cerchio con un punto al centro) e croci latine.

Nel 1878, la contadina Sophia Sellers stava arando con i buoi un terreno che si trova a circa un chilometro dal Money Pit; improvvisamente, la terra si aprì e un bue venne inghiottito. Era un altro tunnel ad opera di mano umana, che si inoltrava nella terra fino a profondità insondabili. Venne stimato che si trattasse di un condotto di areazione, ma cosa servisse ad areare non è stato scoperto ancora oggi. Venne chiamato la Cave-in Pit, e diventò una nuova fonte di scavi.

Continuavano a essere rinvenuti antichi oggetti di uso umano a profondità surreali, non solo nel Money Pit ma anche in alcuni dei pozzi nuovi, tra i quali un fischietto da nostromo di osso.

Nel 1897 un frammento di pergamena, con scritto a china qualcosa di illeggibile, fu rinvenuto nella terra che veniva estratta. Pareva che la trapanazione lo avesse strappato da un foglio. Vennero sospesi i lavori, e tutta la terra estratta in quel luogo fu setacciata, ma il foglio non fu trovato.

In quell’anno, il numero dei pozzi era arrivato a diciannove. Da uno di essi, venne trivellato fuori, da una profondità di cinquanta metri, del cemento macinato a mano, secondo l’uso del sedicesimo e diciassettesimo secolo. Proveniva da una piattaforma che era stata il pavimento di un antico locale, e che forse aveva ceduto proprio a causa delle vibrazioni dovute allo scavo; però nei suoi dintorni non venne rinvenuto niente di rilevante.

Un altro ritrovamento di quell’anno, o secondo altri del 1898, fu un triangolo equilatero di pietra di tre metri di lato, formato da rocce interrate della dimensione di una testa d’uomo. Una linea curva congiungeva dall’esterno gli estremi della base, formando un semicerchio del raggio di circa un metro; un altro segmento partiva dall’apice e puntava verso nord.

1931: dal ventunesimo pozzo saltano fuori un’antica ancora, un’ascia e una lampada a olio.

1933: manufatti di quercia e di porcellana.

1938: il numero degli scavi arriva a cinquantotto.

1960: rinvenuta una pietra con incisioni, datata 1704.

1965: il giorno 17 agosto, un cercatore cade in un pozzo, ed altri quattro perdono la vita nel tentativo di salvarlo, In questo modo, il numero delle vittime di Oak Island arriva a sei.

1967: andando avanti con l’esplorazione del sistema di tunnel, i cercatori superano la profondità di settanta metri.

Viene rinvenuta quello stesso anno una pietra a forma di cuore, dipinta di rosso; è di sicuro un oggetto rituale massonico, legato ad alcuni tipi di iniziazioni praticate nel settecento. È notevole che un oggetto simile figuri, su un’antica lapide, nella Casa Massonica di Halifax.

1969: i primi controlli al radiocarbonio sui reperti di Oak Island suggeriscono la possibilità che la struttura sia stata edificata tra il 1504 e il 1646.

1970: viene intrapresa per la costruzione di una diga che protegga la zona degli scavi dalle maree. Durante questi lavori, ritrovamenti sottomarini svelano che una struttura del genere era già esistita in passato, probabilmente ai tempi in cui il sistema di tunnel venne costruito.

Nello stesso anno, vengono estratte monete in ferro battuto del diciassettesimo secolo, e l’archeologo Ross Wilhelm presenta la sua traduzione di una delle iscrizioni ritrovate negli scavi, affermando che nel sedicesimo secolo Oak Island veniva utilizzata come approdo dai galeoni spagnoli.

Nel 1978, i cantieri vengono muniti di una ferrovia.

Nell’inverno 1979-80 il mare ghiacciò intorno a Oak Island, e 150 metri circa al largo della costa meridionale si formarono quattro buchi nel ghiaccio, di dimensioni dai 5 ai 10 metri di diametro. Si ipotizzò che fossero determinati dall’acqua più calda proveniente dagli sbocchi dei tunnel di allagamento, ma le correnti e la profondità di quella zona scoraggiarono le ricerche.

Nel 1981 un abitatore di Oak Island, disboscando un terreno di sua proprietà, scoprì l’esistenza di una croce latina megalitica, formata da cinque massi di granito da circa dieci tonnellate l’uno, che formano angoli retti perfetti. La lunghezza del braccio breve è di 360 piedi (circa 110 metri), quello più lungo di 867 piedi (264 metri).

Vennero fatti scavi all’intorno, e sotto il masso centrale ne venne rinvenuto un sesto - di arenaria, e quindi più tenero da lavorare - sul quale era stata incisa la figura di un pugnale.

Non si è ancora compreso in quale epoca sia stato costruito questo colossale monumento, né che cosa significhi.

1987: si ripete il fenomeno dei buchi nel ghiaccio.

Nel 1991 fecero scalpore le dichiarazioni di un abitante di Halifax di nome Carl Mosher - un attendibile benestante di 81 anni, lontano discendente da uno dei primi scavatori del Money Pit. Egli affermò che la sua famiglia avesse custodito per decenni venticinque sacchetti d’oro, finché uno zio di nome Edward Vaughan non se ne era appropriato ed era fuggito.

Le ricerche dei giornalisti prima, e degli storici poi, non hanno riscontrato elementi in favore della veridicità di questa storia.

Nel 1993, a poca distanza da un mucchio di pietre che si trova - in superficie - a perpendicolo sulla più accreditata locazione del tesoro, venne trovata una serratura di metallo molto antica, con ancora inserita una chiave a forma di croce.

Riuscirono a farla funzionare, e la faccia della serratura si sollevò, per rivelare sotto di sé … un’altra serratura.

L’ultimo avvenimento di rilievo è del 2013: cominciano le trasmissioni di The Curse of Oak Island. Parecchi oggetti sarebbero stati rinvenuti durante le riprese del reality, tra cui una Squadra risalente al 1620, ed una gemma rossa (una rodolite) identica a quella dei Sommi Sacerdoti dell’Arco Reale.

A parte quelle con il Marchio, le principali analogie massoniche di Oak Island sono quelle con il simbolismo dell’Arco Reale; in particolare, esiste un gran numero di riferimenti al side degree della Massoneria Criptica conosciuto come The Holy Royal Arch of Enoch (presente anche nelle Massonerie latine come 13° grado del Rito Scozzese, Cavaliere del Real Arco), oltre a qualcuno direttamente riferibile all’Arco Reale classico.

Tra questi ultimi, uno è emerso di recente in una mappa della Mahone Bay del 1762, scoperta da Scott Clarke presso il Ministero della Difesa inglese: nella dicitura St. Margarets Bay, è celato un Triplice Tau orientato in modo che il prolungamento della T centrale incroci Oak Island - anzi, proprio il Money Pit.

Secondo il Manual of Freemasonry di Richard Carlile, un significato del Triplice Tau - oltre a quelli spirituali - è Clavis Ad Thesaurum, o Chiave per il Tesoro; ed un altro ancora è Theca ubi res pretiosa deponitur, o Il luogo dove è nascosta una cosa preziosa.

Guardando invece al Royal Arch of Enoch, in questo grado criptico il Tempio sotterraneo di Enoch è scoperto da Tre Maestri, così come il Money Pit venne scoperto da tre ragazzi.

Tre querce formavano un triangolo con lo scavo al centro, come nel rituale è presente un Triangolo d’Oro che porta il Nome di Dio nel centro.

Il Money Pit aveva nove livelli, distanziati di tre metri l’uno dall’altro; il Tempio di Enoch era costituito da Nove Archi, o Livelli, che scendevano verticalmente nella Terra.

Una lapide con caratteri venne scoperta a 30 metri di profondità; una Pietra Cubica con iscrizioni sta all’ingresso del Tempio di Enoch.

Da quanto raccontarono i primi cercatori, la cripta a 27 metri venne scoperta perché gli attrezzi, colpendo la piattaforma che la ricopriva, suonarono a cavo. Lo stesso accade, nell’Arco Reale classico, quando i Tre Maestri (chiamati qui Tre Pellegrini) trovano una cripta contenente un tesoro.

La notte successiva, il Money Pit rimase allagato: dopo la morte di Enoch, nella Genesi viene il Diluvio, e nel Royal Arch of Enoch anche il Tempio viene inondato.

Si verificarono poi due crolli. Quando uno dei Tre Maestri entra nel Nono Livello del Tempio di Enoch, una pietra cadde dalla volta poco dietro di lui. Più avanti, altri Maestri a cui i Segreti del Tempio erano stati negati cercano di penetrarvi di nascosto, e i Nove Archi caddero su di loro.

Ed infine, ovviamente, la cosa che più di tutte accomuna la vicenda di Oak Island con l’Arco Reale è la presenza di un TESORO.

Ed il Tesoro, secondo noi, è la risposta alla domanda: Qual è il significato di Oak Island?

Oak Island è il luogo dove la realtà si fonde con l’immaginazione. È il luogo della legge di analogia ermetica, là dove l’algoritmo massonico si salda con il piano della realtà oggettiva, e fa agire le persone. E fa la storia.



Totò massone

di Giovanni Domma

Ottobre 2017

 

Totò nacque a Napoli il 15 febbraio 1898, da una madre single.
C’è chi afferma che fosse figlio del marchese Giuseppe De Curtis, il quale non avrebbe potuto riconoscerlo a causa della contrarietà della sua famiglia; ma secondo altri questa discendenza non è certa, ed è vero invece che nel 1933 sarebbe stato adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas, che gli avrebbe dato il suo nome (è peraltro un fatto accertato che, nel 1924, la mamma di Totò si sposò con Giuseppe De Curtis).
Comunque sia, si dovette arrivare al 1946 perché Antonio De Curtis fosse legalmente riconosciuto come Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio; Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, Conte di Cipro e di Epiro, Conte e Duca di Drivasto e Durazzo.
L’atteggiamento del grande attore nei confronti dei propri titoli nobiliari era duplice e scherzoso. Da un lato ci teneva molto, considerandoli una testimonianza da portare avanti perché la memoria storica non andasse perduta; dall’altro era consapevole che nella società contemporanea avevano perso gran parte del loro significato, ed evitò sempre di avvalersene come strumento di autoaffermazione.
Soltanto dopo aver preso parte alla grande guerra il giovane Totò poté intraprendere la carriera del palcoscenico. A partire dal 1922 fu scritturato dal Teatro Umberto di Roma, prima come attore di varietà e poi di rivista; grandi consensi gli vennero dall’interpretazione di scenette nelle quali i suoi personaggi monologavano, cantavano o si intrattenevano scherzosamente con le attrici.
Il giovane e promettente comico riscuoteva grande successo con le donne. Una tragedia lo segnò nel 1931, quando una famosa soubrette innamorata di lui si tolse la vita. Totò ne rimase sconvolto fino al punto di accogliere le spoglie della giovane nella sua tomba di famiglia.
Quattro anni dopo sposò Diana Rogliani, e dalla loro unione nacque la figlia Liliana.
Il grande salto della sua carriera fu l’incontro col cinema, avvenuto nel 1938. Dopo un avvio stentato, il grande successo di pubblico lo avrebbe raggiunto nel dopoguerra.
Complessivamente Totò interpretò 97 film, e il tributo al suo genio comico divenne universale. Gli fu anche d’aiuto l’eccelsa qualità dei partner che di volta in volta aveva a fianco: Macario, Nino Taranto, Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Peppino De Filippo…
Dalla seconda compagna, la bellissima Franca Faldini, Totò ebbe un figlio di nome Massenzio, che morì appena nato. Fu forse da questo dispiacere che sorse il suo grande impegno nei confronti dell’infanzia abbandonata: visitava gli orfanotrofi e portava regali a tutti i bambini, spendendo in queste imprese addirittura di più di quanto i suoi pur cospicui guadagni di attore gli potessero permettere. In questo aspetto della sua personalità, egli impersonava perfettamente il concetto (tratteggiato in così tanti perfezionamenti del grado di Maestro massonici) del santo laico: la persona che fa del bene non in vista di un’improbabile ricompensa nell’altromondo, ma perché ritiene suo dovere rendere più vivibile questo.
Il suo invincibile amore si estendeva anche agli animali: comprò un canile fatiscente e lo ristrutturò per ospitare il più gran numero possibile di cani randagi, e quasi tutti i giorni vi si recava per accertarsi che venissero trattati bene.
Quest’uomo dinnanzi al quale tutti dovremmo toglierci il cappello se ne andò improvvisamente nella notte del 14 aprile 1967. Il lutto fu generale al punto che dovettero essere celebrati ben tre funerali: il primo a Roma, il secondo a Napoli (con una partecipazione stimata di duecentocinquantamila persone) e un terzo nel Rione Sanità, da dove era venuto e che non aveva mai dimenticato.
La vocazione massonica di Totò aveva preso forma negli anni quaranta, frutto di una crisi spirituale molto intensa, della quale purtroppo sono rimaste soltanto testimonianze verbali.
La spinta più importante gli era venuta dall’impulso ad adoperarsi per il bene degli altri: così, quando era venuto a conoscenza delle grandi iniziative di beneficenza che la Massoneria svolge in segreto, non prendervi parte sarebbe stata ai suoi occhi quasi una colpa. 
Questo concetto venne sottolineato, parecchi anni dopo la sua scomparsa, da Renzo Arbore, che in TV dichiarò: Credo Totò che avesse molto forte il senso della solidarietà e della filantropia, ed in questo senso era Massone.
Nelle sue dichiarazioni in proposito, Totò non fece mai riferimento alla Massoneria come strumento di potere. Al contrario, aveva saputo coglierla fin dall’inizio nella sua vera natura: un cammino spirituale indipendente, la cui principale bellezza consiste nella libertà.
Secondo chi lo conobbe, Totò non era stato un uomo particolarmente religioso, ma a modo suo credeva: credeva in un’entità superiore (…) e non ammetteva che qualcuno usasse espressioni volgari o linguaggio irriguardoso nei suoi riguardi.
Non credeva ad un’altra vita dopo la morte; anzi affermava che se dovessero esserci, come si dice, Paradiso, Purgatorio e Inferno, bene: l’inferno lo stiamo vivendo in questo mondo da quando si nasce, e dall’altro mondo nessuno è mai tornato a descriverlo.
Quando in un’intervista gli chiesero cosa fosse per lui la Massoneria, rispose: serve soltanto per il miglioramento di sé stessi. I gradi, i grembiulini, le onorificenze e altre finalità profane non hanno niente a che vedere.
Era stato iniziato il 9 aprile 1945 presso la Rispettabile Loggia Palingenesi di Napoli. Nel suo testamento (un questionario che viene compilato da tutti i profani all’atto della loro ammissione in Massoneria), alla domanda Che cosa dovete all’umanità? aveva risposto: Amare il prossimo come sé stessi, aiutarlo e fare del bene, senza limiti di sorta; ed a quella Che cosa dovete a voi stesso?Niente, all’infuori del miglioramento spirituale.

 

 

 

In tempi successivi lo ritroviamo tra i fondatori della Fulgor Artis di Roma, la celebre Loggia degli artisti, della quale fu Venerabile. Fecero parte della Fulgor Artis attori del calibro di Mario Castellani, Carlo Campanini, Aldo Silvani, Carlo Rizzo e Vittorio Caprioli; e non sono questi i soli personaggi dello spettacolo che poterono gloriarsi della maestranza massonica - per fare solo pochi nomi possiamo ricordare Gorni Kramer, Gino Cervi, Carlo Dapporto, Paolo Stoppa e Aldo Fabrizi.
Totò prese parte anche al Rito Scozzese Antico e Accettato, raggiungendo il 30° grado (il 33° gli fu rilasciato postumo ad honorem) e lasciandovi il ricordo di una devozione massonica e di un’umiltà davvero fuori dal comune; in contrasto con gli onori pubblici di cui beneficiava grazie al suo lavoro nel mondo profano, dei quali mai volle approfittare (né addirittura parlarne!) in qualità di Massone.
Come in tutte le scelte della sua vita, anche nel caso della sua adesione alla Massoneria Totò non tenne in minimo conto le controindicazioni di carattere sociale, che allora come oggi condannano il Massone alla diffidenza e alle calunnie dei conformisti e degli ignoranti.
In quegli anni contrassegnati dal bigottismo pseudoreligioso, quella scelta gli fruttò l’ostilità di molti potenti, talvolta costandogli la perdita di offerte di lavoro e danni non indifferenti tanto sul piano professionale quanto economico.
Ma non erano certo queste pinzillacchere a trattenerlo dalla sua vocazione, consapevole come egli era del fatto che l’amore del pubblico gli veniva dall’apprezzamento della sua sincerità in ogni atto della vita - quella stessa indole schietta che traspare dalle sue prestazioni cinematografiche, componente non ultima dello sviscerato amore che il pubblico nutriva per lui.
Come è noto Totò fu anche autore di canzoni (tra cui la famosa Malafemmena), poeta e scrittore. Alcuni tra i suoi migliori scritti riverberano la luce massonica di cui era portatore, e tra questi il più noto è senz’altro la poesia A’ livella, che fu solennemente e pubblicamente recitata in occasione della Gran Loggia del 2016 del GOI.
La Livella, simbolo di Uguaglianza, è uno dei più fondamentali strumenti dell’arte muratoria. Quando un Apprendista viene elevato a Compagno d’Arte, si dice che passa dalla Perpendicolare alla Livella; questo significa che è maturo per applicare gli insegnamenti ricevuti al piano del sociale.

 

Ogn’anno, il due novembre, c’è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno l’adda fa’ chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

 

Ogn’anno puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado, e con i fiori adorno
il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza.

 

St’anno m’è capitata n’avventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio
(Madonna, si ce penzo, che paura!)
ma po’ facette un’anema ‘e curaggio.

 

O fatto è chisto, statemi a sentire:
s'avvicinava l'ora d’a chiusura,
io, tomo tomo, stavo per uscire,
buttando un occhio a qualche sepoltura:

 

“Qui dorme in pace il nobile Marchese

Signore di Rovigo e di Belluno,

Ardimentoso eroe di mille imprese,

Morto l’11 maggio del trentuno.

 

O stemma cu a curona ‘ncoppa a tutto...
Sotto,’na croce fatta ‘e lampadine;
tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto,
cannele, cannelotte e sei lumine.

 

Proprio azzeccata ‘a tomba ‘e stu signore,
nce steva n’ata tomba piccerella,
abbandunata, senza manco un fiore;
pe’ segno, solamente ‘na crucella.

 

E ncoppa ‘a croce, appena si liggeva:
Esposito Gennaro, netturbino.
Guardannola, che pena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

 

Questa è la vita, ncapo a me penzavo:
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero, maronna, s’aspettava
ca pure all’atu munno era pezzente?

 

Mentre fantasticavo stu penziero,
s’era già fatta quase mezanotte,
e i’ rummanette chiuso priggiuniero,
muorto ‘e paura, nnanze e cannelotte.

 

Tutto a nu tratto, che veco a luntano?
Doje ombre avvicenarse a parte mia.
Penzaje: stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato, dormo, o è fantasia?

 

Ate che fantasia: era o Marchese,
c’o tubbo, a caramella e c’o pastrano;
chill’ato appriesso a isso, un brutto arnese,
tutto fetente e cu na scopa mmano.

 

E chillo certamente è don Gennaro,
o muorto puveriello, o scupatore.
Int’ a stu fatto i’ nun ce veco chiaro:
so’ muorte e se retireno a chest’ora?

 

Putevano stà a me quase nu palmo,
quando o Marchese se fermaje e botto,
s’avota e, tomo tomo, calmo calmo,
dicette a don Gennaro: “Giovanotto!

 

Da voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me, che sono un blasonato!

 

La casta è casta e va sì rispettata,
ma voi perdeste il senso e la misura:
la vostra salma andava, sì, inumata,
ma seppellita nella spazzatura!

 

Ancora oltre sopportar non posso
la vostra vicinanza puzzolente:
fa d’uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente.”

 

“Signor Marchese, nun è colpa mia,
i’ nun v’avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a fa’ sta fessaria,
i’ che putevo fa’, si ero muorto?

 

Si fosse vivo ve farie cuntento,
pigliasse ‘a casci lella cu ‘e quatt’osse
e proprio mo, obbj’, nd’a stu mumento
me ne trasesse dinto a n’ata fossa.”

 

“E cosa aspetti, o turpe malcreato,
che l’ira mia raggiunga l’eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato,
avrei già dato piglio alla violenza!”

 

“Famme vedé... piglia sta violenza!
A verità, Marché: mme so’ scucciato,
e te senti, e si perdo ‘a pacienza
me scordo ca so’ muorto, e so’ mazzate!

 

Ma chi te cride d’essere, nu dio?
Cà dinto, o vuò capì, ca simmo eguale!
Morto sì tu e muorto so’ pur io;
ognuno comme a n’ato è tale e quale.”

 

“Lurido porco! Come ti permetti
paragonarti a me, ch’ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a principi e reali?”

 

“Tu qua’ Natale, Pasca e Pifania!
T’o vuo’ mettere ncapo, int’a cervella
che staje malato ancora ‘e fantasia?
A morte, o saje ched’è? È una livella!

 

Nu re, nu maggistrato, nu grandommo,
trasenno stu canciello, ha fatt’o punto;
c’ha perzo tutto, a vita e pure o nomme,
tu nun t’e fatto ancora chistu cunto?

 

Perciò, stamme a senti: nun fa’ o restivo,
suppuorteme vicino, che te mporta?
Sti pagliacciate e fanno sulo e vive;
nuje simmo serie, appartenimmo a-a morte.”

 

Un altro scritto di Totò, meno noto, è La Preghiera del Clown; ed è bene concludere con questa, perché ci spalanca la prospettiva dell’intimo e quasi affettuoso rapporto coltivato dal grande attore con il Grande Architetto dell’Universo.

 

Noi ti ringraziamo, nostro buon Protettore, per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa che sulla nostra mensa non vengano mai a mancare pane ed applausi.
Noi ti chiediamo protezione; ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini.
Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa che in nessun momento della nostra vita venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore.
Guardaci dalle unghie delle nostre donne, ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi. Dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate, e lascia pure che essi ci credano felici.
Più ho voglia di piangere, più gli uomini si divertono; ma non importa, io li perdono, un po’ perché essi non sanno, un po’ per amor Tuo, un po’ perché hanno pagato il biglietto.
Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola; ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.
C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla. Manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.

Entrare in Massoneria

Aprile 2008
pagina 4/4 -

 

Il neofita gli consegna i metalli: ovvero l’orologio, il portafoglio, tutto il denaro che porta indosso e ogni altro eventuale oggetto di metallo, proprio come avviene all’ingresso della zona transiti di un aeroporto.

 

Ora, Signore, sarete abbandonato a voi stesso, nella solitudine, nel silenzio e con questa flebile luce. Gli oggetti e le immagini che si offrono al vostro sguardo hanno un senso simbolico e vi inciteranno alla meditazione.

Questa tomba é il luogo della vostra morte filosofica. Voi redigerete un Testamento rispondendo per scritto ai tre quesiti che sono posti su questo foglio e formulando, di seguito, le vostre ultime volontà. Noi ritorneremo per ritirarle al momento opportuno.

 

Lasciato solo al fioco lume di una candela, il neofita comincia a guardarsi intorno. Si trova in uno stanzino dai muri pitturati di nero, il cui arredamento varia a seconda della tradizione in uso presso le varie Obbedienze.  In linea di massima, sulle pareti si possono trovare raffigurati:

  1. uno Scheletro. Allude alla spoliazione che si deve compiere su sé stessi, raffigurata anche nella consegna dei metalli: per rinascere veramente, l’iniziato deve alleggerirsi delle impurità e degli errori della vita profana.

  2. una Clessidra (raffigurazione di Saturno e quindi simbolo del Tempo, invito alla Pazienza ed alla Tolleranza);

  3. un Gallo (il risveglio delle forze, l’azione, l’elemento Fuoco; la fine della notte ed il trionfo della Luce sulle Tenebre).

 

Questi tre simboli insieme raffigurano il ciclo perenne ed immutabile della vita.
Inoltre la formula ermetica V: . I : . T : . R: . I : . O : . L : . , Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem:
visita l'interno della terra, e seguendo la retta via scoprirai la pietra segreta (presso un’Obbedienza minore di ispirazione occultista la formula è VITRIOLUM, con l’aggiunta: Unicam Medicinam).
Sono anche impresse queste frasi:

 

Se la curiosità ti ha condotto qui, vattene.
Se temi di mettere a nudo i tuoi difetti, starai male tra noi.
Se sei capace di dissimulazione, sarai scoperto.
Se tieni alle distinzioni umane, esci: qui non se ne conoscono.
Se la tua anima ha provato spavento, non andare oltre.
Se perseveri sarai purificato dagli Elementi, uscirai dall'abisso delle Tenebre e vedrai la Luce.

 

E’ questo il viaggio agli Inferi, le cui analogie con la prima fase della Grande Opera offrono validi argomenti a chi sostiene l’identità tra il concetto massonico di pietra cubica e la Pietra dei Filosofi. Sul  tavolino messo a disposizione del neofita per la stesura del Testamento, si trovano disposte tre piccole coppe che contengono i tre elementi del ternario ermetico:

 

Zolfo (energia espansiva o centrifuga, che parte dal centro d'ogni essere - nel simbolismo del Tempio massonico, la colonna J);

 

Mercurio (energia centripeta – la colonna B): nel Gabinetto di Riflessione viene rappresentato con della sabbia di mare, e a proposito di questa sostituzione molto è stato scritto. C’è chi sostiene che la ragione principale vada ricercata nel fatto che la sabbia di mare è sterile, a significare che la rinascita innescata dall’iniziazione non concerne il piano fisico; da parte mia, sarei piuttosto incline a scorgere un collegamento tra il mare come fonte della vita organica e il concetto hegeliano di antitesi, ovvero la percezione illusoria della realtà in forma frammentata (i granelli – le forme innumerevoli della vita) che l’iniziazione consente di trascendere e superare.

 

Sale (equilibratore delle due energie citate mediante il principio della cristallizzazione, parte solida dell'essere – sintesi).

Sul tavolino è anche disposta la Candela accesa, infilata in una Bottiglia di cristallo verde: evoca il simbolo della Luce che splende nelle Tenebre. C’è anche un Teschio, uno Specchio, del Pane raffermo e una brocca d’Acqua; questi ultimi richiamano il concetto dell'Essenzialità, atta a soddisfare i bisogni della vita materiale.
Dopo aver riflettuto su tutti i simboli che gli stanno intorno, il profano ha a sua disposizione una penna e un foglio per scrivere il suo Testamento, ovvero rispondere a queste tre domande in una:

 

Quali ritiene che siano i suoi doveri verso Dio, verso sé stesso e verso i suoi simili?

 

Il Testamento non è una semplice formalità: soltanto dopo la sua lettura e approvazione da parte dei membri della Loggia si potrà definitivamente votare l’ammissione nel Tempio del nuovo Fratello, dando così inizio al vero proprio rito d'iniziazione. Ma sulla soglia del Tempio, io devo lasciare il lettore.

J. D. 

 

 

Si afferma comunemente che ogni Loggia massonica è sovrana, ovvero completamente indipendente nelle proprie scelte.
In verità, certi teorici della Massoneriaconfutano questa affermazione, distinguendo tra i vari tipi di ordinamento che governano le strutture massoniche ed affermando che in quelle amministrativamente più verticiste (per esempio il modello in uso presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, oppure anche il modello di ispirazione ottocentesca, che considera le Logge Azzurre subordinate all’autorità di questo o quel corpo rituale) di sovranità della Loggia, almeno tecnicamente, non si possa parlare.
Ma si tratta di confutazioni portate avanti sottovoce, in quanto l’idea dell’assoluta libertà della Loggia piace a tutti; ed anzi, molti pensano che dovrebbe essere maggiormente pubblicizzata, per sbugiardare le assurde rappresentazioni profane che vedono nella Massoneria una struttura governata dall’alto (o addirittura dal… terrore!).
Comunque, io non credo che sia il tipo di ordinamento a decidere se una Loggia è veramente sovrana, libera e indipendente: è piuttosto l’atteggiamento mentale dei Fratelli che ne fanno parte.
Con questa affermazione non voglio minimizzare l’importanza del requisito che un’officina, per considerarsi indipendente, debba essere immune da condizionamenti politici, giuridici o amministrativi: è ovvio che soltanto in una situazione di questo genere i Fratelli possono esprimere liberamente giudizi e opinioni. Ma è piuttosto dal punto di vista della libertà psicologica, di solito il più trascurato, che vorrei partire per queste umili riflessioni.
Indipendenza, nell’ordine pratico significa agire senza dipendere dagli altri, ed è senza dubbio una delle condizioni più felici che all’uomo sia concesso di vivere.
Alcuni giustamente la collegano ai concetti di emancipazione e maturità: tutti noi ricordiamo con piacere il momento in cui ci siamo garantiti l’indipendenza economica dalla nostra famiglia di origine, anche perché - almeno nel caso delle persone più fortunate -  ci ha consentito di scoprire un modo più puro di amare i nostri cari, senza più l’ombra della dipendenza e dell’interesse.
Nella vita, l’indipendenza di spirito è una delle qualità più essenziali: per chi ne sia sprovvisto è molto difficile trarre insegnamento dal confronto con gli altri, perché non sarà mai in grado di sviluppare con loro un rapporto sereno.
Se posso citare un esempio personale, quando insieme al compianto Fratello Massimo Vettese avviammo il progetto di introdurre dalla Francia la Massoneria del Marchio, la guida delle operazioni era completamente affidata a lui: perché viveva in Francia, perché parlava francese meglio di me, perché conosceva a menadito la geografia del Marchio e dei suo gradi laterali, mentre io ero ancora un novellino in materia, eccetera. Il fatto di dover dipendere da lui per tutte le decisioni fondamentali mi faceva sentire superfluo, e più di una volta ebbi la tentazione di lasciar perdere tutto.
Ma venne poi il giorno che Massimo, ancora in giovane età, venne a mancare - giorno di dolore insanabile per tutti i Fratelli del Marchio italiano, che non smetteranno mai di sentire la sua mancanza.
Che cosa potevo fare? Mi rimboccai le maniche e mi misi all’opera, sbagliando e facendo pasticci, ed imparando da ogni errore come non ripeterlo più; e adesso che il Marchio è una delle realtà emergenti della Massoneria italiana, guardo indietro e dico a me stesso che malgrado tutto ho fatto un buon lavoro.
Bene, soltanto dopo questa esperienza, forse un poco in ritardo rispetto ai normali tempi della vita, posso dire di aver conquistato la vera e piena indipendenza di spirito: quella che consente di continuare ad avanzare e salire anche - o forse, soprattutto - nei momenti più difficili.
Io credo che in questo il lavoro nel Marchio mi abbia aiutato molto, perché il mito centrale del grado è proprio fondato sul raggiungimento dell’indipendenza di spirito.
Già più volte vi ho fatto cenno su queste pagine, ma per chi non lo conosce lo ricorderò ancora una volta: alla Cava dove vengono preparate le Pietre per l’Edificazione del Tempio, un Compagno ha lavorato una Pietra di forma insolita, che gli sembra molto bella. Ma quando la presenta ai Tre Sovraintendenti costoro, invece di autorizzarlo ad apporre sulla Pietra il suo Marchio, la respingono con sdegno perché è troppo diversa dalle altre; somministrano poi al Compagno una bella lavata di capo, gli ordinano di buttarla tra gli scarti e lo rimandano alla Cava.
Dopodiché, l’Edificazione conoscerà un’improvvisa battuta di arresto perché non si trova la Chiave di Volta per completare un Arco; allora qualcuno si ricorderà di quell’episodio, la Pietra Perduta sarà recuperata ed installata al posto che gli spetta, ed al Fratello che era stato ingiustamente mobbizzato verranno tributati i dovuti onori.
Nell’articolo Riflessioni sul grado di Compagno d’Arte ho accennato, a come sembri dalla prima parte del racconto che il Compagno avesse preparato la Chiave di Volta senza essere consapevole di ciò che stava facendo: è stato infatti il Grande Sovraintendente dell’Universo a guidargli la mano, consentendogli di produrre una Pietra che è misteriosamente diversa da tutte le altre, ma al tempo stesso fondamentale perché l’Edificazione del Tempio sia proseguita.
Il fatto che neppure il Compagno si sia reso conto di aver creato un capolavoro risulta chiaramente dal suo incontro con tre Maestri, che - reputandosi migliori degli altri - sono caduti vittima della loro orgogliosa cecità intellettuale; al punto che, trovandosi di fronte alla magnifica Pietra che il Compagno gli presenta, poiché è diversa dalle altre decidono di buttarla via, senza che egli sia in grado di spiccicare due parole in difesa del proprio lavoro!
(“La pietra che i costruttori avevano scartato è diventata pietra angolare” - Salmo 117: 22).
A quanti di noi è già capitato di incontrare, nella Massoneria o nella vita, i Tre Sovraintendenti arroganti? Ahimè, quando un’officina ha la sfortuna di ospitare qualche Fratello così, tutte le virtù massoniche - Sapienza, Bellezza, Forza, Libertà, Uguaglianza, Fratellanza; ma soprattutto il valore dell’Amicizia, che per me è il vino della vita, come dice il noto proverbio chi trova un Amico trova un tesoro - sono già volate via.
In molti casi, l’arroganza sorge come una malintesa risposta all’egoismo che impera nella società. È comprensibile, in un certo senso, che una persona dal carattere inquieto - non il più forte ma il più debole, con una scarsa resistenza alle frustrazioni - senta l’impulso di reagire all’ingiustizia facendo sempre come gli pare, senza tenere in considerazione le opinioni, i desideri e le necessità altrui.
Andrà a finire che ci disinteresseremo del nostro prossimo fino al punto di evitare ogni seria relazione affettiva, perché in essa vedremo solo una forma di dipendenza; e ancora, ci fisseremo esclusivamente sulla nostra realizzazione personale, senza pensare che questo idolo a cui tutto sacrifichiamo potrà forse risplendere di oro e di gioielli, ma ha i piedi di argilla.
Sono sicuro che anche voi, come me, potete ricordare qualche metamorfosi del genere… accaduta a qualche Fratello tornata dopo tornata, sotto i vostri occhi!
Il passo successivo è che il Fratello convertirà la Fratellanza e la disponibilità in torbidi e raffinati metodi per acquistare controllo sugli altri.
Ma voi gli dovrete rispondere: come possiamo amare davvero le persone da cui dipendiamo? Come possiamo sentirci liberi nel momento in cui siamo schiavi? Hai già dimenticato gli insegnamenti fondamentali della nostra Istituzione? L’affetto verso il Fratello può sorgere soltanto quando la Fratellanza è vissuta nel rispetto della libertà e dell’indipendenza di tutti.

Quindi non accettate il loro gioco, magari per amor del quieto vivere o perché pensate che compiacerli sia il modo per neutralizzarli: loro non la pensano così! Più vi piegherete, più in segreto vi disprezzeranno.
Taluni pensano che con i metalli possono comprare e fare quello che vogliono (non c’è persona più vuota di chi è piena di sé, e tanto più povera di chi come valore ha soltanto il denaro!).
In quella loro mente vuota, malata di invidia e assetata di potere, pensano che ogni essere umano ha il suo prezzo; e questo, ahimè, potrebbe avere anche una sua verità… ma dimenticano una cosa molto importante: che né la stima, né l’onore, e tantomeno il grande valore dell’Amicizia possono essere comprati.

Perché nessuno può arrogarsi il merito di conoscere verità assolute, ma tutti siamo chiamati ad essere umili di fronte alla nostra ignoranza.
È in questo atteggiamento socratico che l’uomo può trovare la ricompensa al suo agire, e con essa l’onore e la libertà.
Il mito del Marchio ci insegna come l’indipendenza di spirito possa talvolta essere raggiunta solo per mezzo di esperienze negative e traumatiche (nel rituale, il percorso psicologico vissuto dal Compagno è messo in evidenza molto meglio di come io abbia saputo fare in poche parole), e di come l’uomo non possa raggiungerla se non dopo essersi proposto coraggiosamente agli altri, aver interagito con loro, essere stato loro vicino nel bene e nel male: un approccio che, in teoria, abbiamo tutti presente benissimo, ma sappiamo altrettanto bene che praticarlo serenamente è un’altra cosa.
Carissimi, Fratelli, l’indipendenza di spirito è la porta della consapevolezza: una sorta di simbolo del Fuoco Alchemico, che si alimenta in ogni attimo della nostra vita attraverso un rapporto con gli altri ben sorvegliato e bene equilibrato.
Non ci neghiamo agli altri e non ne dipendiamo, e ci comportiamo sempre con la stessa obbiettività nei confronti di tutti: amici o nemici, ricchi o poveri, belli o brutti, intelligenti o stupidi.
Certo, non è vietato alzare il livello della fiamma quando siamo emozionalmente più coinvolti, altrimenti diventeremmo dei robot; però le vampate delle emozioni sprecano carburante, e se il Fuoco si spegne riaccenderlo sarà difficile, perché saremo scontenti di noi stessi e sfiduciati delle nostre capacità.
Invece, se riusciamo a mantenerlo sempre alla giusta temperatura, il Fuoco della Consapevolezza ha un effetto cumulativo. Le scelte che ci sembravano difficili diventano un po' alla volta più facili, perché lo sviluppo dell’intuizione allontana i dubbi più angosciosi, quelli che erano per noi soltanto un inutile spreco di energia; la nostra forza interiore cresce, e la capacità di gestire in modo equilibrato il rapporto con gli altri diventa tutt’uno con la nostra abituale condizione di vita (una condizione sulla quale però non ci dovremo adagiare: perché… l’errore è sempre in agguato, pronto a rammentarci quanto sia sciocco indulgere al compiacimento per i nostri successi, se va a scapito dell’autocritica).
Così, quella particolare forma di trasmutazione interiore che conduce il Massone all’indipendenza di spirito si rivela essere una delle più nobili forme di cui il lavoro sulla nostra Pietra possa adornarsi.
Molte pagine interessanti sono state scritte in proposito: se ne possono trovare parecchie, ad opera di autori inglesi, che collegano questo tipo di lavoro alla meditazione sul mito del Marchio (cosa che io non sapevo ancora quando adottai questo procedimento spontaneamente).
Però, la bella teoria non deve farci dimenticare che il modo giusto per imparare a nuotare è… buttarsi a bagno: saper ascoltare la voce del nostro io interiore, non avere paura dei nostri sogni, lavorare per realizzarli e saper rialzarsi quando si cade.
Nell’ambito della Muratoria Operativa, il Marchio viene considerato un rituale protettivo volto a tutelare dai pericoli dell’individuazione, ovvero dall’orgoglio e dalla presunzione: infatti, per i Maestri del Marchio, viene del tutto naturale incanalare il proprio lavoro con quello degli altri senza rivalità o contrasto, e tutti ne traggono beneficio, gioia e soddisfazione.
Posso affermare, con tutta sincerità, che tutti i Fratelli accostatisi seriamente al Marchio hanno espresso il loro giudizio sul proprio miglioramento interiore con grande soddisfazione: tanto da faticare a credere di essere cambiati tanto radicalmente, sia nel modo di pensare che di agire, e di essere diventati più umili e tolleranti.
Questo ci induce a riflettere; ed a ricordare che, se sapremo lavorare dapprima su noi stessi , quindi  oltre il nostro prossimo, saremo ben ricompensati con la giusta paga. J.D. Milano 2018

LA PIETRA SCARTATA DAI COSTRUTTORI È DIVENTATA ANGOLARE.

LA NOSTRA PIETRA NON TROVERÀ  POSA FINO A QUANDO NON ABITERÀ NEL TUO CUORE .S. AGOSTINO 

18/05/2025

 

                                 AGAPAO

Benvenuti alla Grande Scuola degli Antichi Scalpellini Maestri Muratori del Marchio in Italia. 

RIFLESSIONI SUL SIMBOLISMO DELLA SQUADRA

M. V. e Ffr. tutti carissimi,

questa sera ho l'onore e il piacere di portare un contributo personale ai lavori di questa R. L.

All'Agape di una delle vostre istruttive tornate, conversai con l'ex M. V. sul fatto che vi sono persone portate allo studio delle materie letterarie e altre alle materie scientifiche. Poichè a me piacciono di più le materie scientifiche, il Fr. mi suggerì di scolpire una tavola sulla Geometria; invito che, come vedete, ho raccolto con entusiasmo e piacere, perchè da tempo avevo in mente di riflettere con Voi sull'attrezzo che, nella sua semplicità, è il più caro ai Maestri: la Squadra.

In Egitto, agli albori della civiltà, troviamo che Imhotep (2650 a.C.) aveva scoperto il modo di costruire un angolo retto perfetto (o Squadra) da un punto su una linea retta, usando una corda segnata nelle proporzioni di 3 a 4 a 5. Grazie a questa scoperta, gli Egiziani furono in grado di segnare i confini e di garantire orientazione e giustezza perfette ai loro Templi.

Gli antichi Greci, che consideravano la Geometria come il vero fondamento di ogni conoscenza, posero il simbolo della Squadra dentro la terza lettera dell'alfabeto, la Gamma; il nome di questa lettera significa "conoscenza della Squadra".

Pitagora, il grande Filosofo che fondò la sua scuola sullo studio della Geometria, espresse e sintetizzò la sacralità della Squadra nel suo famoso Teorema: in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Da questa base partì Euclide, scoprendo che con la Squadra si possono formare tutte le figure geometriche.

Un'altra meravigliosa scoperta di Euclide fu come formare un quadrato in qualsiasi posizione dello spazio partendo da un cerchio. Il suo ricordo è ancora presente nel Rituale Emulation di Apertura del Terzo Grado, laddove in risposta alla domanda del M. V. su come i Sorveglianti sperino di trovare "i veri segreti del Maestro Massone", la risposta è: "col centro" e non "nel centro", come apparentemente sarebbe più logico.

E' dimostrata la possibilità di costruire l'Esagono e il Pentagono a partire dal "Grande Simbolo" scoperto da Euclide nei suoi studi sulla Squadra, che (riassumendo) recita: quando, con eguale raggio, il centro di un arco giace sulla circonferenza dell'altro, si formano due triangoli equilateri. Dal Grande Simbolo si pensa che derivino due antichi e importanti Simboli dell'Arte Speculativa: la Stella a cinque punte di Compagno e il Doppio Triangolo o Rombo. Questa ipotesi mi è sempre sembrata più logica della supposizione alternativa, secondo cui essi sarebbero derivati dalla Stella di Davide o dal Sigillo di Salomone.

Un'attenzione particolare merita il Rombo - formato da quattro Squadre - che costituisce uno dei più antichi simboli massonici; ma non si è sicuri del suo primitivo significato. C'è chi pensa che fosse la rappresentazione di un antico strumento antenato del Maglietto, che invece suppone che il rapporto tra Quadrato e Rombo fosse considerato la proiezione bidimensionale di quello esistente tra la Pietra Squadrata e la Pietra Grezza.

Il Rombo può anche essere considerato la sezione di una figura formata da due coni contrapposti. Proviamo a immaginare il corso del tempo come segmento orizzontale, che parte dal Big Bang e termina alla fine del mondo; la Creazione si diffonde intorno al suo asse, espandendosi in una circonferenza sempre più ampia. A metà esatta del segmento raggiunge il diametro massimo, prima di cominciare a contrarsi fino a rifluire nuovamente in u solo punto.

In questa figura, il centro della circonferenza più ampia che si trova a metà del segmento rappresenta la Loggia, idealmente collocata al centro della Croce formata dalle coordinate del Tempo e dello Spazio.

Ruotiamo ora di novanta gradi sul loro asse i nostri due coni opposti. Ecco, ora l'asse della figura verticale, e il piano su cui ci troviamo separa i due coni, uno orientato in alto e l'altro in basso.

Al vertice del cono superiore, il G. A. D. U. stringe tra le dita il Filo a Piombo, che scende fino al nostro Tempio; il vertice del cono inferiore è invece collocato al Centro della Terra, dove si trova un passaggio attraverso il quale tutti noi siamo transitati, nel giorno in cui le porte del mondo profano si sono chiuse alle nostre spalle; come avrete già capito, mi riferisco al Gabinetto di Riflessioni usato nel rituale Scozzese. Anche il Fr. Guénon mostrò le corrispondenze simboliche di questa raffigurazione con 'esperienza iniziatica, col simbolismo dell'Alchimia e soprattutto con la teoria indù dei cicli cosmici.

Nelle Logge e anche nei nostri rituali odierni, il simbolo della Squadra predomina su qualsiasi altro simbolo su cui è fondata l'etica.

Esso è una delle tre Grandi Luci. E' uno strumento di lavoro dell'operaio e il segno sia di Maestro, di Compagno che di Apprendista: infatti tutti i movimenti o segni avvengono formando una squadra con le mani, le braccia e i piedi.

Questo è solo uno spunto sul simbolismo della Squadra riferito all'Iniziazione, che senza dubbio parecchi di Voi sapranno sviluppare meglio di quanto io non possa fare.

Grazie M. V. ho detto.

Fr. G. D.

Tavola Architettonica letta nella tornata di Loggia del 25/2/2008 di E. V.

 

RIFLESSIONI SUL SIMBOLISMO DEL COMPASSO

M:. V:. e Carissimi Ffr:. ,

Dopo la mia tavola sulla Squadra, il Carissimo e Risp:.mo Fr:. S. mi suggerì di farne una sul Compasso, invito che ho raccolto con entusiasmo perché l'argomento mi piace molto: si tratta di un’altra delle Tre Luci  con cui noi iniziamo, passiamo, eleviamo e lavoriamo.

L’oggetto di cui trattiamo è un antichissimo strumento geometrico da disegno, già in uso presso i creatori della Geometria: secondo la leggenda venne inventato da Acale, nipote di Dedalo e quindi cugino di Icaro.

Nella Massoneria operativa, la sua funzione è quella di consentire al Maestro Muratore di accertare e determinare i limiti e le proporzioni delle diverse parti con accuratezza e precisione; ma poiché noi siamo Muratori liberi e accettati o speculativi, la nostra consuetudine è quella di applicare le analogie suggerite dagli attrezzi al piano simbolico e morale.

Innumerevoli sono gli aspetti simbolici correlati a questo piccolo e semplice attrezzo, tanto che un libro non basterebbe ad elencarli tutti : qui mi limito ad accennare ad alcuni dei più importanti.

Nella tavola sulla Squadra avevo scritto che essa è lo strumento più amato dai Maestri, e questo senza dubbio è vero; il Compasso, però,  è quello che più di tutti simboleggia la loro disposizione ad allargare la propria visione dell’Universo. La sua “apertura” esprime infatti il corretto atteggiamento dei Massoni nei confronti dei Fratelli e di tutta l’Umanità.

La circonferenza che esso traccia. è la figura geometrica nella quale non è dato distinguere il principio dalla fine, simbolo dell’eternità e quindi di perfezione.

In quanto strumento dell’intelligenza che crea pianificando, è anche simbolo di energia creatrice attiva e di attività intellettuale; di intelligenza, equità, temperanza, prudenza, giustizia, sincerità e verità, tutte virtù fondate sul senso della misura. Per questo di un uomo si dice che è “compassato” quando sa ben ponderare le sue azioni.

Affinché il Maestro Venerabile possa dichiarare aperti i lavori, è indispensabile che il Primo Sorvegliante abbia sistemato ritualmente

le Tre Luci,che sono appunto il Compasso, la Squadra e il Libro Sacro.

Inoltre nella cerimonia di Iniziazione, al momento in cui il neofita, dovrà leggere la formula del giuramento (o promessa solenne) che lo lega all'Istituzione Massonica, gli viene poggiata la punta del compasso sul petto ; per significare che da quel momento tutte le sue azioni devono essere ispirate all'ordine, all'armonia e alla razionalità.

E’ da notare che Squadra e Compasso sono sovrapposti, e non sottoposti, al Libro Sacro ; perché è dovere del Libero Muratore sottoporre le proprie concezioni religiose al vaglio della Ragione.

Nel 1797, Lorenzo Mascheroni dimostrò la possibilità di realizzare tutte le costruzioni della geometria euclidea senza la Squadra e mediante l’uso del solo Compasso (Mascheroni, «insigne matematico, leggiadro poeta ed ottimo cittadino»come lo definì con un po' di enfasi Vincenzo Monti, era nato a Castagneta, un sobborgo di Bergamo nel 1750).  Mascheroni  insegnò algebra e geometria all'Università di Pavia, università di cui divenne rettore. (Morì a Parigi nel 1800).

Da questo, i Liberi Muratori dell’epoca videro confermata la tradizione per cui le posizioni relative del Compasso e della Squadra sul Libro Sacro manifestano i tre diversi stati nei quali il Massone si può trovare ; i Fratelli Maestri mi vorranno perdonare se non scendo in maggiori dettagli, in considerazione del Grado in cui lavoriamo.

I Simboli di Squadra e Compasso, uniti insieme, rappresentano il modello di sintesi operativa nella nostra ricerca della conoscenza, fatto di rigorosità di giudizio e di desiderio di libertà interiore.

E’ pure da osservare che, posti in relazione tra loro, corrispondono palesemente al Cerchio e al Quadrato, ovvero al Cielo e alla Terra.

Perché, il Compasso è più specificamente in rapporto con la determinazione del Tempo e la Squadra con quella dello Spazio : sono queste, Carissimi Fratelli, le due grandi coordinate dell’armonico progetto concepito, tracciato e messo in opera dal G:. A:. D:. U:. , la cui benevola Luce sempre illumina i nostri umili lavori.

Concludo ricordando, innanzitutto a me stesso, che la perfezione delle figure tracciate col Compasso ci rammenta tacitamente l’infallibile ed imparziale giustizia del G.. A:. D:. U:. .

Fratelli miei, cerchiamo di esserne degni : non  dimentichiamoci mai, anche nel mondo profano, l’onore di essere Massoni.

Grazie M. V. ho detto.

Fr. G. D.

Tavola Architettonica letta nella tornata di Loggia del 9/5/2008 di E. V.

Il PATER in Massoneria :

Osservo, preliminarmente, che la preghiera si compone di due parti. La prima contiene l’identificazione della divinità, la sua essenza, la sua azione in questo mondo; la seconda, invece, attiene al rapporto che intercorre con l’uomo ed alle modalità comportamentali di quest’ultimo.

Padre nostro, che sei nei cieli. S’incomincia con l’invocazione al Padre, facendo seguire il sostantivo dall’aggettivo “nostro”, cioè “di tutti noi”. L’aggettivazione è oltremodo significativa, perché sottolinea la comunione universale fra tutte le creature. Questa interpretazione è rafforzata dalla proposizione susseguente: “che sei nei cieli”, al plurale, quindi. Perché? Anche chi non è addentro all’astrologia, come il sottoscritto, si è imbattuto in altre occasioni in questa terminologia. Ricordo che nella Divina Commedia la struttura del Paradiso è formata da nove sfere, o ‘cieli’, che prendono il nome dei pianeti allora conosciuti, ai quali si aggiungono il cielo del Sole, della Luna e quello delle Stelle Fisse; tutti questi cieli sono contenuti in quello del Primo Mobile, che li trascina nel movimento; infine l’Empireo.

Nell’astrologia tradizionale i pianeti e le stelle vengono in considerazione non tanto per sé, quanto per la funzione che svolgono sull’uomo e sull’ambiente; indicando i “cieli” s’intende quindi fare riferimento alla funzione armonizzatrice della divinità in ogni aspetto della creazione, considerata unitariamente, sì da apparire una teofania: cæli enarrant gloriam Dei, canta il Salmista, cioè la natura, il mondo, l’universo intero esaltano la gloria di Dio, del quale sono un’emanazione. Sarebbe superficiale identificare questa concezione come “panteismo”, credo invece sia più esatto definirla “panenteismo”, pàn en theò, tutto è in Dio.

Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà. Se la traduzione latina ci lascia perplessi, quella italiana ancor di più.
La forma verbale adoperata nella Vulgata è il congiuntivo esortativo, laddove in greco si adopera l’imperativo aoristo passivo. Il tempo aoristo – aorìstos chrònos – indica l’azione accaduta in un tempo indefinito; la parola “aoristo” etimologicamente significa “senza mettere confini”, a-orìzein. Una forma particolare di questo tempo, usata per indicare un’azione extra-temporale, è quella dell’aoristo “gnomico”, da ghnòme, sentenza: veniva usato per conferire autorità al discorso, indicando una verità o una norma, legale o di vita. La lingua greca è molto ricca di sfumature, sicché la traduzione necessita spesso di perifrasi, come ben sanno gli studenti.

Tutto ciò significa che tutte le azioni, alle quali l’orazione si riferisce, non devono auspicabilmente accadere in futuro, bensì che sono state già compiute, una volta per tutte, in una dimensione eterna, atemporale, nel tempo senza tempo!

Assolutamente fuorviante è la traduzione italiana “sia fatta la tua volontà”, quasi che sia compito dell’orante operare o cooperare per questo scopo. Tanto il latino fieri quanto il greco ghìghnomai significano principalmente “essere”, “nascere”, “divenire”, “compiersi”. Inoltre, nel testo greco l’azione verbale è espressa nella seconda persona singolare: il soggetto che l’ha compiuta è quindi il medesimo Padre al quale ci si rivolge, intendendosi così che Egli ha voluto che il suo nome fosse santificato, il suo regno instaurato, la sua volontà compiuta!
Come in cielo così in terra. Questa volta “cielo” è singolare, in antitesi a “terra”, per rendere meglio l’idea della verticalità, il filo a piombo del Grande Architetto, il sûtrâtmâdella tradizione indù, simbolo ‘assiale’ della manifestazione, il quale unisce fra loro gli stati molteplici dell’Essere e li congiunge contemporaneamente al Principio superiore, dal quale provengono ed al quale armoniosamente si ricongiungono.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. In Matteo, testo latino, non si usa l’aggettivo “quotidiano”, bensì supersubstantialem, “che sta sopra la sostanza”, dunque spirituale; nel testo greco epioùsion, participio presente di epeimi, “sopravvenire”, “sopraggiungere”, in questo senso “quotidiano”; ma anche di epeimì, letteralmente: “che sta sopra: epì – l’essere: eimì”. L’avverbio sémeron significa “oggi”, “ogni giorno”, esprimendo compiutamente l’idea della quotidianità. Azzardo allora la seguente traduzione: dacci oggi il nostro nutrimento spirituale, che è ben diverso dalla pagnotta. Forse, però, entrambe le traduzioni sono esatte: tutto dipende dall’evoluzione spirituale raggiunta da chi chiede.

Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Anche su questo punto c’è qualcosa da dire. Innanzitutto, tanto la traduzione italiana “rimettiamo”, quanto quella latina dimittimus, è errata: nel testo greco è scritto afékamen che è la forma verbale del tempo perfetto: si deve quindi tradurre “abbiamo rimesso”. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Gesù era un ebreo, come tale aveva un fortissimo senso della giustizia: non si può chiedere per sé più di quanto non si sia già dato agli altri. Ma è tutto qui? Credo si possa aggiungere qualcosa d’altro.

Innanzi tutto, il sostantivo ofeléimata è stato esattamente tradotto “debiti”, ma si sarebbe potuto rendere anche “obblighi”. “Obbligo” è ciò che ci “lega” (ob-ligo). C’è una differenza, il debito essendo conseguenza dell’obbligo. “Rimetti” è la traduzione di àfes, letteralmente “portare via, lontano; rimuovere”. Giustamente, allora, Arnold Bittlinger propone un’interpretazione psicoanalitica: rimuovi ciò che ci lega (male) gli uni agli altri, cioè il rancore che ci corrode all’interno e che ci fa vivere male, facendoci sprecare energia. È un concetto ben noto ai buddisti, i quali insegnano il valore della meditazione, la cui pratica serve per purgare la mente dalle negatività che ci causano frustrazioni e sofferenze. Inoltre, recenti studi in campo medico hanno dimostrato la connessione esistente tra le malattie “dell’anima” ed i tumori, perché la corrosione interiore provocata dalle prime altera il processo di rinnovamento biochimico delle cellule, che così restano maggiormente esposte al rischio di degenerazione tumorale. In questo senso, il perdono appare cosa assai diversa da quella propostaci dall’imperante buonismo: si può perdonare, si può cioè rimuovere il ‘legame’, senza per questo aprire le porte delle carceri a chi non ha dato alcuna prova di pentimento per il passato e di ravvedimento per il futuro.

Non ci indurre in tentazione, ormai Non abbandonarci alle tentazioni,ma liberaci dal male. Anche questa traduzione ci lascia del tutto insoddisfatti, se non addirittura sconcertati. Non riusciremo mai a capire come la massima espressione d’amore possa giocare crudelmente con noi, sue imperfette creature, tentandoci per vedere se ci caschiamo e magari rallegrarsene. Di una simile divinità non sentiamo proprio il bisogno.

In realtà, peirasmòn ha il significato di “prova”; il verbo peiràzo significa “mettere alla prova”. La prova è concettualmente cosa diversa dalla tentazione, non c’è la spinta verso il male; Giobbe fu messo alla prova, Eva fu invece tentata dal serpente; il soggetto messo alla prova conserva sempre la libertà di scegliere tra il bene ed il male, senza ricevere sollecitazioni né in un senso né in un altro.

Il ‘male’ di cui si parla è solo quello metafisico? O non è anche il “male di vivere”, quello, quotidiano, esistenziale, che può farci pensare di essere stati abbandonati dal Padre al nostro destino? Il dubbio è legittimo: nell’Apocalisse le battaglie escatologiche sono precedute da eventi catastrofici quali guerre, pestilenze, carestie, ecc., che toccano da vicino la condizione umana. Non si può neppure escludere che nella mente dell’ebreo Gesù pesassero inconsciamente i ricordi delle umiliazioni patite dal suo popolo in Egitto, delle fatiche causate dalla traversata del deserto, delle sofferenze dell’esilio babilonese; ovviamente nulla a confronto della Shoà che sarebbe sopravvenuta dopo quasi duemila anni. Ma, anche senza giungere a tanto, sappiamo purtroppo che la vita ci offre innumerevoli esempi di prove che, alla lunga, possono compromettere irreparabilmente il nostro equilibrio psicofisico. Sarebbe perciò sufficiente che queste prove ci fossero risparmiate o, almeno, che ci fosse dato sufficiente sostegno per superarle indenni, se non nel corpo, almeno nello spirito.

  • Proprio questo, come iniziati, credo si debba chiedere al Grande Architetto. Consci che il nostro sé individuale è una parte del Sé universale, dobbiamo pregare per trovare in noi stessi la ‘forza’ necessaria per non smarrire questa consapevolezza, per essere sempre sorretti dalla volontà di procedere, anche tra mille ostacoli ed altrettante insidie, nel nostro lungo, doloroso ma pur sempre cosciente e fecondo cammino verso il Tempio radioso che racchiude i valori eterni dell’Armonia e dell’Amore universale. Tratto da Rito Simbolico.

IL TRADIMENTO

Tradire un fratello, una sorella, un'intera Loggia, tradire il proprio M.V. implica fatalmente una rottura esistenziale, che il perdono potrebbe comprendere ma non cancellare. La Massoneria condanna inesorabilmente il tradimento, lasciando ai massoni l’umana possibilità di redimerlo nella pietas e nella tolleranza. Ma in gioco c’è un ancestrale errore ontologico nella genesi stessa : Tradire soprattutto se stessi 

 

 

A prescindere da una sua collocazione tematica – psicoanalitica, esoterica, storica, morale – il tradimento rappresenta un improvviso cambiamento, spesso appunto traumatico.

Esso cambia improvvisamente la prospettiva di chi sta osservando.

Nell’ambito quindi di un movimento, ovvero di una dialettica intesa come il susseguirsi di due stati tra loro antagonisti, un prima ed un dopo il tradimento, si pone a completamento del ragionamento un altro fondamentale elemento: il concetto del  perdono.

Quest’ultimo è indicato letterariamente come il momento successivo al tradimento.

Cosa è dunque il perdono?

  • Un momento di crescita interiore perché il perdono è prodotto da nostro più intimo sentire.
  • Una manifestazione di potere (solo Dio può perdonare e chi perdona si appropria di un potere assoluto, divino), perché far tornare le cose come prima (cui mira appunto il perdono) è il potere di agire sull’unicità del tempo, sul suo scorrere, facendolo arrotolare su se stesso.
  • Un riconoscimento, finalmente, dell’altro che con il suo tradimento ci aveva urlato di guardarlo; ci diceva tu non mi stai vedendo, mi guardi ma non mi vedi.
  • E’ l’accettazione del presente.

Chi tradisce dunque mira al perdono?

O il perdono, proprio perché non si può agire sul divenire né sul tempo facendolo tornare indietro, è di fatto una chimera, o implica una malevole illusione come falso movimento dialettico che non porta ad alcuna crescita.

Quindi il tradimento non mira al perdono, né il perdono è funzionale al tradimento, ma si tratta solo della semplice coesistenza di due realtà, in cui il perdono non è il tentativo di tornare ad un prima (torniamo ad amarsi come prima del tradimento) ma piuttosto l’accettazione del dopo e dell’adesso.

Un fratello ha parlato del tradimento del tempo e dell’età. In questo caso il perdono non può certo farci tornare giovani, ma significa piuttosto accettare la vecchiaia.

F:. C:.

 

Le Bon Accord 

La genesi della Gran Loggia del Marchio è direttamente collegata alle vicende della sua loggia madre: la Bon Accord alle cave di Londra.

Un inciso è necessario per spiegare come mai al giorno d'oggi, nella numerazione ufficiale delle Logge del Marchii la Bon Accord non figura con il numero 1. Tale numero è ,infatti , assegnato alla The Mark ufficialmente considerata la Loggia Madre , mentre la Bon Accord è la Old Kent godono dello status di Times Immemorial : sono cioè al di fuori della numerazione.

Times Immemorial dovrebbero essere le officine le cui origini sono talmente antiche da non essere precisamente individuabili: non è di certo il caso della Bon Accordi , come dal seguito della nostra storia risulterà evidente. Ed allora? 
min realtà, si tratti di un compromesso politico, generato dal fatto che alla Gran Loggia Unita d'Inghilterra faceva comodo avvallare - ed affidare alla storia - la tesi che la nascita della Gran Loggia del Marchio sia stata un processo armonico, un'automatica derivazione della pratica del Marchio all'Obbedienza del Supremo Gran Capitolo dell'Arco Reale di Scozia . Ma la realtà non fu questa.

La verità è che la nascita della Bon Accord fu propiziata e sostenuta da fratelli aventi come disegno la riunificazione e la regolarizzazione del grado del Marchio a livello nazionale; ma riguardo alla modalità secondo cui tali obiettivi dovevano essere perseguiti , le opinioni erano diverse. 
Ne venne fuori una vicenda travagliata e ricca di colpi di scena , per seguire la quale dal principio , occorrerà trasferirci in Scozia .

To be continued...

Nelle oscure prigioni” in cui la Massoneria tenta incessantemente di rinchiudere i vizi più malevoli dell’Umanità, l’antro più profondo spetta senzaltro al Tradimento, il crimine morale (con riflessi anche inevitabilmente materiali) più esplicitamente vituperato dagli stessi rituali e dai codici massonici, esattamente come avviene anche nella Divina Commedia di Dante che assegna ai traditori (a vario titolo) le zone più infime dell’Inferno descritte negli ultimi tre canti (dal 30 al 33) allorchè raggiunge il nono ed ultimo cerchio delle dannazioni, laddove il peccato del tradimento diviene un tutt’uno con la massima espressione del male, ovvero nell’estremo lembo dell’Inferno in cui Lucifero trangugia con le sue tre bocche Giuda Iscariota, Bruto e Cassio, tre figure nelle quali non è difficile intravvedere la trasfigurazione dei tre sciagurati Compagni (Jubelos, Jubelum e Jubela) che tradirono e uccisero il mitico Hiram, ovvero i tre protagonisti del cosiddetto “peccato originale” massonico che ha separato per sempre la Libera Muratoria dalla fonte incontaminata della Tradizione originaria, spezzando la Parola che consentiva di accedere al suo segreto.

Il tradimento inchioda per sempre i traditori alla loro colpa. Per loro non ci sono fiamme che comunque consumerebbero peccato e peccatore. Per i traditori Dante ha previsto l’eterna fissità del ghiaccio in cui sono immersi, per sempre legati alla propria dannazione. Anche i tre Grandi Traditori nelle fauci di Lucifero in realtà vengono eternamente masticati e mai effettivamente trangugiati e digeriti. Come a dire che il tradimento è incancellabile e indigeribile. Da esso e dalle sue conseguenze, insomma, non ci si può staccare.

Come per la Divina Commedia, anche nella ritualità e negli ordinamenti massonici l’odioso Tradimento è esecrato e punito in modalità diverse e graduali.

Il primo grado è riservato a quelli che Dante definirebbe “traditori di chi si fida di loro”, ovvero ai fratelli che tradiscono i fratelli.

Il monito e la punizione di questo tradimento sono ben chiariti fin dai primi passi che l’iniziando compie fra le colonne del tempio massonico, allorchè presta la sua prima promessa sulla Coppa delle Libagioni ed al momento stesso in cui pronuncia la successiva promessa solenne che lo rende massone fra i massoni per tutta la vita.

Promesse che lo vincolano al rispetto assoluto della parola data e degli impegni civili e morali assunti con la propria iniziazione, pena l’esser perseguitato e punito in punta di spada da tutti gli altri fratelli che l’hanno accolto con fiducia all’interno della Loggia.

Diversi “nemici” della massoneria hanno a lungo fantasticato sui “tremendi castighi” che la massoneria riserverebbe ai fratelli che l’abbandonano e infrangono il vincolo di segretezza, soprattutto sull’identità degli altri liberi muratori.

Esponenti religiosi hanno fatto spesso pubbliche allusioni a truci e sanguinose vendette massoniche che prevederebbero “gole tagliate” e addirittura “scorticamenti”, citando antichi e desueti rituali, omettendo di considerare il valore puramente metaforico di certe espressioni.

Di fatto, facendo anche sforzi di memoria, non sovviene alcun dato storico, alcun aneddoto, che possa suffragare il senso letterale di simili espressioni di cruento castigo del tradimento massonico. Forse l’unico caso, per altro dubbio, di una ritorsione così estrema per la violazione di un segreto iniziatico ci porterebbe indietro di oltre duemilacinquencento anni, ai tempi di Pitagora, e riguarderebbe l’uccisione di Ippaso di Metaponto che avrebbe rivelato l’esistenza dei numeri irrazionali. Ma è più probabile che i seguaci di Pitagora si fossero limitati, come era loro consuetudine, a scavare una tomba (naturalmente vuota) davanti alla casa del transfuga a titolo di monito, con la consegna di escluderlo da ogni successivo contatto con gli altri iniziati della scuola pitagorica. In questo modo il traditore diveniva una sorta di morto fra i viventi, in questo caso fra i suoi ex confratelli. Come si vede una punizione essenzialmente “metaforica”, anche se non priva di effetti severi, ben lontana comunque da ogni espressione sanguinaria che sarebbe stata per altro in aperta contraddizione con la filosofia dello stesso Pitagora, improntata sull’Armonia e la Tolleranza Universale, tanto che molti l’hanno considerato addirittura un precursore dell’esoterismo cristiano.

Il “bando pitagorico” assomiglia del resto strettamente al “cherem” in uso nelle comunità ebraiche che costituiva una specie di morte virtuale di chi ne era colpito, con il quale più nessun ebreo avrebbe potuto anche semplicemente rivolgergli né la parola né uno sguardo. Fu questa la punizione, una sorta di esilio all’interno della stessa comunità israelitica, che colpì il povero Baruk Spinoza, nel 1656, reo di una visione gnostica della religione, e addirittura di una visione sarcastica degli infiniti precetti e degli altrettanto infiniti divieti che lo stesso ebraismo imponeva ai suoi osservanti (“nient’altro che pratiche di controllo sociale da parte del clero”, secondo il pensiero di Spinoza, che proprio non concepiva un Dio così intento a curarsi, ed a risentirsi, del rigoroso rispetto di tanti minuziosi dettagli, apparentemente più profani che spirituali).

 

Eppure probabilmente la gravità nel sanzionare, almeno moralmente, il tradimento fra massoni ha avuto un preciso fondamento. E non si può escludere che la stessa Massoneria si sia trovata, nel tempo, a doversi difendere da delazioni e denunce, specialmente ai tempi del Regno Temporale del Papato e per tutta l’epopea risorgimentale, quando essere denunciati come massoni poteva significare la condanna a morte, la confisca dei propri beni senza alcuna possibilità di grazia, mentre per i propri parenti, confratelli, amici o semplici locatari di appartamenti adibiti a loggia, la pena “per complicità” poteva assommare ad una multa di ben mille scudi d’oro (un’enormità, equivalente a circa un milione di euro odierni) per arrivare alla demolizione della propria casa (1739, editto del Cardinale Cirrao, contro le “conventicole di liberi muratori sospetti di occulta eresia”). Occorreva pertanto difendersi. Da questo deriva l’alone di segretezza, per altro forzata, che viene attribuito ancora oggi alla massoneria, nonostante tutti gli sforzi di apertura compiuti in questi ultimi anni.

Un’altra forma di Tradimento categoricamente punita, fino all’estromissione dall’Ordine, è poi quella che riguarda la sfera dei legami sentimentali dei fratelli, ovvero l’insidia alle loro mogli. Un tradimento non certo nuovo nell’ambito profano, ma che in massoneria diventa un tradimento doppiamente grave. Ed è uno dei pochi casi che possono portare alla revoca del crisma dell’iniziazione.

Non altrettanto severamente è sanzionato in Massoneria il tradimento dell’impegno (giurato) di rispettare l’Ordinamento e le Autorità del proprio Stato. In casi simili il fratello “traditore” può essere espulso dalla Loggia e dall’Ordine, ma non perde in ogni caso il crisma di Iniziato. Se così non fosse la stessa Massoneria non potrebbe certo vantarsi dei tanti “ribelli” che hanno lottato per la libertà dei popoli e per l’avvento delle democrazie. Una forza propulsiva di cui la Massoneria non è stata direttamente protagonista attiva, quanto lo sono stati uomini che dai suoi principi hanno tratto forza ed ispirazione.

Ma c’è un Tradimento più grave ed assoluto contro il quale da sempre, fin dalle sue origini remote, la Massoneria concentra tutte le sue energie esoteriche e simboliche per emendarlo e sottrarre ad esso ed alle sue conseguenze l’intera umanità.

Un tradimento il cui contrasto costituisce forse la più autentica e segreta missione di tutta la Libera Muratoria Universale, allorchè consacra tutti i suoi architettonici lavori al bene dell’Umanità ed alla gloria del Grande Architetto dell’Universo.

Riporto a questo punto un concetto già espresso in una mia precedente tavola sul senso massonico della vendetta:  Se identifichiamo la “Costruzione del Tempio” con il processo della Genesi, cioè della Creazione, non possiamo non notare che l’assassinio di Hiram è paragonabile ad una tragedia cosmica che devia, altera, la Formazione del Mondo. Un errore ontologico s’insinua nella Creazione. E’ il Male che diventa una componente non più relativa, ma insita nella manifestazione della Vita. Impossibile eliminarlo, quanto meno aggirarlo, con mezzi semplicemente umani, profani. Occorre un riavvolgimento iniziatico della Genesi e della Tradizione, possibile solo con il ritrovamento della Parola Perduta.

Vendicarsi dell’Errore ed eliminare il Male: è questo che i Massoni tentano di fare dagli albori dell’umanità, con la forza e l’energia dei propri principi quando vengono realmente incarnati da chi si sottopone ed assorbe il perfezionamento iniziatico dispensato dalla “macchina del Tempio massonico” incessantemente in funzione nei secoli.

E non bisogna stupirsi se quest’opera di riparazione dell’errore primordiale nella creazione/evoluzione dell’Uomo avvenga attraverso la Libera Muratoria, per sua stessa definizione l’arte di costruire. Perché è quest’arte che consente di replicare (e se possibile rettificare, completando la Grande Opera) la Genesi del Cosmo, o quanto meno del genere umano.

Che questo “errore” ci sia è indubitabile. Non si spiega altrimenti il fatto che solo l’Uomo sia caratterizzato da una violenza insista nelle sue caratteristiche biologiche che non si riscontra in alcun’altra specie o creatura vivente. Come osserva Mauro Biglino (“La Bibbia non parla di Dio”) negli altri animali, anche nei primati con cui condividiamo probabilmente un antenato comune, la violenza è sempre una risposta adattativa a problematiche connesse con la sopravvivenza, ed è inoltre circoscritta e ritualizzata al fine di conseguire vantaggi biologici ed evolutivi. Solo nell’essere umano la violenza non è né circoscritta né ritualizzata e tende più alla distruzione tout court che alla sopravvivenza.  Solo nell’Uomo la violenza di specie sembra spesso, troppo spesso, una sorta di “risposta automatica” ad un antico “insulto”, senz’altro beneficio se non quello della sua esternalizzazione liberatoria.

 

L’Uomo, insomma, sembra geneticamente condannato alla violenza. La propensione alla guerra ne è una conseguenza (rilevabile anche in tempi di pace attraverso altri comportamenti collettivi come ad esempio la violenza negli stadi, per citarne uno fra tanti).

L’unico antidoto esistenziale fornito finora all’Umanità sono state da un lato le religioni,  dall’altro il perfezionamento iniziatico di scuole di vita come appunto la Massoneria.

Non è un caso che tutte le più antiche civiltà siano sorte accanto a grandi fiumi e che tutte le loro religioni parlino di un Dio che crea l’uomo impastandolo nel fango: così ha fatto il Dio della Bibbia, così ha fatto l’egiziano Khnum, così come ha creato l’umanità il sumero Dumuzi.

Quando l’uomo, poi, cominciò a costruire case, villaggi e città impastando a sua volta mattoni con il fango, e cuocendoli nel Fuoco, ritenne  di emulare il Divino, di appropriarsi di un privilegio creativo… per questo alle costruzioni umane ed agli Architetti, fin dai tempi più antichi, sono stati attribuiti poteri straordinari. Dall’egiziano Imothep allo stesso Hiram. Per questo l’architettura conserva questo potentissimo simbolismo iniziatico, che l’ha evoluta nel tempo nella “libera muratoria” e quindi nella “massoneria”, che non a caso inneggia  ad un Grande Architetto dell’Universo.

E su questo piano la Massoneria affronta da sempre un altro grande tradimento dell’Umanità, quello di gran parte delle cosiddette “religioni rivelate”, e soprattutto delle classi sacerdotali che ne hanno spesso manipolato e travisato gli insegnamenti a proprio esclusivo vantaggio di casta.

Già nell’antica Grecia degli Dei Olimpici questa manipolazione avveniva attraverso “trucchi tecnologici” perpetuati all’interno dei Templi, dove si sono scoperti macchingegni creati da grandi ingegneri dell’epoca per creare effetti speciali di suoni, levitazioni di statue e uomini, eccetera, finalizzati ad incutere soggezione e sottomissione nei fedeli (ed a percepire solide offerte economiche). E’ stato così in epoca cristiana anche con il culto dei santi taumaturgici e delle reliquie o cose simili (ivi compresi improbabili miracoli).

Ogni Credo poi ha creato propri recinti contrapposti (creando anche il concetto di un popolo eletto), dividendo anziché congiungere l’umanità che ha passato millenni a dissanguarsi in guerre di religione, spesso anche all’interno delle singole fedi.

Non a caso un campione dello gnosticismo come Federico II non esitava a definire Mosè, Gesù e Maometto come i tre grandi impostori dell’Umanità. Ma in realtà l’impostura ed il tradimento spesso è stato ordito da chi ha fatto della fede (o delle fedi) uno strumento di potere terreno, un tradimento compiuto dalle teocrazie che ad ogni latitudine hanno travisato gli insegnamenti dei loro stessi Maestri originari, delle loro stesse divinità. A cominciare dalla Bibbia, che se interpretata letteralmente senza acrobazie teologiche per estrarne un’essenza divina, si riduce ad un’elencazione di stragi e genocidi guerrieri, non tanto dissimili da quelli compiuti in nome degli Dei pagani descritti nei poemi omerici.

Dire che le grandi religioni “profane” hanno tradito l’innata esigenza di spiritualità e trascendenza su cui si basa la speranza di redenzione e miglioramento dell’Umanità, è dire poco.

Un’esigenza antica, atavica, comune a tutte le genti. Solo la Massoneria ha elaborato e conservato un concetto universale di questa aspirazione divina che si riversa nel Grande Architetto dell’Universo, l’unica espressione trascendente che affratella tutti gli uomini, indipendentemente dalle singole inclinazioni religiose, l’unico concetto monoteistico che unisce anziché separare i credenti (e perfino i non credenti) sulla base delle tante cose che li accomunano nella ricerca del Bene, piuttosto dei miseri dettagli, spesso assurdamente solo formali, che li dividono.

La Massoneria, così come gli antichi Misteri di cui si è alimentata, è nata proprio per difendere il principio del vero monoteismo e dell’immortalità dell’anima. Il Grande Architetto riassume tutto ciò.

 

La battaglia essenziale fra la Massoneria ed il grande tradimento delle religioni e della storia si compie proprio nel 30simo grado scozzese, in cui il massone mette definitivamente alla prova i propri principi, lasciando in nome di essi libero di andarsene del tutto indenne  il sicofante De Florian, poi forte della propria coerenza abbattendo le colonne del tempio, di ogni tempio,  così da rendere immune il proprio spirito da ogni condizionamento settario.

Il concetto di Dio è ormai saldamente dentro di sé. Il massone, divenuto Cavaliere Kadosh, non ha bisogno di alcuna sovrastruttura (di nessuna chiesa, di nessun tempio) per estrinsecarlo. Può affrontare il mondo senza pregiudizi divisivi. Apparentemente senza più guide o colonne a delimitarne il cammino. Pronto a ricevere nei gradi successivi il “vero” messaggio unificante e universale, finalmente non travisato, di tutte le  Grandi Guide Spirituali che hanno illuminato il cammino dell’Uomo. Un nuovo incontro spirituale che avviene non più su fronti contrapposti, ma nello stesso accampamento, ancora solo simbolico e celeste, che spetta al massone con tutto il suo impegno rendere nuovamente e definitivamente terrestre. E così il Grande Tradimento sarà vendicato.

A:. Mu:.

 

12/05/2024 - 13/05/2024 

To my daughter

To my V. M :.

Rende 10/05/2025

Un fratello é per sempre... così come una sorella!

*Chi serve il Graal?*

Le api, il Re e la Regina dimenticata
Nel cuore pulsante dell’alveare si cela un mistero che l’uomo ha dimenticato. Un segreto antico come la vita: la possibilità della trasformazione, della sovranità ritrovata, del servizio sacro.
Quando la Regina dell’alveare muore, tutto sembra crollare.
La colonia, privata della sua guida, è destinata a dissolversi.
Ma proprio nel momento più oscuro, le api compiono un gesto che sfida la logica:
scelgono alcune larve qualsiasi – creature comuni, prive di segni esteriori – e decidono di trasformarle in regine.
Come? Attraverso il dono della pappa reale, un alimento sottile e prodigioso che cambia il destino.
Non è la genetica a fare la regina.
È la nutrizione sacra.
Non è il sangue, ma il nutrimento spirituale che trasforma l’umile in sovrano.
È la forza creatrice femminile, l’intelligenza invisibile della natura, che eleva l’ordinario al grado più alto.
Così, ciò che vale per le api, vale anche per l’uomo.
Anche l’uomo nasce spesso dimentico del suo regno.
Cresce come larva nel mondo del fare, destinato alla fatica e all’oblio.
Ma in ogni crisi — proprio quando tutto sembra perduto — può accadere il miracolo:
una nutrizione nuova arriva, invisibile ma reale.
Un incontro, un segno, una voce, una verità dimenticata.
È la pappa reale dell’anima, che altri chiamano Spirito Santo.
E attenzione:
lo Spirito non è un concetto astratto, ma una Presenza viva, un principio creativo, generativo, profondamente femminile.
È il grembo del Graal, il contenitore sacro della Luce.
Ecco allora che il parallelismo si fa chiaro:
la pappa reale delle api è il simbolo del Graal.
Chi la riceve, non domina, non possiede, non conquista:
serve.
E così torniamo alla domanda più misteriosa della letteratura sacra:
Chi serve il Graal?
Non il più forte, non il più puro, non il prescelto:
il Re del Graal è colui che serve il Graal.
La regalità più alta non è potere, ma servizio alla Fonte.
È mettersi a disposizione del Mistero, accogliere il soffio del Femminino Sacro, farsi strumento del divino nel mondo.
È lì che l’uomo ridiventa Re.
È lì che la donna ridiventa Regina.
Non perché siedono su un trono, ma perché riconoscono il Graal in sé e scelgono di nutrire e custodire ciò che è sacro.
La verità è questa:
non esiste nascita regale che non passi attraverso la morte dell’ego, la crisi della forma, e il dono ricevuto nel silenzio.
E tu?
Stai ricevendo la tua pappa reale?
Stai servendo il tuo Graal?
Oppure sei ancora in attesa di ricordare chi sei?
Solo chi accetta di servire ciò che è più grande di sé, diventa davvero Sovrano.
Così è!
Mikhael Germain Di Mattia

Pourquoi tu vas sovent à Rome?

Pour découvrir de petits trésors !

Bonum Semen : Oltre la vulgata !

Roma , 08/05/2025

Giovanni, ormai, avrete imparato un po' a conoscerlo , insiste su una di quelle che reputa le sue missioni su questa terra, ovvero far riconoscere il ruolo delle Donne in Massoneria.

Aldilà del riconoscimento o meno ufficiale femminile , riteniamo che la pietra da sgrossare sia piuttosto un bel macigno enorme . La reiterata mancanza di complementarietà fra Massoneria Operativa e Massoneria Speculativa resta baluardo inespugnabile per quel sentimento velato seppur vivo di rivalsa , oltre che di genere, li ove viene disintegrato o plasmato a proprio piacimento il "trinomio" di Libertà Uguaglianza e Fratellanza, disinnescabile  ognuno dall'altro , pilastri cardini alla ricerca incessante di agognata stabilità.

Eppure, oggi come ieri, l'incertezza dilaga ovunque . 
Il nostro ruolo , le nostre sí tanto decantate virtù dovrebbero incentrarsi insieme e singolarmente in quella catena d'unione ed essere fari accecanti , Luce fra le tenebre , tra i disperati, gli oppressi, i disperati, distinguersi nello sconforto, nella tristezza di ogni rassegnazione, nella sofferenza umana spirituale e corporea, lí ove l'oblío ha avuto il sopravvento, ove le lacrime hanno spento ogni accennato sorriso. 
Dovremmo saper essere Saggezza nelle incomprensioni, Bellezza negli obbrobri propri individuali prima degli altrui . 
un'ultima disquisizione : quanti fra noi opprimono, talora inconsapevolmente , Fratelli e Sorelle, negando loro perfino la Libertà di andare , di esprimersi, sobillando ricatti sottili ? 
Spesso, ho udito unanime voce circa l'Obbedienza fra le obbedienze immensa e talora travagliata. 
Quesito : qual'è il successo di qualsiasi Immensa  Obbedienza ? L'esclusivitá del genere ? O è OBBEDIENZA perché essenzialmente Speculativa e, altrove , altresì regale? Inoltre, quanto giova decantare OPERATIVITÀ se poi non si possiedono anche peculiarità SPECULATIVE? Dunque ... non sarebbe opportuno, finalmente, comprendere che da soli non si va da nessuna parte, che il genere misto e le peculiarità sane dovrebbero generare arricchimento individuale piuttosto che lotte silenti intestine e che gli uni necessitiamo degli altri? Tolleranza , non significa anche questo? Vogliamo poi sottolineare le opportunità di crescita perdute? ... Magari un'altra volta purché non si faccia sempre più tardi ...

SSrr:. Sara Mazza e Germana Sveva Sangermano. 

"La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla".

© A.A. Massimiliano

Come un'anticamera, un luogo di decantazione, la Stanza dei Passi Perduti segna la divisione tra profanità e sacralità. É lo "spogliatoio" nel quale ci predisponiamo all'ingresso nel Tempio. Un luogo che prepara all'incontro con la nostra interiorità, quella con la quale si ha meno dimestichezza di quanto si creda, che più facilmente vive nascosta, quasi restia a mostrarsi per chissà quale timore o pregiudizio. Se la vita di tutti i giorni è cadenzata dall'esteriorità, dalla routine di lavoro e rapporti umani basati troppo sovente sull'opportunità e la convenienza, l'arrivo nella Stanza dei Passi Perduti è un momento di lavoro magico che riscatta e illumina il buio vissuto nella quotidianità profana. Dunque, nel giocare la partita della nostra esistenza, la Stanza dei Passi Perduti può essere considerata come una palestra di allenamento e, da un punto di vista simbolico, lo spogliatoio nel quale ci cambiamo d'abito.
Conosciamo l'allenamento fin da bambini. Ripetiamo disegni, lettere, parole e capiamo che l'allenamento è fondamentale per raggiungere l'obiettivo desiderato. Esercizio, ripetizione, studio... duramente ci si prepara per superare un esame, per ottenere un risultato sportivo o persino solo un plauso. Eppure, anche dopo una preparazione eccellente, rimane la sana paura di non ottenere quanto sperato e talora ci pervade un senso di inadeguatezza. É importante provare paura, come è importante sapere che nel ripetere quell'esercizio o quella scena, questi potranno migliorare con l'esperienza acquisita.
Ma affinare la tecnica non è sufficiente se non apriamo il cuore per comprendere il valore che va oltre la prestazione sensibile. É quel valore puro che racchiude una forza o, meglio, un potere divino che non ha cronometri o applausometri quali strumenti di misura. Dobbiamo dunque raggiungere e unire ai comportamenti la vibrazione profonda del nostro Essere. Dunque nella Stanza dei Passi Perduti possiamo entrare con la disciplina, la volontà, la concentrazione e la tecnica, ma dobbiamo aggiungere il nostro Fuoco interiore. Questo Fuoco non lo apprendiamo dall' "allenatore" ma è in nostra dote e da noi stessi va attivato.


Nella bibliografia tradizionale, i passi vengono definiti "perduti" in quanto restano isolati, ossia "al di fuori" del Tempio. E non si tratta di "passi" con i quali camminiamo da un luogo all'altro. Sono passi interiori. Ebbene, esattamente come la palestra d'allenamento per lo sportivo, questi sono preparatori per affrontare quel difficile lavoro di ricerca della nostra pietra: Presto, dunque, capiamo che i "passi" partecipano attivamente alla costruzione del Tempio interiore e che sono essenziali nel processo alchemico capace di catalizzare l'ascolto del nostro Essere confinando il caos in un contenitore separato. Questi Passi sono l'alfabeto dal quale comporremo parole.
Nella Stanza dei Passi Perduti ci liberiamo dai metalli, dall'elemento terra. Ci purifichiamo dalle interferenze del mondo profano, ci vestiamo e cerchiamo la meditazione che ci conduce a uno stato di coscienza superiore a quello ordinario. Passiamo dall'immanente al trascendente. Questa rituale elevazione, sostenuta dalla innata tendenza alla ricerca che alberga in ogni Iniziato, ci spinge a interrogarci su ciò che esiste oltre il velo della realtà fisica. Qui, nella Stanza dei Passi Perduti , cerchiamo l'armonia con noi stessi e gettiamo il seme dell'Eggregore di Loggia.
Il lavoro di trasformazione è un lavoro interiore. Ciascuno sviluppa il proprio metodo per portare avanti questo lavoro. L'acqua è l'elemento al quale penso, per istinto, quale mezzo di "purificazione" e come aiuto nel processo di trasformazione. L'acqua penetra in ogni fessura, permea qualsiasi superficie o materiale non perfettamente isolato. Sa modellare il metallo o la roccia più resistente. Osservando la natura, vediamo però solo una parte di questo lavoro perenne e solo l'ultimo fotogramma. Ma l'acqua "lavora" sia nel fragore di una cascata che nel silenzio di un fiume carsico. Svolge il suo "lavoro" in un attimo o in centinaia di secoli. Evapora sotto l'azione del "fuoco" ma si condensa e ritorna sotto altra forma a compiere il suo ciclo vitale.


Come davanti a un filtro magico, entro dunque nella Stanza dei Passi Perduti con il mio carico di acqua sporca, profana e ne esco purificato e pronto per la "partita" nel Tempio. Una parte di me si trasforma, si perde e ancora provo paura e smarrimento. Ma non c'è debolezza, o forza, nel mostrarsi per ciò che si è veramente. lmparando a conoscere sé stessi, si superano preconcetti che legano la nostra libertà. La nostra autenticità va inseguita con forza, rifocillata della bellezza della lealtà e condivisa con i Fratelli. La Stanza dei Passi Perduti è dunque straordinariamente importante, ci ricorda la "trasformazione" e che dobbiamo operare da Iniziati anche quando torniamo alla vita profana. Un allenamento prezioso.
Sappiamo che il nostro è un percorso intimo, solitario: nessuno può scoprire la nostra Pietra per nostro conto. Avere il sostegno della Loggia è però necessario e questa energia si crea già in questa Stanza. Non devo nascondere la difficoltà quando ho provato, nelle mie prime tornate, un senso di inadeguatezza e impotenza nel rendermi conto di non riuscire a cogliere il significato simbolico della Stanza dei Passi Perduti. Ma la scintilla era sapientemente occultata, in quella zona di chiaro-scuro che stimola, fortifica ed accomuna il sentimento di condivisione tra i Fratelli. E grazie alla nostra Energia, ho ripreso il cammino.


La magia dunque si rinnova ritualmente in questo cantiere del nostro Tempio, nel quale iniziamo il lavoro da soli per poi tornare a uno "stare insieme" di valore divino. Questo luogo o, meglio, questo momento dei nostri incontri, diviene sempre più metafisico e non solo i Passi sono "Perduti", ma anche il tempo e lo spazio. Per scendere nella nostra interiorità, dobbiamo "spogliarci" della temporalità, perderla. La percezione del non-tempo e del non-luogo è fondamentale per il lavoro nei nostri piani sottili. Dunque, il tempo che precede la tornata rituale speso nella Stanza dei Passi Perduti è un altro strumento che abbiamo a disposizione per perfezionare la nostra "pietra".
Dal punto di vista dello spazio fisico, ci troviamo a pochi metri dal Tempio. Vuole, questa minima distanza, rappresentare un monito? Vuole rammentarci che la "pelle" profana appena abbandonata è ancora fisicamente così vicino, tale da essere una minaccia per la Sacralità dei nostri lavori? No, non è così. ll nostro cammino non può essere influenzato dagli spazi fisici che ci separano dalla dimensione profana. La purezza dello "spazio" magico nel quale ci caliamo crea l'Eggregore e lo rende forte e persistente. Per questo il cammino iniziatico è faticoso, mette continuamente alla prova la nostra forza e la nostra debolezza ed esige volontà ferma e costanza d'intenti. Un cammino riservato a pochi, come si ama definirlo, un cammino aristocratico. E dunque di grande responsabilità.


Abbiamo detto del significato attribuito al termine "perduti" nella bibliografia tradizionale. Questo termine sottende inoltre mancanza, termine, non ritorno, fine. Ma quei passi sono l'inizio della "salita" verso il Divino e della "discesa" dentro di noi. O anche di una ascesa nella quale ci specchiamo con il Divino, perché abbiamo "lasciato i metalli" e iniziato un percorso di elevazione interiore, verso uno stato di coscienza superiore. I passi costituiscono un segno, un rito che ha la sua circolarità che include in modo ineluttabile un ritorno dopo una privazione, un inizio dopo una fine.
All'atto di assegnarmi la stesura di questa tavola, il Maestro Venerabile non ha mancato di sottolineare come avesse notato un certa leggerezza o giocosità nel mio vivere il momento nella Stanza dei Passi Perduti. É stato un gesto generoso e decisivo che mi ha spinto a vedere dettagli che non vedevo, a scavare dentro di me e ad andare oltre le apparenze. Spero di aver colto l'aiuto, lo stimolo a ricercare continuamente senza dare nulla per scontato, a dare importanza a dettagli, siano parole o gesti, che inizialmente si credono senza "anima", ma che, a una osservazione più attenta, mostrano, al contrario, tutta la potenza e la profondità del loro significato.


Questo è l'Esempio delle Luci ed è ciò che, per mio conto, rende la nostra Loggia "perfetta". Non dobbiamo aspirare oltre, a mio avviso non siamo qui per compiere l'intero cammino. Gettare continuamente il sasso nello stagno della conoscenza è la nostra ricchezza. E la ricerca è il nostro allenamento. Stimoli, conferme e moniti delle Luci e dei Fratelli tutti, sono la prova della fertilità di uomini, intenzioni, valori dei quali siamo staffette e servitori per altri Fratelli che continueranno il percorso che il G:.A:.D:.U:. ci fa intravedere secondo Sua volontà.
Al di là della Maestria raggiunta, siamo antenne che "sentono" il segnale Divino ma alle quali non è dato sapere cosa riserva il futuro. E le conoscenze del passato, le reputiamo tanto più importanti quanto più sono misteriose e incomprensibili ai più. Tavole, scritti, simbolismi che si trovano su testi esoterici sono materia di studio per specialisti che dedicano le loro vite a decifrare un messaggio che si suppone essere Divino. Ma il messaggio e i simboli più importanti sono quei segni, parole e toccamenti che ci tramandiamo da bocca a orecchio. Come a dire, che oltre all'allenamento eseguito alla perfezione, può essere decisiva una parola di incoraggiamento dell'allenatore prima di iniziare la partita e, magari, una "pacca sulla spalla".
 

La libertà è costosa e chiede un prezzo che pensiamo di non riuscire a pagare. C'è bisogno di esempio e di incoraggiamento. Quando nella Stanza dei Passi Perduti ci troviamo ad indossare grembiule e guanti, avverto una crescente frenesia e una benefica emozione, le voci si abbassano e l'aria diventa più rarefatta. Anche i movimenti diventano più regolari, preparatori. E inizia anche, a un tempo, il lavoro interiore duro, faticoso, che richiede concentrazione. In questo l'aiuto della "squadra" è importante. A noi riesce grazie alla disposizione armoniosa della Loggia. Hic sunt leones: non farsi intimidire, l'allenamento prepara la Ricerca. Partire. E sapere che non si arriverà. O non si vincerà, necessariamente.
Nel Tempio, il lavoro ci sprona a cogliere la parte invisibile delle manifestazioni. Ciò che non vediamo corrisponde alle zone invisibili di noi stessi, alla parte di noi che non conosciamo ancora. In questo contesto, l'epoca che viviamo nel mondo profano è caratterizzata da superficialità e da grande velocità. Questi elementi inquinanti, mettono in secondo piano la magia dell'uomo e la sua innata predisposizione verso una esistenza di grazia e conoscenza del Creatore. Ai più, interessa giocare senza prepararsi, senza fare allenamenti. Come dei bambini.
 

In questo parallelo con la parabola della vita umana, la Stanza dei Passi Perduti rappresenta il ritorno al bambino che c'è dentro ognuno di noi, autentico, puro. II lavoro nel Tempio rende "adulto" il bambino, ma un buon adulto, un Iniziato, non dimentica mai il suo proprio "genio bambino" e ne prende consapevolezza giorno dopo giorno. "Ciascuna vita è formata dalla propria immagine, unica e irripetibile. É immortale, e non può essere liquidata dalle spiegazioni di noi mortali. C'entra molto con i sentimenti di unicità, di grandezza e con l'inquietudine del cuore, con la sua impazienza, la sua insoddisfazione, i suoi struggimenti. Ha bisogno della sua parte di bellezza. Poiché non può dimenticare la sua propria vocazione divina, si sente insieme esule sulla terra e partecipe dell'armonia del cosmo. Le immagini e le metafore sono la sua lingua madre, innata, la stessa che costituisce la base poetica della mente e rende possibile la comunicazione con tutti gli uomini e tutte le cose." (1)


Per questa e altre ragioni che probabilmente non ho saputo cogliere, La Stanza dei Passi Perduti non può essere considerata "isolata" dal nostro Tempio interiore. Essa ne è parte integrante ed è necessaria nella costruzione della nostra Sacralità e nel cammino verso la conoscenza profonda di noi stessi. Tornare bambini, ma con la consapevolezza dell'adulto, non è forse il desiderio più forte di ciascuno di noi? É il desiderio innato di poter dare compiutezza a ciò che solo la libertà creativa del bambino sa sentire. Torniamo dunque nella "nostra" Stanza dei Passi Perduti interiore a ritrovare la Forza e la Bellezza del bambino, pronti a compiere un altro giro di giostra.
 

 

1. Tratto da "Il codice dell'anima", James Hillmann.

 

 

 

COMMENTA QUESTO ARTICOLO

 

È giunta l'ora di mettersi in sonno, domattina prenderemo un caffè insieme? Inizia un nuovo giorno ...R:.L:. K.L.R.

                                         IΟΙΗΝ

La nostra gioia è abbracciarvi ed vv idealmente e fraternamente tutti , per una realtà migliore da costruire insieme . 
M. V. Germana Sveva Sangermano 

P. M . V. e G.M. D. Sara Mazza

Le Maître Élu m'affort un collier ; je dois commencer à me mettre au travail !

Il n'est pas difficile d'imaginer, dans le monde profane , les conséquences pour un homme qui reporterait à après son avancement sa préparation aux responsabilités d'un poste élevé dans sa sphère professionnelle quotidienne. Pourtant, en Maçonnerie, temporisation et indifférence sont d'évidence trop fréquentes.

Un cordiale e sentito invito ad una splendida lettura. Ricordi , affetti ed ormai radici. 

Le Massonerie

Agosto 2015
di Giovanni Domma

 

Con l'espressione Le Massonerie non voglio riferirmi alla gran quantità di Ordini e corpi rituali, né alla suddivisione - praticata in base al simbolismo ermetico - tra Massoneria Nera, Bianca e Rossa : voglio dire che c'è una Massoneria buona e una cattiva, quella di cui molti profani hanno un'immagine tanto orripilante.

E non voglio parlarne in termini di contro informazione .

Vorrei invece partire dall’ammissione che purtroppo una Massoneria nera in senso cattivo esiste, come purtroppo dimostrano vari scandali in cui Fratelli sono implicati ; anche se non ha niente a che vedere con l’immagine che se ne fanno i profani.

Infatti, non è collegabile a nessuna fantomatica piovra internazionale : si tratta perlopiù di singoli episodi di malcostume, che nella maggioranza dei casi si svolgono al di fuori dalle principali organizzazioni massoniche.

E però, i Massoni neri ci sono ; e, se in un articolo come questo - aperto ai profani - non bisognasse andarci piano con le parole per non dare adito a equivoci, sarei tentato di sovrapporre alla bipolarità Massoneria buona - Massoneria cattiva un’altra a noi ben nota : Massoneria operativa - Massoneria speculativa.

Gli equivoci, naturalmente, sono in agguato ; quindi è bene chiarire che l’espressione Massoneria speculativadefinisce in realtà tutta la Massoneria, senza valutazioni di merito.

La Massoneria speculativa è nata nel 1717, quando dei muratori londinesi decisero di riporre definitivamente gli attrezzi del loro lavoro per avere più tempo da dedicare allo studio dei suoi aspetti simbolici.

Fu quel gruppo la radice della Massoneria che si sparse prima in Europa e poi in tutto il mondo ; quindi tutti i Massoni, da questo punto di vista, sono speculativi (anche su questo tema, il Fratello Mansuino ha scritto un bell’articolo).

Però, nel gergo delle Logge, l’antinomia operativo - speculativo assume spesso un senso diverso. Operativo è il Massone che lavora in modo fruttuoso ; speculativo è il Fratello passivo e inerte, quello che si fa trasportare dalla corrente.

Tra l’altro, in italiano, la parola speculazione non si riferisce soltanto alla contemplazione filosofica, ma anche ai traffici più o meno leciti di denaro. Bene, non sarebbe forse giusto dire che i Fratelli troppo speculativi favoriscano necessariamente la speculazione dei Fratelli disonesti, però un legame c’è, e anche un profano lo può capire.

In tutte le associazioni, infatti, si trovano individui che stanno lì non per partecipare in modo attivo e consapevole, ma - si direbbe - perché non sanno come passare il tempo ; in Massoneria, forse, anche perché la fama di essere Massoni li ammanta di un’aura di mistero da cui possono trarre vantaggi, o semplicemente pavoneggiarsi con gli amici.

Bene, questo genere di speculativi per la Massoneria nera sono una vigna ! Fanno numero, pagano le quote associative senza fiatare, quando sono nel Tempio non aprono mai bocca, salvo per schierarsi con quelli che gli sembra siano i più forti - e se hai in Loggia un avversario da eliminare, una parolina nell’orecchio e staranno dalla tua parte : gli voteranno contro, e propagheranno ai quattro venti qualunque infamità che tu abbia deciso di utilizzare contro di lui.

Ecco come è nata, nella mia mente, l’equivalenza Massoneria speculativa = Massoneria nera ; e sono sicuro che anche i Fratelli più attenti all’uso corretto dei termini massonici mi daranno un po’ di ragione.

Sappiamo di corporazioni di muratori fin dai tempi degli Egizi, e mai nella storia è noto che abbiano praticato cospirazioni, sovversioni o nessun genere di azioni cattive.

Viceversa, passavano il tempo a costruire edifici bellissimi : pensiamo solo al Tempio di Gerusalemme o alle cattedrali gotiche, riguardo alle quali Guénon si è spinto a parlare legittimamente di esoterismo cristiano.

Insomma, dovevamo proprio essere noi speculativi i primi nella storia a crearsi la fama di Massoni neri ?
In effetti, ci sarebbe da chiedersi (e molti se lo sono chiesti) se il fatto di non dover più scaricare le energie in esubero nell’attività fisica non determini l’afflusso al cervello di tossine che inquinano i pensieri dei Massoni, disturbando quell’attività di assimilazione e incorporazione del nostro simbolismo che dovrebbe costituire il nostro obbiettivo centrale.

Di qui, reazioni - anche molto violente, e spesso sostenute da forti argomenti culturali ed esoterici - contro la Massoneria colta e letterata, che scrive libri, o contro la Massoneria che si occupa di politica… insomma contro vari aspetti dell’azione della Massoneria nel sociale ; la quale ultima rappresenta, per molti Fratelli, la fonte primaria di ogni forma di Massoneria nera.

Identifichiamoci - per assurdo, ma non troppo - con i più forti argomenti contro la massoneria speculativa, e in favore dell’operatività. Come ben sappiamo, la Massoneria non può essere né conformista né unilaterale : al contrario è una comunione, un Tempio vivente nel sacro perimetro del quale Cattolici, Protestanti, Ebrei, Musulmani, Buddhisti, Deisti, e altri ancora, fraternamente si illuminano nella ricerca della verità - e quindi anche, e soprattutto, nella ricerca del vero Dio : una ricerca che necessita di un continuo addestramento morale, volto ad elevarsi e a contribuire al miglioramento del genere umano.

Cosa può esserci di più operativo di questa ricerca ? Eppure, nella nostra storia, più volte è stata messa da parte : nel mirino degli operativisti italiani di oggi c’è soprattutto la politicizzazione della Massoneria risorgimentale, volta all’azione sociale, che viene da essi reinterpretata alla stregua di un vero e proprio complotto contro l’umanità.

Certo, è facile biasimare i Fratelli che fanno dell’azione sociale il fulcro del loro lavoro : immergersi nella profanità comporta anche l’impegolarsi nella faziosità, nella maldicenza, nei mille difetti figliati dal basso gioco di interessi particolari al quale è necessario adattarsi per poter svolgere un’attività efficace.

Certo, non c’è dubbio, gli operativi erano più puri ; ma se fosse stato solo per loro, sarebbe oggi la Massoneria il veicolo di iniziazione onnipresente e aperto a tutti che è oggi ? O non si sarebbe evoluta piuttosto (non diversamente dalle altre forme iniziatiche di mestiere, riassunte sotto il nome di Compagnonaggio) in un ambiente ristretto, destinato ad estinguersi con l’avanzare della modernità ?

Insomma, è sempre meglio guardarsi dalle reazioni estreme. Anche volendola considerare dal solo punto di vista del cammino iniziatico, non c’è dubbio che la Massoneria sia un cammino iniziatico collettivo (qualcuno ha definito la nostra Istituzione come un luogo dove degli esseri imperfetti operano per il reciproco perfezionamento) ; e se l’interazione tra i Fratelli ha un ruolo tanto fondamentale, in base a che cosa si può affermare che l’interazione tra la Massoneria e la società dovrebbe essere bandita ? Sarebbe un pugno nell’occhio alla legge di analogia ; e sarebbe anche affermare una separazione totalitaria tra il recinto sacro del Tempio e lo spazio profano, separazione che - con ogni evidenza - non esiste nella realtà.

E’ poi da osservare che l’immunità degli antichi operativi dalla Massoneria neranon era certo legata al fatto che fossero incolti, o che non dibattessero dei propri ideali tra di loro o con i profani : infatti oltre all’edilizia conoscevano anche le arti tradizionali (Alchimia, Astrologia, Geometria, Matematica). Possiamo affermare con solido sostegno di eventi storici che la via iniziatica degli operativi- definita Opus sia dai Massoni che dagli Alchimisti - era volta a innalzare lo spirito, anche tramite apporti presi dal meglio che la cultura antica potesse offrire.

E’ chiaro insomma che il discrimine tra la Massoneria buona e quella cattiva non è legato al fatto di doversi rapportare con il mondo della cultura, o della politica, o con gli altri Fratelli o con il mondo, ma a come si fanno queste cose : se in modo operativo-attivo o in modo speculativo-passivo.

Il nostro Fratello Rudyard Kipling, con la sua celebre poesia Il Tempio, ci ricorda come il compito di ogni Massone sia di offrire all’edificazione del Tempio il proprio contributo originale.

Quando scriveva, erano ancora ben vive le memorie della muratoria operativa : riferibili non solo a quelli che dovevano essere i segreti dell ’arte muratoria, ma probabilmente anche a una sapienza e a una ritualità di tipo superiore.

Quest ’ultima vive ancora oggi nel corpo massonico che, a mio giudizio, più di ogni altro porta avanti il discorso dell’operatività : la Massoneria del Marchio, il cui simbolismo è tutto volto a incoraggiare con successo l’azione del singolo Fratello, finché possa imprimere il suo Marchio sulla sua Pietra.

E’ assurdo e ironico, testimonianza della deviazione e del fuorviamento del giorno d’oggi, il fatto che i perfezionamenti del grado di Maestro legati al Marchio (ovvero la più autentica forma oggi esistente di massoneria operativa) siano conosciuti in Italia soltanto da pochissimi Fratelli ;  e ancora di più, che siano noti come side degrees (ovvero gradi laterali), perché  davvero il sottoscritto - e chiunque altro ne sia a conoscenza - non può immaginare, per nessuna altra parte dell’esperienza massonica, una maggiore centralità !

Così, Logge del Marchio, dell’Ark Mariner, dei Monitor Segreti, stanno ormai diventando poco a poco una realtà importante ed esclusiva nell’ambito della Massoneria italiana, col beneplacito dei più importanti Ordini nazionali (GOI, GLRI).

Questo progetto, lasciatemelo dire, è davvero massoneria operativa : quella che porterà a riabilitare e restituire la dignità e l’onore a tutti i Fratelli Massoni che tutti i giorni operano per il bene dell’umanità, riqualificando la massoneria operativa e schiacciando la massoneria nera come la testa di un serpente.

E’ un progetto al quale sono chiamati tutti i Fratelli italiani, che più di altri nel mondo - non certo per loro indole, ma per malaugurate vicende storiche - hanno potuto sperimentare i pericoli dell’orgoglio, dell’invidia, dei complotti, della maldicenza che sono i perversi frutti del predominio della massoneria nera. E’ giusto che il mondo profano la additi e la denunci come il grande male della società ; è giusto che siamo noi a porvi rimedio, sulla base della nostra rettitudine e del nostro vero essere Massoni.

Io umilmente ci sto lavorando ; Fratelli, venite con me ! Torniamo a fare della Massoneria la luce di tutti i popoli, torniamo a farne la più efficace e coraggiosa forza per il miglioramento dell’umanità.

Diamo la giusta ricompensa a tutti i Massoni che veramente si battono per la valorizzazione dei principi Massonici, che sedicenti Fratelli malvagi e interessati hanno calpestato per tutti questi anni, fino ai giorni attuali.

Vogliamo davvero tornare alla massoneria operativa ? Allora ecco, la via, l’unica via, è questa - perché porta il Fratello alla comprensione di quanto il ruolo della sua individualità sia prezioso e unico ; perché lo porta a comprendere quale sia il ruolo per cui Dio ci ha creati ; perché gli insegna a valorizzare sé stesso senza entrare in contraddizione con l’umile riconoscimento dell’essere parte di una totalità (e come aggiungerebbe, se indovino bene, il Fratello Mansuino : il riconoscimento anche della necessità di trascenderla).

Valorizzare l’individualità significa anche valorizzare il merito : scegliere i nostri dirigenti sulla base della loro apertura mentale, dei loro meriti culturali e non delle loro raccomandazioni. La massoneria operativa del terzo millennio, per non essere nera, deve essere mille miglia lontana dalle miserie che trasformano il Massone speculativo in un tristo complottatore di bassa lega, impaniato negli equilibri/squilibri della sua Officina e in squallidi giochetti di potere dai quali esce regolarmente sconfitto.

Menzogna, Intrigo, Delazione sono tre parole che andrebbero combinate insieme per formare un ternariorovesciato da opporre a Sapienza, Forzae Bellezza ; fin dai giorni del suo apprendistato il Fratello andrebbe messo in guardia costantemente contro di esse, perché tutta la sua vita massonica sia all’insegna del cacciarle vigorosamente e furiosamente lontano da noi.

Quando portai questi argomenti in Loggia, un carissimo Fratello fiorentino mi definì affettuosamente un nuovo Don Chisciotte : tanto lontani ed estranei essi sembrano dalla prassi quotidiana con cui, purtroppo, abbiamo a che fare.

Mi diedero anche del temerario, come di solito viene definito chi non ha peli sulla lingua nel mettere in piazza gli scheletri nell’armadio dei poteri forti.

Ma è proprio così marziana l’idea di auspicare che la massoneria operativa possa riprendere il suo ruolo - quello di schiacciare la massoneria nera, e riportare i Fratelli veri e puri sul sentiero che conduce alla nostra fonte ? A quella fonte dove il confronto fraterno è il mezzo naturale per condurre ciascuno di noi al suo equilibrio interiore, dove è gioioso e spontaneo osservare quei principi, quei valori e quella finalità per cui la Massoneria è nata ? Siamo davvero dei nuovi Don Chisciotte o siamo i Massoni del terzo millennio, che hanno viva la lezione dei Desaguliers, dei Dunckerley, dei Martinez de Pasqually, dei Kipling e così via ?

E’ la loro, e non la nostra, la massoneria operativa che stiamo cercando di riportare alla ribalta, e che le centinaia di Fratelli che ci hanno fatto l’onore di venire con noi nel Marchio conoscono bene.

Per quanto la massoneria nera abbia messo in atto contro di noi grandi ostacoli, il nostro numero cresce ogni giorno ; prefigurando già un domani in cui il nome di Massone non sarà più associato dai profani a intrighi e complotti, ma a quanti operano rettamente e generosamente per il bene dell’umanità.

 

Giovanni Domma

 Arrivederci Francesco
                  ♥️

Non solo rose e fiori , anche tradimenti , delusioni, giochi da tavolo , dagli scacchi al monopoli con accento alle corse campestri , alla staffetta purpurea. Preferiamo modi cortesi ed eleganti ai bucolici orientamenti. Lo so... abbiate pazienza!!!

IL RISPETTO DEI DOVERI È IL SEGRETO DEGLI ANTICHI MESTIERI !

Art . 10 del Poema Regius 

Bisogna conoscere il decimo articolo . Si. 

Bisogna conoscere il decimo articolo,

Nell’arte, in alto e in basso.

Che non ci sia maestro che soppianti l’altro

Ma stiano insieme come fratello e sorella.

In questa zelante arte, tutti e ciascuno,

Chi vuole essere un maestro massone

Non soppianti nessun altro.

Che avendogli sottratto un lavoro,

Il suo dolore è così forte

Che non pesa meno di dieci libbre,

Se non è trovato colpevole

Di aver con mano per primo toccato il lavoro.

Per nessuno in massoneria

Si soppianterà, di certo, un altro.

Ma se il lavoro è fatto in modo

Che possa a sua volta rovinare,

Allora un massone può chiedere tale lavoro

Ai signori, per tutelare il loro interesse.

A meno che non capiti un tale caso,

Nessun Massone vi si deve immischiare.

Veramente colui che comincia le fondamenta,Se è un massone buono e integro,

Ha di certo nella sua mente

Come portare a buon fine il lavoro.

... Quindi... la domanda sorge spontanea :

cosa sarà sfuggito al Fr:. e caro Amico Anderson?

Uno scherzo del destino ? Una leggerezza goliardica ? Un ordine impartito dall'alto ? O piuttosto una trascrizione genetica, primaria, tale da sfiorare la misoginia ? Certo è che la disanima variegata degli antichi manoscritti e catechismi massonici  , potrebbe averlo indotto erroneamente a redigere gli Ancient Landmarks,  a noi oggi tramandate o piuttosto averne redatto una interpretazione puramente soggettiva solo in parte lucida e scevra da qualsivoglia integerrima analisi. Buona lettura. 
                                   P. M. V. Sara  Mazza . 

Cosenza 21/04/2025 

Siate ricerca e perenne addestramento morale .Immergersi nella profanità sottopone ognuno di noi a percorrere  strade faziose , fra maldicenti e celati interessi . Valorizzare l'individualità sottopone ad intuirne i meriti di ogni fratello, evidenziarne pregi e limiti , approfondirne le coscienze , le incongruenze e l ' apprendimento . Guai ad alimentare la quasi naturale formazione di una casta di chierici , costituita da coloro che meglio riescono a destreggiarsi nel labirinto delle regolarità , fatalmente atti ad essere sopraffatti dall ' idea i utilizzare la loro migliore conoscenza per sopraffare gli altri . 

Il sorgere nel tempo dei sistemi di ALTI GRADI è  stato alimentato dalla necessità di acquisire ulteriori conoscenze da parte di Fratelli e Sorelle  che hanno viaggiato altrove o all'assorbimento da parte della Massoneria  di altre organizzazioni iniziatiche recanti con sé il proprio bagaglio di simboli e lezioni apprese. Il successivo miglioramento della rete di comunicazione fra i vari confini europei ,induce gli ORIENTI locali a confrontare i propri rituali ,uniformarli ed accorparli ; nascono così i cosiddetti RITI , cospicue aggregazioni di Alti Gradi il più complesso dei quali ( rito MEMPHIS e MISRAIM ) ne conta quasi cento . Poiché i landmarks proibiscono l'istituzione di nuovi gradi al di sopra del terzo , i  RITI vengono istituiti come perfezionamenti facoltativi in seno all'Ordine ,ove i Maestri ,alti gradi e non, sono uguali ,ed aventi di conseguenza una struttura autonoma ,generalmente indipendente dall'Ordine di fattivo riferimento..Inutile dire che il dibattito concernente i limiti della propria autonomia e dei loro poteri nei confronti degli Ordini genererà innumerevoli compromessi  ad ognuno dei quali darà vita a molteplici ed univoci concetti di regolarità . A  tal proposito ,nel 2015 , il Potentissimo ed Onorabilissimo  GIOVANNI DOMMA , in seno alla stesura di questo articolo scritto ed oggi riassunto per convenienza , esprimeva la personale opinione secondo la quale l'esperienza della GLRI fosse prossima al capolinea ,e che in tempi brevi si sarebbe verificata una riconciliazione completa con i fratello del GOI , in uno spirito di vera fratellanza . Avvenimenti odierni inducono riflessioni a tal proposito .  DAL CONCETTO DI REGOLARITA MASSONICA DI G. DOMMA 

Milano 2015

                        Quaderno n.1

             CARTA DI BOLOGNA DEL 1248

Nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo. Amen.

Nell’anno del Signore 1248, sesto dell’indizione.

Questi sono gli Statuti e i Regolamenti della Società dei maestri

del muro e del legno, istituita in onore di nostro Signore Gesù Cristo e

della Beata Maria Vergine e di tutti i Santi e per l’onore e la prosperità

della Città di Bologna e della Società dei maestri predetti, fatto salvo

l’onore del Podestà e del Capitano che la governano ora e che ci saranno

in futuro e fatti salvi tutti gli Statuti e i Regolamenti del Comune di

Bologna, istituiti e da istituirsi. E che tutti gli Statuti sotto riportati

abbiano (luogo) vigore da oggi in avanti anno del Signore 1248, sesto

dell’indizione, l’8 di Agosto.

I – GIURAMENTO DEI SOPRADDETTI MAESTRI

Io, maestro del muro e del legno, che sono o sarò sottoposto a

quest’Arte dei maestri predetti per l’onore di nostro Signore Gesù Cristo

e della Beata Maria Vergine e di tutti i Santi e per l’onore del Podesta e

del Capitano che governano ora e che ci saranno in futuro e per l’onore e

la prosperità della città di Bologna, giuro di sottomettermi e rispettare gli

ordini del Podestà e del Capitano di Bologna, di rispettare e seguire tutti

e i singoli ordini che mi verranno dal Massaro e dai Ministeriali della

Società del legno e del muro o l’uno di loro per l’onore e la prosperità

della Società stessa e di rispettare e conservare nella prosperità la detta

società e i membri di essa e di osservare e rispettarne gli Statuti e i

Regolamenti (interni) di detta Società sia come sono ora che come

saranno in futuro, fatti salvi gli Statuti del Comune di Bologna,

nell’obbligo cui sono tenuti al momento del mio accesso e sciolto al

momento del mio distacco.

E se sarò chiamato al governo della Società io non rifiuterò, ma

accetterò l’incarico e governerò e guiderò e proteggerò con lealtà la

Società e i membri della Società.

E distribuirò equamente gli oneri tra i membri della Società

secondo ciò che a me e al Consiglio dei maestri sembrerà essere

conveniente.

E mi obbligherò e renderò obbligatorie le sanzioni comprese

(previste) nello Statuto della Società e, quando non ci siamo, infliggerò

un’ammenda secondo la volontà del Consiglio.

E tutte le ammende che infliggerò per qualsiasi azione, farò che

siano scritte in un registro e le autenticherò e le consegnerò al Massaro

della Società (in carica).

E detto Massaro sia tenuto nel termine previsto dallo Statuto e

sotto pena di un’ammenda di venti soldi Bolognesi a mostrare e a

consegnare al Massaro suo successore nell’Assemblea della Società, tutte

le ammende, i beni o le garanzie della Società, gli Statuti e ciò che statuti

non sono (e le regole) in corpo (interne) della Società e ogni cosa in mio

possesso relativa ai beni della Società e tutti i documenti e gli atti relativi

alla Società.

E gli Inquisitori (i controllori dei conti) sono tenuti ad investigare

su ciò e ad infliggere un’eventuale ammenda tramite l’Assemblea della

Società, a meno che quello sia stato trattenuto per una decisione di tutto il

Consiglio della Società, o della sua maggioranza, o per causa giusta.

E se io (sarò) Ministeriale, e vorrò imporre una colletta

(contributo) per le spese della Società, ne esporrò in primo luogo la causa

in Consiglio e in seguito essa sarà imposta secondo la decisione di tutto il

Consiglio o della maggioranza.

II – DELLE OFFESE CONTRO I MINISTERIALI E IL

MASSARO

Noi stabiliamo (decidiamo) ed ordiniamo che se un membro della

Società pronuncia delle offese contro i Ministeriali o il Massaro o contro

il Notaio, oppure se li accusa di falso, questi sia punito con l’ammenda di

dieci scudi Bolognesi.

III – DELLE SANZIONI A COLORO CHE NON SI SONO

PRESENTATI ALLA CONVOCAZIONE NEL LUOGO

STABILITO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un membro è convocato dai

Ministeriali o dal Massaro o dal Nunzio a presentarsi nel luogo dove la

Società si riunisce, questi sia tenuto a presentarsi ogni volta e per quante

volte gli sarà comandato od ordinato sotto pena di un’ammenda di sei

denari.

Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascuno sia tenuto a presentarsi

nel luogo ove la Società si riunisce ogni volta e per quante volte ciò gli

sarà comandato dai Ministeriali o dal Massaro o dal Nunzio sotto pena di

un’ammenda di sei denari Bolognesi.

E anche se non informato, ciascuno sia tenuto a presentarsi la

penultima domenica del mese, senza convocazione, in buona fede e senza

inganno o frode.

E vi sia obbligato non soltanto per giuramento ma per sanzione e

anche se non gli è stato ordinato.

E nel caso in cui si sia presentato nel luogo dell’adunanza e se ne

sia andato senza autorizzazione del Massaro o dei Ministeriali egli paghi

a titolo di ammenda dodici denari Bolognesi.

A meno che in entrambi i casi non abbia un impedimento o sia

malato o fuori città o al servizio del Comune di Bologna, nei quali casi e

anche in altri, può invocare a scusante il giuramento dell’obbligo di

servizio. E se si sarà giustificato falsamente, abbia la pena di dodici

denari.

IV – DELL’ELEZIONE DEI MINISTERIALI E DEL MASSARO E

DELLE RIUNIONI DELLA SOCIETA’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società dei maestri del legno e

del muro sia tenuta ad avere otto Ministeriali e soltanto due Massari,

ovvero uno per ogni Arte della Società; ed essi (Ministeriali) devono

essere ripartiti equamente nei quartieri, ed eletti secondo le liste “ad

brevia” nell’Assemblea della Società, in modo che in ogni quartiere ci

siano due Ministeriali, cioè uno per ogni arte.

E che i predetti Ministeriali e il Massaro restino in carica sei mesi e

non di più.

E che siano obbligati a fare sì che la Società si riunisca in riunione

e congregazione (in Assemblea) la seconda domenica del mese sotto

pena di tre scudi Bolognesi di ammenda ogni volta che contravverranno,

a meno che non ne siano impediti da un reale caso di forza maggiore.

Aggiungiamo che il figlio di un maestro della Società non debba né

possa essere partecipe dell’elezioni “ad brevia” se non ha almeno14 quattordici anni.

E suo padre non sia obbligato ad immetterlo nella

Società prima di questa età e il figlio stesso non sia accettato nella società

prima del tempo stabilito.

E che nessuno prenda un Apprendista che abbia meno di dodici

anni, sotto pena di un’ammenda di venti soldi e della nullità del contratto.

V – DEL FATTO CHE NESSUNO POSSA ELEGGERE UN

FIGLIO O UN FRATELLO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno votante possa eleggere

come Ministeriale o Massaro chi gli sia fratello o figlio e che l’elezione a

questi relativa sia senza valore.

VI – DEL FATTO CHE I MAESTRI OBBEDISCANO AI

MINISTERIALI E AL MASSARO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro della Società deve

ad un altro maestro una certa somma di denaro per causa di lavoro,

oppure se un maestro ha una contestazione con un altro per causa di o dei

maestri sopraddetti, i maestri che avranno tra loro la contestazione siano

obbligati ad obbedire alle disposizioni che i Ministeriali dei maestri del

muro e del legno avranno stabilito tra le parti in causa, sotto pena di

un’ammenda di dieci soldi Bolognesi.

VII – COME E CON QUALI MODALITA’ I MAESTRI

ENTRANO A FARE PARTE DELLA SOCIETA’ E QUANTO

DEBBANO PAGARE PER LA LORO ENTRATA

Noi stabiliamo ed ordiniamo che tutti i maestri che vorranno

entrare a fare parte della Società dei maestri del muro e del legno paghino

alla Società dieci soldi Bolognesi se essi sono della città o del contado di

Bologna; e se non sono della città o del contado di Bologna paghino alla

Società venti soldi Bolognesi.

E che i Ministeriali facciano con coscienza (buona fede) in modo

che tutti i maestri che non fanno parte della Società debbano entrarvi.

E che questa statuizione sia osservata (irrevocabilmente) e che per

nessun modo e motivo sia esentato (da tale obbligo) a meno che non sia

deciso almeno da un decimo della Società, od a meno che quello non sia

figlio di un maestro il quale può entrare a fare parte della Società senza

alcuna cerimonia (e risoluzione).

E che se il Massaro od un Ministeriale sosterrà nel Consiglio o

nell’Assemblea della Società qualcuno che volesse (fare) risparmiare i

dieci o venti soldi Bolognesi da pagare alla Società, sia punito per dieci

soldi Bolognesi.

E che se qualcuno della Società nell’Assemblea o nel Consiglio, si

alzerà per dire di qualcuno che dovrebbe(ro) essergli risparmiati i dieci o

venti soldi Bolognesi da pagare alla Società, sia punito con cinque soldi

Bolognesi.

E se il maestro ha un figlio o più figli che conoscono il mestiere, o

che sia stato per due anni ad apprendere il mestiere, allora sia suo padre

ad immetterlo nella Società di diritto e senza alcuna cerimonia di entrata,

col pagare egli stesso (quanto dovuto) alla Società nella forma

sopraddetta, sotto pena di un’ammenda di venti soldi. E una volta pagata

l’ammenda nondimeno sia tenuto a fare entrare il figlio nella Società.

E che i Ministeriali ed il Massaro siano obbligati a raccogliere tutte

le somme per coloro che sono entrati a fare parte della Società e i quattro

denari dovuti per le messe e le sanzioni pronunciate durante il tempo15della loro carica.

E che facciano giuramento nell’Assemblea.

E che il Massaro è obbligato a prendere dal maestro che è entrato a

fare parte della Società una buona garanzia e che, nello spazio di un

mese, dopo il suo ingresso, egli pagherà dieci soldi se è della Città o del

Contado di Bologna come detto sopra, venti soldi Bolognesi se è di un

altro distretto.

E che se il Massaro e i Ministeriali non raccoglieranno queste

somme, essi siano tenuti a pagare in proprio alla Società ed a compensare

in denaro ed in pegni in modo che la Società sia ben garantita, entro otto

giorni della fine del mese.

E i controllori dei Conti (Inquisitori) siano tenuti a controllare tutto

ciò come detto sopra e nel caso che non sia stato rispettato, a pronunciare

le sanzioni previste dallo Statuto della Società.

Aggiungiamo che chiunque entrerà a fare parte della Società

pagherà come diritti di entrata venti soldi Bolognesi.

Noi l'ordiniamo per coloro che da oggi in poi si metteranno ad

imparare l’Arte, e sia valido a partire da oggi 8 di marzo 1254,

dodicesimo dell’indizione.

Diciamo inoltre che coloro che non avranno avuto maestri (della

Società) per apprendere l’Arte paghino tre libre Bolognesi come diritto di

entrata (di ammissione).

VIII – DEL FATTO CHE NESSUN MAESTRO DEBBA NUOCERE

AD UN ALTRO MAESTRO NEL LAVORO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessun maestro del muro e del

legno debba nuocere ad un altro maestro della Società dei maestri,

accettando un lavoro a prezzo prefissato, dopo che esso sia stato

assicurato a un altro e siglato col palmo della mano o dopo che l’altro

l’abbia ottenuto in qualsivoglia mezzo e modo. Eccetto il caso che un

maestro sia sopravvenuto prima che il lavoro sia stato assicurato all’altro

e siglato col palmo di mano e se quello ne chiederà una parte, egli sia

obbligato a darla se quello la vorrà.

Se invece già c’è stato accordo su quel lavoro, l’uno non sia

obbligato a darne una parte se non vorrà.

E chi contravverrà paghi un’ammenda di tre libre Bolognesi ogni

volta che contravverrà. E i Ministeriali siano tenuti ad imporre le

ammende previste dallo Statuto, entro un mese dalla certezza ed evidenza

dell’infrazione, fatti salvi gli Statuti e gli Ordinamenti del Comune di

Bologna. E che le ammende e le sanzioni giungano all’amministrazione

(corpora) della Società e siano conservate.

IX – DEL CONTO CHE IL MASSARO DEVE RENDERE E

DELL’INCARICO CHE DEVE SVOLGERE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro della Società dia conto

del suo operato entro un mese dall’avere lasciato il suo incarico ai

Controllori dei Conti (Inquisitori) a meno che sia esentato dai

Ministeriali nuovi e dal Consiglio della Società o che egli ne sia impedito

per volontà di Dio.

E il detto Massaro sia tenuto a dare rendiconto di tutte le entrate e

delle spese sostenute e stabilite in quel periodo.

E che tutti i Maestri che in quel periodo saranno entrati a fare parte

della Società, siano da lui riportati su un quaderno allo scopo di sapere se

hanno pagato o non.

16E ordiniamo che tutte le scritture debbano rimanere nelle mani del

Massaro.

E che il Massaro sia tenuto a consegnare e trasmettere per iscritto

al Massaro suo successore, durante l’assemblea della Società, tutte le

scritture riguardanti la Società e tutto ciò che egli possieda relativo ai

beni della Società, affinché il patrimonio della Società non possa in alcun

modo essere alienato.

E se il Massaro con frode avrà omesso e non osservato quanto

detto, sia punito con venti soldi Bolognesi.

E se avrà trattenuto con frode degli utili della Società che egli li

restituisca al doppio alla Società.

Che inoltre il Massaro uscente, alla fine del suo mandato, sia

tenuto a consegnare al nuovo Massaro tutti i beni della Società, sia le

scritture relative alla Società che il denaro della stessa entro la prima o la

seconda domenica del mese. E che il nuovo Massaro non debba

prorogare il termine al Massaro uscente, oltre il quindicesimo giorno. E

che quest’ordine sia irrevocabile. E se qualcuno dei Massari avrà

derogato, sia punito con venti soldi Bolognesi da pagarsi alla Società.

X – DELL’ELEZIONE DEGLI INQUISITORI (CONTROLLORI

DEI CONTI)

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Controllori dei Conti

(Inquisitori) siano eletti insieme ai Ministeriali e che siano due, cioè uno

per ogni Arte.

E che questi Controllori siano tenuti a controllare il Massaro e i

Ministeriali che governano insieme al Massaro. E che se scopriranno che

il Massaro e i Ministeriali hanno mancato al loro compito o hanno

commesso frode o dolo, li condannino alla restituzione del doppio del

valore trovato in loro possesso e inoltre li condannino a restituire in

semplice la rendita ricevuta. E che siano tenuti ad agire in questo modo e

a controllare e a condannare o ad assolvere entro un mese dal decadere

dell’incarico del Massaro e dei Ministeriali. E sia che abbiano

condannato o assolto, che sia fatto, per iscritto relazione nell’Assemblea

della Società. E se i Controllori avranno derogato e non avranno

osservato questi ordini, che ciascuno di essi sia punito con dieci soldi ed

espulso, salvo che egli ne sia impedito dalla volontà di Dio o che ne

abbia avuto licenza dai Ministeriali e dal Consiglio della Società.

XI – DELLA TRASCRIZIONE DEI RINNOVI DEL CONSIGLIO

Affinché mai nessuna contestazione sia sollevata tra i soci, noi

ordiniamo che tutti i rinnovi della Società dei maestri del muro e del

legno o del Consiglio della Società, siano trascritti su un quaderno

speciale e che il Massaro e i Ministeriali ne siano obbligati (a farlo) sotto

pena di un’ammenda di cinque scudi Bolognesi.

XII – CHE IL MASSARO E I MINISTERIALI SIANO TENUTI A

RENDERE CONTO DEL LORO OPERATO UNA SOLA VOLTA

E NON DI PIU’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro e i Ministeriali della

Società siano tenuti a rendere conto una sola volta di tutte le entrate e le

spese. E che dopo che essi saranno stati controllati una volta riguardo ai

conti che dovevano presentare, essi non siano più tenuti a rendere conto,

a meno che essi non siano stati denunciati o accusati di avere commesso

dolo o frode o d’avere conservato illegalmente presso di sé denaro17comune o della Società, nel qual caso chiunque voglia accusarli deve

essere ascoltato. E che coloro che sono stati controllati una volta, non

debbano esserlo più. E che questa disposizione si applichi tanto per il

passato che per il futuro.

XIII – DEGLI ORDINI CHE DEVONO ESSERE DATI DAI

MINISTERIALI E DAL MASSARO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che tutti gli ordini che i Ministeriali o

il Massaro, o l’un o l’altro di essi daranno riguardo al danaro ed altre

cose relative al mestiere che un maestro deve dare o fare per un altro

maestro siano stabilite e ordinate entro dieci giorni. E che se il maestro al

quale è stato dato un ordine non lo avrà eseguito entro dieci giorni, i

Ministeriali e il Massaro siano tenuti entro cinque giorni dopo quei dieci,

a procurare al creditore un pegno sui beni del suo debitore affinché egli

sia completamente risarcito di ciò che gli spetta e delle spese. E che

quello sia punito con cinque soldi Bolognesi se i Ministeriali lo riterranno

opportuno. E che questo sia irrevocabile.

E se colui che deve del denaro a un altro maestro o a qualunque

altra persona, se dopo essere stato convocato o citato dai Ministeriali o da

uno o più Nunzi della Società non si sia presentato innanzi ai Ministeriali

al Massaro, se non sarà reperito e se sarà citato una seconda volta, che

egli sia punito di nuovo con la stessa somma.

XIV – DEL FATTO CHE UN MAESTRO ASSUMA UN ALTRO

MAESTRO PER LAVORARE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro abbia avuto un

lavoro a un prezzo prefissato, o a giornata o in qualche altro modo

o accorgimento e se vorrà con sé un altro maestro per fare questo lavoro

e se questi lavorerà con lui, quel maestro che avrà assunto un altro

maestro sia obbligato a pagare il suo servizio a meno che non sia un

Ministeriale o il Massaro della Società che metta questo maestro al

lavoro per il Comune di Bologna. E chi contravverrà sarà punito a

giudizio dei Ministeriali.

XV – QUANTO I MAESTRI MINISTERIALI E IL MASSARO

DEBBANO AVERE PER LE LORO PRESTAZIONI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e il Massaro che

avranno l’incarico in avvenire debbano avere ciascuno per la loro

prestazione cinque soldi Bolognesi nei sei mesi. E che i Ministeriali e il

Massaro siano obbligati a recuperare tutte le ammende, le sanzioni e i

contributi prima di lasciare l’incarico, s’intende ciascuno per il proprio

quartiere. E se non li avranno recuperati entro il tempo stabilito, che essi

siano obbligati a pagare in proprio alla Società la somma corrispondente

al totale che non hanno recuperato.

E che i Ministeriali ed il Massaro siano esclusi dagli incarichi per

un anno dalla fine del loro mandato.

E prescriviamo che i Ministeriali non ricevano pegni né denari, ma

che sia il Massaro a ricevere i pegni e tutti i denari e che, prima del

decadere dal loro incarico egli paghi ai Ministeriali le loro prestazioni sui

fondi dei membri della Società.

XVI – DEI CERI PER I DEFUNTI CHE DEVONO ESSERE FATTI

PER CONTO DELLA SOCIETA’

18Noi stabiliamo ed ordiniamo che siano comprati due ceri a spese

dei membri della Società e che questi debbano restare presso il massaro

della Società. E che essi siano in tutto di sedici libre di cera e che

debbano essere portati presso la salma quando un maestro sarà morto.

XVII – DEL FATTO CHE TUTTI I MAESTRI DEBBONO

ANDARE DAL SOCIO DEFUNTO QUANDO SARANNO

CONVOCATI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei nostri soci sia stato

chiamato o convocato dal Nunzio o da qualcuno per lui, venga presso il

socio defunto e se non verrà che egli paghi a titolo di ammenda dodici

soldi Bolognesi a meno che egli non abbia un’autorizzazione o un giusto

impedimento. E che la salma debba essere portata dai membri della

Società.

E il Nunzio della Società debba avere dalla Società diciotto denari

per ciascun morto, dagli averi della Società. E se il Nunzio non sarà

andato né venuto per radunare i Soci, che egli paghi a titolo di ammenda

diciotto denari alla Società. E che i Ministeriali e il Massaro siano

obbligati a recuperare quei denari.

XVIII – DEL FATTO CHE I MINISTERIALI DEBBANO FARE

VISITA AI SOCI AMMALATI E DARE LORO ASSISTENZA

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei nostri soci sarà

ammalato, i Ministeriali debbano fargli visita se l’avranno saputo e che

gli debbano dare assistenza e aiuto.

E se uno morisse e non potesse essere sepolto con i suoi mezzi, che

la Società lo faccia seppellire onorevolmente a sue spese.

E che il Massaro possa spendere fino alla somma di dieci soldi

Bolognesi, e non di più.

XIX – DEL FATTO CHE I NUNZI SIANO SOLLECITI ALLE

RISCOSSIONI DI QUELLI CHE SONO STATI CONDANNATI E

CHE TRASCURANO DI OFFRIRE PEGNI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e i Massari che

saranno in carica in futuro, se avranno fatto un pignoramento a un

maestro per dei contributi o sanzioni o altra causa, si rivolgano su di lui

per tutte le spese che avranno sostenuto per recuperare il dovuto

attraverso i Nunzi del Comune di Bologna o in qualunque modo.

E i Ministeriali e il Massaro che sosterranno delle spese per questa

causa, le facciano in proprio, a meno che non le abbiano sostenute per

volontà della Società o del Consiglio.

E se colui che deve versare denaro per questa causa non avrà

consentito al Nunzio della Società di pignorarlo, sia punito con tre scudi

Bolognesi ogni volta che avrà contravvenuto.

XX – DI COLORO CHE SI IMPEGNANO PER CONTRATTO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno si impegna con un

altro per contratto senza essere rimasto col suo maestro o padrone (o

Signore) e senza avere condotto a termine l’impegno con quello, egli non

sia assunto prima di quel termine da nessun altro maestro della Società, e

che nessun aiuto o assistenza gli sia data da nessun maestro che lo abbia

saputo o al quale sia stato denunciato. E chiunque contravverrà, sia

punito con venti scudi Bolognesi.

19XXI – DEL FATTO CHE NESSUNO VADA A CHIEDERE LA

BENEDIZIONE (INIZIAZIONE) PIU’ D’UNA VOLTA

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessun della Società vada a

richiedere la benedizione (iniziazione) più di una volta. E chi

contravverrà sarà punito con sei soldi Bolognesi per volta.

XXII – DEL FATTO CHE NESSUNO RICEVA LA BENEDIZIONE

(INIZIAZIONE) PER SUA DECISIONE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno riceverà la

benedizione (iniziazione) per sua decisione, sia punito con sei soldi

Bolognesi ogni volta che contravvenga.

XXIII – DEL FATTO CHE NESSUNO DEBBA RIMANERE SUL

LATO DELL’ALTARE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno debba rimanere a lato

dell’altare, rivolto verso la Chiesa, sotto pena di un’ammenda di tre

denari ogni volta che contravvenga.

XXIV – DELLA GIUSTA RIPARTIZIONE DEGLI ONERI TRA I

MAESTRI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se uno dei Ministeriali ordini ad

un maestro del suo quartiere di presentarsi a un lavoro per la comunità

trattandolo alla pari con gli altri maestri e questi non si presenti; egli sia

punito con dieci soldi Bolognesi.

E che nessun maestro può designare un altro maestro del muro e

del legno in qualche lavoro per il Comune di Bologna o altrove e chi

contravvenisse sia punito con venti soldi Bolognesi.

E i Ministeriali che saranno in carica debbono fare questa

designazione mettendo sullo stesso piano i maestri per quartiere, vale a

dire quei Ministeriali che saranno presenti in città al momento della

designazione.

E se un Ministeriale non tratterà un maestro alla pari, commettendo

frode o dolo, o se egli agirà spinto da odio contro quello e se ciò sarà

chiaro e manifesto, sia punito con venti soldi Bolognesi, a meno che egli

sia stato convocato dal Podestà o da qualcuno dell’ambiente (della

famiglia) per provvedere a un lavoro per il Comune di Bologna, (per cui)

potrà confermarsi a quel valore senza pena né ammenda.

XXV – DEL FATTO CHE NESSUNO DEBBA ALZARSI IN UNA

RIUNIONE DEI MAESTRI PER ESPRIMERE IL PROPRIO

PARERE SE NON SU CIO’ CHE SARA’ STATO PROPOSTO DAI

MINISTERIALI O DAL MASSARO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba

alzarsi per parlare e per esprimere il suo parere in una riunione se non su

ciò che sarà stato proposto dai Ministeriali o dal Massaro. E chi

contravverrà sia punito con dodici soldi Bolognesi e che egli paghi subito

questa somma o che dia un pegno.

XXVI – DEL FATTO CHE NESSUNO DISTURBI O GRIDI

QUANDO QUALCUNO PARLA O FA UNA PROPOSTA

NELL’ASSEMBLEA DEI MAESTRI SUDDETTI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno disturba una riunione

dopo che un Ministeriale o più Ministeriali o il Massaro o qualcun altro20abbia fatto una proposta o abbia preso parola tra i soci, sia punito con tre

denari da pagarsi subito: E che i Ministeriali e il Massaro siano tenuti per

giuramento a riscuotere ciò. E che se non lo riscuotono paghino essi

stessi l’equivalente alla Società.

XXVII – DELLA RETRIBUZIONE DEL NUNZIO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società abbia un Nunzio,

ovvero uno per due quartieri e un altro per gli altri due e che essi debbano

avere ciascuno annualmente trenta soldi Bolognesi e che debbano reggere

i ceri se qualcuno morrà e che debbano andare al domicilio del Massaro

(e ricevere) un denaro per ogni commissione da parte di coloro che li

hanno incaricati.

XXVIII – IN CHE MODO E IN QUALI FORME GLI ASSOCIATI

DEBBONO RIUNIRSI PER UN SOCIO DEFUNTO E IN QUALI

LUOGHI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se il defunto è del quartiere della

Porta Stera, i soci si radunino a San Gervasio. Se il defunto è del

quartiere di S. Procolo, che i soci si radunino a S. Ambrogio. Se poi il

defunto è del quartiere della Porta Ravegnana, che i soci si radunino a S.

Stefano. E se il defunto è della Porta S. Pietro, che i soci si radunino nella

Chiesa di S. Pietro. E che i Nunzi siano tenuti, quando convocano i soci,

a dire in quale quartiere è il defunto. E che se non lo dicono siano puniti

con due scudi Bolognesi ad ogni contravvenzione.

XXIX – DEL FATTO CHE CIASCUNO MEMBRO DELLA

SOCIETA’ SIA TENUTO A PAGARE OGNI ANNO TRE DENARI

PER LE MESSE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun (membro) della Società

sia tenuto a pagare ogni anno per le messe e che i Ministeriali siano

tenuti a raccogliere quelle somme.

XXX – DEL FATTO CHE NESSUNO POSSA ASSUMERE

UN’APPRENDISTA PER MENO DI QUATTRO ANNI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba in

alcun modo o mezzo assumere un’apprendista (discepolo) per meno di

quattro anni e (che debba) dargli un paio di focacce per ogni settimana e

un paio di capponi per Natale e venti soldi Bolognesi entro cinque anni.

E chi contravverrà ai venti soldi Bolognesi e alle focacce e ai capponi sia

punito con venti soldi Bolognesi ogni volta che contravverrà un ciascuno

di questi punti.

E prescriviamo che tutti gli atti (di assunzione) da oggi in avanti

debbano essere compiuti presso un Notaio della Società in presenza di

almeno due Ministeriali e che debbano essere scritti su un registro che

resterà sempre presso il Massaro. E chi contravverrà paghi come

ammenda tre libre Bolognesi. E ciò sia irrevocabile.

XXXI – DEL FATTO CHE CIASCUNO DELLA SOCIETA’ SIA

TENUTO A MOSTRARE AI MINISTERIALI IL CONTRATTO

DEL SUO APPRENDISTA ENTRO IL TERMINE DI UN ANNO

DAL MOMENTO IN CUI L’HA ASSUNTO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun membro della Società sia

tenuto entro un anno dall’assunzione di un’apprendista, a mostrare il

contratto ai Ministeriali della Società. E che chi contravverrà sia punito21con cinque soldi Bolognesi per ogni contravvenzione.

XXXII – DEL FATTO CHE NESSUNO POSSA ASSUMERE CHI

NON SIA DELLA CITTA’ O DEL CONTADO DI BOLOGNA O

CHI SIA SERVO (AL SERVIZIO) DI QUALCUNO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società possa

tenere né debba avere come apprendista qualcuno che sia un servo o sia

di un altro territorio (distretto). E chi contravverrà sia punito con cento

soldi Bolognesi per ogni infrazione.

E prescriviamo che se qualche socio sposerà una serva (non libera),

paghi a titolo di ammenda dieci libre e che sia escluso (espulso) dalla

Società. E ciò sia irrevocabile.

XXXIII – DEL FATTO CHE I MAESTRI SIANO TENUTI A FARE

ACCOGLIERE I DISCEPOLI (APPRENDISTI) NELLA

SOCIETA’ ENTRO DUE ANNI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che ciascun maestro sia tenuto a fare

accogliere come discepolo il suo (apprendista) nella Società dopo che

questi sia rimasto con lui per due anni e a garantire per questo discepolo

una e buona sufficiente sicurezza (per la) sua entrata nella Società. E che

coloro che contravverranno siano puniti con venti soldi Bolognesi per

ogni contravvenzione e in ogni caso se non recepiscono questa (garanzia

d’idoneità).

XXXIV – DEL FATTO CHE NESSUNO DELLA SOCIETA’

DEBBA LAVORARE PER QUALCUNO CHE DEBBA

QUALCOSA AD UN MAESTRO. IN ROSSO.

Noi stabiliamo ed ordiniamo che nessuno della Società debba

lavorare a giornata o a prezzo prefissato per qualcuno che debba dare

qualcosa o pagare del denaro a un maestro per motivi di lavoro una volta

venutone a conoscenza o esserne stato informato dallo stesso maestro o

dai Ministeriali della Società. E chi contravverrà sia punito con venti

soldi Bolognesi per ogni maestro e che li paghi ai maestri come indennità

per il loro lavoro. E che i Ministeriali siano tenuti a comminare le

ammende entro otto giorni dal momento in cui il fatto è divenuto noto ed

evidente e che facciano pagare ai maestri le indennità.

XXXV – DEL FATTO CHE LA SOCIETA’ DURI PER DIECI

ANNI

Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che questa Società

debba durare dieci anni in tutto o più secondo quanto deciderà la Società

o la sua maggioranza a scrutinio.

XXXVI – DEL FATTO CHE NESSUNO SI LAMENTI DEI

MINISTERIALI DAVANTI AL PODESTA’ O A UN SUO

GIUDICE (MAGISTRATO)

Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che un maestro della Società non

possa in alcun modo o forma, né debba andare avanti al Podestà o al suo

Tribunale per lamentarsi dei Ministeriali o di uno di loro. E chi

contravverrà paghi a titolo di ammenda tre libre Bolognesi per ogni

contravvenzione. E che ciò sia irrevocabile.

XXXVII – PUBBLICAZIONE DEGLI STATUTI

Questi Statuti sono stati letti e resi pubblici nell’Assemblea della

22Società riunita per mezzo dei Nunzii, secondo le modalità usuali (more

solito), nel cimitero della Chiesa di S. Procolo nell’anno del Signore

1248, sesto dell’indizione nel giorno 8 di agosto, sotto il Potestato di

Bonifacio De Cario, Podestà di Bologna.

XXXVIII – DEL FATTO CHE IL MASSARO E I MINISTERIALI

SIANO TENUTI A RACCOGLIERE I CONTRIBUTI

(COLLETTE)

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro dei maestri del legno

sia tenuto a raccogliere tutti i contributi imposti e le sanzioni da lui

pronunciate e le ammende comminate durante il suo mandato. E che se

egli non le raccoglie le paghi in proprio al doppio. E che il Notaio sia

tenuto col Massaro a raccogliere i contributi, le sanzioni, le ammende, le

penalità.

E che i Ministeriali siano tenuti ad andare ciascuno nel suo

quartiere a recuperare contributi, sanzioni, ammende.

E che il Nunzio della Società debba andare col Massaro e che se

essi non andranno siano puniti con cinque soldi Bolognesi ad ogni

mancanza.

XXXIX – DEL FATTO CHE IL NUNZIO DELLA SOCIETA’

DEBBA RESTARE IN CARICA UN ANNO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Nunzio della Società debba

restare in carica un anno che abbia per compenso quaranta soldi

Bolognesi.

XL – DEL NOTAIO DELLA SOCIETA’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali ed il Massaro

debbano assumere un buon Notaio per la Società e che egli debba restare

in carica un anno, che debba trascrivere le entrate del Massaro e le spese

e che debba fare tutti gli atti e le modificazioni e gli Statuti della Società

e che egli debba avere come compenso quaranta soldi Bolognesi.

XLI – DEL FATTO CHE SI DEBBANO FARE DUE LIBRI DEI

NOME DEI MAESTRI DEL LEGNO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che si debbano fare due libri dei nomi

dei maestri del legno e che ciascuno (dei nomi) sia nell’uno e nell’altro.

E che il Massaro debba conservare uno e un altro maestro debba

conservare l’altro. E che se un maestro morrà, sia cancellato da questi

libri.

XLII – DEL RENDICONTO DEI MINISTERIALI E DEL

MASSARO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali e il Massaro

debbano dare il rendiconto la penultima domenica del mese, sotto l’altare

di S. Pietro.

XLIII – SULLA COMPILAZIONE DI UNA TAVOLA

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali in carica in futuro

siano tenuti a fare una tavola dei nomi dei maestri del legno conforme

all’iscrizione (alla Società). E se i Ministeriali mandano qualcuno al

servizio del Comune di Bologna, questo debba andare secondo il suo

turno, in modo che nessuno sia danneggiato; sotto pena di cinque soldi23Bolognesi per ciascuno (dei Ministeriali) ogni volta che avrà

contravvenuto.

XLIV – DEL FATTO CHE NESSUNO DEBBA CALUNNIARE LA

SOCIETA’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno avrà pronunciato

offese o calunnie alla Società sia punito con venti soldi Bolognesi per

ogni volta. E che ciò sia irrevocabile. E che i Ministeriali siano tenuti a

richiedere queste somme. E che se non li avranno richieste paghino il

doppio in proprio.

XLV – DEL FATTO CHE I MINISTERIALI DEBBANO

DECADERE (NON PIU’ ELEGGIBILI)

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali in carica debbano

decadere, al termine del loro mandato, per un anno.

AGGIUNTE AGLI STATUTI DEI MAESTRI

XLVI – DEL FATTO CHE LE SOCIETA’ DEBBANO RIUNIRSI

SEPARATAMENTE

Noi stabiliamo ed ordiniamo che la Società dei maestri del legno

debba riunirsi a parte là dove le piacerà ai Ministeriali della Società e che

la Società dei maestri del muro debba allo stesso modo radunarsi a parte

là dove piacerà ai Ministeriali della Società in modo che esse possano

riunirsi insieme e solo se i Ministeriali di queste Società decidano di

riunirle insieme,esse potranno riunirsi.

E i Ministeriali devono restare uniti per rendere conto ai maestri

del muro e del legno che vorranno interrogarli, due volte al mese, cioè

ogni due domeniche.

XLVII – DELLA RETRIBUZIONE DEI COMPILATORI DEGLI

STATUTI (STATUTARI)

Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che i quattro (Statutari) preposti

agli Statuti che saranno in carica in futuro, abbiano ciascuno due soldi

Bolognesi come retribuzione.

XLVIII – DELLA CONFEZIONE DI UN CERO

Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che, a spese della

Società, sia fatto un cero di una libra che dovrà bruciare alle messe della

Società.

IL – DEI CERI DA DARE ANNUALMENTE ALLA CHIESA DI S.

PIETRO

Parimenti stabiliamo ed ordiniamo che siano dati ogni anno, a

spese della società, alla Chiesa di S. Pietro, Cattedrale di Bologna, nella

festa di S. Pietro, al mese di giugno quattro ceri di una libra. E che i

Ministeriali che saranno in carica sian tenuti ad acquistarli sotto pena di

cinque soldi Bolognesi ciascuno.

L – DEL FATTO CHE UN MAESTRO CHE ABBIA LICENZIATO

UN APPRENDISTA (DISCEPOLO) PRIMA DEL TERMINE,

POSSA AVERNE UN ALTRO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che se un maestro della Società dei

muratori licenzi un sua apprendista (discepolo) prima del termine di 5

anni, egli non possa avere un altro apprendista prima che sia passato il24periodo di 5 anni, sotto pena di ammenda di quaranta soldi Bolognesi.

LI – DELL’ACQUISTO DI UN DRAPPO FUNEBRE PER LA

SOCIETA’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Massaro e i Ministeriali che

saranno in carica nel nuovo anno, siano tenuti all’acquisto di un buon

drappo funebre per la Società a spese della Società. E che il drappo sia

portato al capezzale dei membri della Società che moriranno, così come

dei familiari di coloro che sono della Società per i quali sarà comprato e

non al capezzale di chi non è della Società.

LII – DELLA RETRIBUZIONE DEL CONSIGLIERE DEGLI

ANZIANI

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Consigliere che sarà dato agli

Anziani (al Consiglio degli Anziani) (in rappresentanza) della Società dei

muratori sia designato dai Ministeriali di questa Società. E che egli abbia

per compenso cinque soldi Bolognesi dal fondo della Società di cui

dispongono i Ministeriali, nel caso che egli resti in funzione per sei mesi.

Se egli resta in carica tre mesi, che egli abbia soltanto due soldi e sei

denari Bolognesi.

LIII – DEL FATTO CHE IL MASSARO E I MINISTERIALI

SIANO TENUTI A DARE IL RENDICONTO

Noi stabiliamo ed ordiniamo che i Ministeriali ed il Massaro in

carica in futuro siano tenuti a fare presentare il rendiconto ad ogni

membro della Società dei muratori a chiunque, non membro (della

Società dei muratori), lo domanderà.

LIV – SUL NON DISTURBARE NELLE ADUNANZE (NELLE

ASSEMBLEE)

Inoltre stabiliamo ed ordiniamo che non si debba disturbare né

litigare nelle adunanze (nelle Assemblee) della Società. E che chi

contravviene sia punito con venti soldi Bolognesi.

LV – DEL FATTO CHE LA SOCIETA’ DEBBA RIUNIRSI

NELLA CHIESA DI S. PIETRO

Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che la Società debba

riunirsi per ogni attività nella Chiesa di S. Pietro o sopra il Palazzo del

Signor Arcivescovo.

E i Ministeriali offrano alla Chiesa di S. Pietro quattro ceri di una

libra. E che le messe della Società siano celebrate in questa Chiesa.

LVI – DELLA NECESSITA’ DI AVERE PIU’ NUNZI NEL CASO

CHE UN ( MEMBRO) DELLA SOCIETA’ MUOIA

Noi stabiliamo ed ordiniamo che, allorché qualcuno della Società

muoia, i Ministeriali possono avere uno o più Nunzi per fare riunire i

Soci presso il corpo del defunto, e che compensino (i Nunzi) come

sembrerà loro giusto, a spese della Società.

LVII – DI COLORO CHE NON VERSANO IL DENARO PER LE

MESSE

Noi stabiliamo inoltre ed ordiniamo che se qualcuno non verserà

quattro denari Bolognesi per le messe nel termine fissato dai Ministeriali,

questi debba versare il doppio al Nunzio che andrà al suo domicilio per25riscuotere la somma.

LVIII – DELLA NECESSITA’ DI FARE COPIA DEGLI STATUTI

DELLA SOCIETA’

Allo stesso modo stabiliamo ed ordiniamo che tutti gli Statuti della

Società siano copiati di nuovo e che là dove si dice i Ministeriali del

muro e del legno, si dica soltanto del muro, in modo che gli Statuti della

Società del muro siano distinti da quelli del legno. E ciò sia irrevocabile.

LIX – DELLA NECESITA’ DI FORNIRE UN PEGNO AL

NUNZIO DELLA SOCIETA’

Poi stabiliamo ed ordiniamo che se un membro della Società non

dia al Nunzio della Società un pegno quando sia richiesto da parte dei

Ministeriali, nessuno debba lavorare con lui sotto pena di un’ammenda di

venti soldi Bolognesi che qualcuno lavorerà con lui, a meno che egli non

accetti di conformarsi agli ordini dei Ministeriali.

LX – DEL COMPENSO DEL NOTAIO DELLA SOCIETA’

Noi stabiliamo ed ordiniamo che il Notaio della Società abbia

compenso, ogni sei mesi, venti soldi Bolognesi e non di più.

LXI – DEL COMPENSO DEGLI INQUISITORI

Infine stabiliamo ed ordiniamo che gli Inquisitori (Controllori dei

Conti) debbano avere

Non senza imbarazzo mi accingo a parlare a Voi di un argomento così importante come è quello il cui tema mi è stato assegnato: a dirvi, cioè, dei due Principi, e dei due simboli, del Fuoco e dell'Acqua, sia nella loro alterità (vera o apparente), sia negli specifici aspetti e funzioni indicati dalle espressioni, apparentemente paradossali, di Fuoco che congela e di Acqua che arde.

Prendiamo in considerazione, anzitutto, il Fuoco. Quando parliamo di Fuoco in questa sede intendiamo, ovviamente un Fuoco essenzialmente immateriale, il Fuoco spirituale che conduce, rischiara, illumina: il Fuoco iniziatico. Non vi è Massone che non abbia preso coscienza dell'aspetto illuminante del Fuoco, dato che la Loggia s'illumina allorché il neofita esce dalla simbolica caverna, e che i nostri lavori hanno inizio con l' accensione, altrettanto simbolica, dei tre candelabri.

Sul piano di un lavoro iniziatico più individualizzato, troviamo il Fuoco come energia interiore, potenza spirituale, il Fuoco filosofico della tradizione alchemica, chiamato anche dagli ermetici Fuoco sacro" e di cui nel Trionfo Ermetico è detto che esso: "É un Fuoco che l'artista prepara secondo l'arte e questo fuoco non è caldo, ma è uno spirito di fuoco introdotto nel soggetto di una stessa natura della pietra e, mediocremente eccitato dal fuoco esterno, la calcina, la dissolve, la sublima ...". L'alchimista - intendendo ovviamente questo termine in senso spirituale - ci appare in realtà come soggetto che domina, o che cer­ca di dominare il Fuoco; e perciò la Tradizione Ermetica si apparenta per tanti versi, come ha mostrato Micerea Eliade, alla Tradizione Fabbrile.

Sul piano fenomenologico - su cui non intenderei qui soffermarmi - è abbastanza noto che certi esercizi e certe esperienze interiori, indicati in molte tradizioni iniziatiche, sono accompagnati sia da sensazioni soggettive, sia anche da manifestazioni oggettive di calore e di luce. Ciò è stato riportato ed esemplificato in molti testi, che non starò qui a ricordare. Vorrei però citare, anche in un senso esortativo per il lavoro che ci accomuna, queste belle parole di Arturo Onofri, poeta che indubbiamente aveva avuto esperienze dell'ordine indicato:

 

Figlio del sole, che dormi dentro la ressa delle tue ossa,

ti desterà la potenza di fuoco d'un volere mondiale rinato in te uomo,

quello che vai presentendo, come un sogno, nel macigno pulsante del sangue.

 

 

Non meno di quello del Fuoco, il contenuto simbolico ed iniziatico dell'Acqua è noto a chiunque si sia occupato di scienze tradizionali. Opposta, e al tempo stesso complementare al Fuoco, essa è rappresentata dal triangolo la cui punta è diretta verso il basso, e costituisce con il triangolo ascendente - quello, appunto, che simboleggia il Fuoco - la perfetta intesa ciò che è in alto e ciò che è in basso. Molti, che ben conoscono il simbolismo del battesimo - vera e propria figurazione, sia pure ridotta, della prova, e pertanto della conoscenza, del cambiamento di stato e di nuova nascita - dovrebbero ricordare che anche al livello profano e normale dei meccanismi psichici, per esempio nel sogno, la nascita è molto frequentemente rappresentata da un'uscita dall'acqua. D'altronde, a guardar bene, ciò è vero anche sul piano filogenetico (poiché tutti sanno che la vita ha avuto inizio nell’acqua), nonché su quello ontogenetico (poiché prima di uscire dall'alvo materno, il feto umano si trova nelle acque dell'amnios).

Ma per rifarci ad uno dei tanti possibili esempi tratti dalla Tradizione Massonica, basterà pensare alle due grotte - una contenente fuoco, l'altra acqua - nelle quali passano, nel corso delle loro prove, Tamino e Pamina nell' immortale "Flauto magico" del Fratello Mozart. E a proposito di una confraternita che rappresenta tuttora per noi grande interesse, quella dei Templari, ricordiamo, con Fulcanelli, che i Templari avevano due battesimi: uno quello dell'acqua o essoterico, l'altro, esoterico, quello dello spirito o del  fuoco… è  scrive Fulcanelli il battesimo di luce dei Massoni.

 

Nella tradizione ermetica le acque - variamente chiamate umido radicale, Venere terrestre, matrice cosmica, sostanza primordiale… sono  la sostanza indifferenziata e plastica, lo sfuggente Mercurio, il fluido riflettente che occorre fermare e fissare.

Nel Genesi lo Spirito di Dio aleggia sopra le acque; e in varie leggende e tradizioni, il superamento vittorioso della prova dell'acqua è indicato, per l'appunto, nella immagine di chi arresta o divide le acque, o di chi, addirittura, cammina sull'acqua.

Dopo le anzidette premesse generali, ancorché oltremodo sommarie, circa i significati simbolici e iniziatici del Fuoco e dell'Acqua, debbo ora considerare, volta a volta i due temi specifici, oggetto principale di questa Tavola: le rappresentazioni, cioè del Fuoco che congela e dell'Acqua che arde.

 

Cominciamo dal primo, non senza rilevare, subito all'inizio, che il congelamentodi cui qui si tratta, non implica sempre e necessariamente l'idea di freddo - anche se talvolta questo ultimo possa verificarsi internamente o esternamente. Per congelamento si può e si deve intendere, anzitutto, l’azione di rendere fisso il volatile, secondo la terminologia alchemica; la qual cosa è, appunto, uno dei risultati a cui deve tendere l'azione del Fuoco interiore. É ciò che esprime un mistico cristiano troppo poco studiato il Gichtel, allorché trattando di quella che egli chiama l'ottava forma del Fuoco, scrive che per passare il limite fra la natura esteriore temporale e quella interiore eterna, occorre: che l'anima, per ripetuti passaggi attraverso le forme del Fuoco, sia divenuta fissa. Nella Lettera sul Fuoco Filosofico, di Giovanti Pontano, è scritto che il Fuoco stesso disgrega, scioglie, congela tutto e similmente calcina. Il nostro Fuoco è minerale ed eterno, non evapora se non è eccitato oltre misura; partecipa dello zolfo, non proviene dalla materia; distrugge, dissolve, congela e calcina tutte le cose.

Da un punto di vista più vicino alle nostre abituali concezioni, e tecniche, non troveremo strano che il Fuoco, adoperato nella guisa indicata, ponga l'iniziato di fronte a qualche cosa che apparentemente lo contraddice per cui a un traboccamento di calorifica luce può corrispondere quel nero più nero del nero, in cui qualcuno, nel corso di certi esercizi, si sarà probabilmente

imbattuto.

É curioso notare come anche nel mondo fisico sembrino trovarsi corrispondenza a ciò che qui andiamo considerando. Giunti ad una certa altezza nella stratosfera, gli osservatori - primo tra essi il celebre professor Picard - hanno percepito il sole come nero e ne hanno derivato una sensazione di gelo, sembrando così confermare, su un piano di constatazione o di percezione profana, ciò che scrive, ad esempio, Fulcanelli, e cioè che secondo certi alchimisti, il sole è un astro freddo e i suoi raggi sono oscuri. Si tratta, beninteso, di modi di dire: o maglio, di esperienze soprattutto interiori, che solo apparentemente sembrano contraddire una realtà percepibile, in nome di una realtà più universale e più vera.

Estendendo queste ultime considerazioni si potrebbe pensare a molte deità nere, dall'Osiride delle alte iniziazioni egiziane alla Venere Urania e alle diverse Vergini nere, venerate qui e là nel mondo cattolico. La stessa pietra nera della Mecca è probabilmente il simbolo del ghiacciamento operato dal Fuoco interiore e ctonico.

In un testo tibetano, i due principi metafisici qui considerati sono, rispettivamente, chiamati Diamante - Folgore e la sua Sposa. Dal loro amplesso nasce la potenza.

Citiamo ancora una volta Arturo Onofri:

 

E fra l'altre manie del mezzogiorno,

ecco me, congelato in stella fissa,,

che esaspero l'antica aria di piaghe

metalliche, sull'erba di corallo.

 

Il congelamento in stella fissa, secondo l'espressione del poeta, corrisponde allo stato di coscienza che ho cercato di lumeggiare, e mi pare illustri assai bene un momento dell'esperienza interiore tipico del congelamento operato dal Fuoco.

 

Ed eccoci, infine, all'Acqua che arde. Non è questa, evidentemente l'acqua della cosiddetta via umida; è piuttosto l'Acqua ignea che opera quale solvente nelle operazioni alchemiche, è l'Acqua tersa permanente della Turba Philosophorum . In questo celebre testo alchemico troviamo scritto: vi raccomando di lavar la Materia vostra col Fuoco e di cuocerla con l'Acqua; giacché la nostra Acqua la cuoce e la brucia e il nostro Fuoco la lava e la dénuda.

Questa Acqua, questo solvente universale", o come altrimenti è stata definita, questa Acqua di Tartaro, è in primo luogo, beninteso, il simbolo di qualche cosa che occorre mobilitare e utilizzare attingendo alle nostre stesse profondità: prima, molto prima che si possa pensare a trovarne un corrispettivo in quelle che tradizionalmente sono state anche chiamate Acque corrosive. É ben noto che in certi procedimenti iniziatici, talune sostanze chimiche sono state e sono adoperate a certi scopi, così descritti da un occultista che ha preferito celarsi sotto il

velo dell’anonimato: invece di disciogliere il corpo a mezzo del risveglio preliminare dell'anima, costringere l'anima al risveglio a mezzo di agenti speciali, che provocano subitanee reazioni nella compagine più profonda delle forze del corpo, nel senso di salti bruschi di stati abnormi di vibratïlità e di instabilità fluidica.

É dunque un'opera di corrosione, che costringe a salti di qualità assai pericolosi, per cui non si

saprebbe se non energicamente dissentire da simili procedimenti. Voglio dire, e confermo, che tali tecniche vanno, a circostanze e individui del tutto eccezionali, in favore dei metodi di gradualità muratoria, architettonici e corali che ci sono propri, che abbiamo liberamente scelto, e che intendiamo perseguire e praticare.

 

Giunto al termine di questa mia esposizione, me ne appaiono tutte le manchevolezze, ma intendo affidarla ugualmente alla vostra considerazione e alla vostra critica.

 

 

Per terminare, e richiamandomi ancora una volta alle apparenti antinomie oggi trattate del Fuoco e dell'Acqua, del Fuoco che congela e dell'Acqua che arde, vorrei ricordare che di là dal piano in

cui si affermano gli opposti, essi debbono, come tutti i contrari, in un certo modo congiungersi e unirsi, fondendosi in una sintesi superiore.

Anche sotto l'aspetto fisico, vediamo che il fuoco e l'acqua trovano una loro complementarità negli aspetti celesti della folgore e della pioggia. Tanto più, quindi possiamo capire che gli alchimisti intendano come acque i raggi e la luce del loro fuoco, e chiamino abluzione una purificazione che avvenga a mezzo del fuoco. Ecco dunque che al limite, possiamo sussunere

in un'unica immagine l'Acqua ignea ed il Fuoco liquido, così come in altra reciproca conversione degli opposti possiamo trovare l'Aria solida e la Terra senza peso.

E non è certo a caso che in una tavoletta Assira, custodita oggi al British Museum di Londra e che risale al primo secolo avanti Cristo, i raggi del sole siano rappresentati in due maniere, ossia tanto da linee rette che da linee ondulate: simboli, rispettivamente e congiuntamente, di Fuoco e di Acqua. Proprio come li troviamo, mi sembra di poter concludere, nella Spada Fiammeggiante che abbiamo dinanzi agli occhi, sintesi feconda delle alterità, supremo strumento operativo e, al tempo stesso illuminativi, di chi ci sprona, ci rischiara e armoniosamente ci orienta.

Fr:. E. S. 

 

 

“… Non avevamo belle insegne, e il nostro Tempio era vecchio e spoglio, ma conoscevamo gli antichi Landmarks, e li osservavamo per filo e per segno...”. Loggia Madre di Rudyard Kipling

1. PREMESSA La Massoneria speculativa trova la propria essenza e sostanza nei cosiddetti Antichi Landmarks dell’Ordine che ciascun iniziato dovrebbe ben conoscere e custodire affinché il proprio lavoro, in comunione a quello degli altri membri dell’Ordine, si mantenga all’interno dei limiti della “Regolarità” massonica. Com’è noto, la storia della massoneria moderna risale al 24 giugno 1717 quando fu fondata, nel giorno di San Giovanni Battista, la Gran Loggia d’Inghilterra1 (Premier Grand Lodge of England2) costituita da quattro logge londinesi che si riunivano in differenti locande della città, segnatamente [1]: - alla The Goose and Gridiron la St. Paul Churchyard; - alla The Crown la Lincoln’s Inn Field; - alla Rummer and Grapes la Channel Row; - alla The Apple Tree la Covent Garden. Di particolare importanza per la massoneria, così come oggi la conosciamo e viviamo, fu la gran maestranza di John Montagu (G.M. negli anni 1721 - 1723), Duca di Montagu e membro della Royal Society – che succedette, rispettivamente, ai Gran Maestri George Payne (in carica nel 1720), John Theophilus Desaguliers3 (in carica nel 1

La nuova Gran Loggia costituiva una novità soprattutto perché mai prima di allora era esistito un organismo centralizzato al di sopra delle singole logge. Infatti, con la fondazione della Gran Loggia di Londra si poneva definitivamente fine all’indipendenza assoluta goduta fino a quel tempo dalle singole logge, così come previsto dall’art. XI dei Regolamenti generali (General Regulations), allegati alle Costituzioni del 1723, il quale prescriveva che tutte le logge dovessero osservare le stesse usanze ed allo scopo prevedeva il diritto di ispezione. 2 La Gran Loggia Unita d’Inghilterra (United Grand Lodge of England) viene fondata nel 1813 dall’unione della Premier Grand Lodge of England e della Ancient Grand Lodge of England (create nel 1751). 3 La Gran Loggia nasce per volere di alcuni hannoveriani, protestanti, guidati da Jean Théophile Desaguliers, figlio di un pastore ugonotto emigrato dalla Francia in Inghilterra dopo la revoca dell’Editto

George Payne (in carica nel 1718) e Anthony Sayer eletto nel 1717 quale primo G.M. – durante la quale vennero approvate, adottate e promulgate, in data 14 gennaio 1723, le ben note Costituzioni dei Liberi Muratori, di James Anderson4 ad edificazione delle Logge componenti la Gran Loggia inglese. Nella revisione delle Costituzioni, pubblicate nel 1734 è scritto testualmente: “Every Annual GRAND-LODGE has an inherent Power and Authority to make new Regulations, or to alter these, for the real Benefit of this ancient Fraternity Provided always that the old LANDMARKS be carefully preserv’d, and that such Alterations and new Regulations be proposed and agreed to at the third Quarterly Communication preceding the Annual Grand Feast” [4], ponendo dunque un limite all’Autorità della Gran Loggia alla quale è concesso di modificare e adattare i propri statuti e regolamenti purchè gli Old Landmarks siano sempre scrupolosamente mantenuti. Per la prima volta nella storia della massoneria, un documento menziona i Landmarks, senza però fornirne alcuna definizione né, tantomeno, un elenco. Ciò potrebbe essere inteso come privo di senso se non si considerasse che la Libera Muratoria è un Ordine Iniziatico le cui conoscenze tradizionali venivano tramandate oralmente, così come d’altronde avviene ancor oggi, limitatamente alla trasmissione dei “misteri del grado”. Né d’altro canto esiste sui Landmarks alcuna fonte storica antecedente al periodo di pubblicazione delle Costituzioni di Anderson. Quest’ultimo, a proposito dei documenti massonici, scrisse: “Assai poco è giunto fino a noi a testimoniare l’esistenza della Massoneria inglese prima del XVII secolo. La maggior parte delle testimonianze legate a Carlo II o gli altri sovrani precedenti si sono perdute anche a causa della Rivoluzione del 1688 e molte altre sono state date alle fiamme in tempi ancor successivi per il timore di scoprirle” [2]. Tra l’altro, detta rivoluzione (definita dagli inglesi Gloriosa Rivoluzione) dette un impulso proprio alla riforma “hannoveriana/andersoniana” del 1717, per contrastare la Massoneria di Rito Scozzese le cui origini sono da ricercare, verosimilmente, in una loggia fondata in Francia da Giacomo II Stuart5 con il beneplacito del cugino Luigi XIV di Borbone6.

di Nantes, a sua volta pastore e membro della Royal Society. Il periodo storico era piuttosto tormentato in quanto contraddistinto dal conflitto tra gli Stuart e gli Orange, in essenza, la lotta tra cattolici e protestanti e, di conseguenza, tra logge “cattoliche” e logge “protestanti”. 4 Ministro della chiesa Presbiteriana, il reverendo Anderson (1678-1739) nel 1721 ebbe affidato dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra l’incarico di rivedere ed adeguare le Antiche Costituzioni gotiche (Old Charges), secondo le decisioni adottate alla fondazione della Gran Loggia stessa nel 1717. Il lavoro, svolto in collaborazione con Desaguliers, fu completato in quattordici mesi. 5 Re d'Inghilterra e di Scozia dal 1685 al 1688, fu l'ultimo sovrano della dinastia Stuart. Figlio di Carlo I e di Enrichetta Maria, durante la guerra civile che portò alla proclamazione della repubblica di Cromwell riuscì a fuggire prima in Olanda e poi in Francia. Con la restaurazione della monarchia nel 1660, suo fratello salì al trono come Carlo II e Giacomo fu nominato duca di York (fonte: Enciclopedia Encarata - 

2. DISAMINA DEI MANOSCRITTI E DEI CATECHISMI MASSONICI Tra i documenti esaminati per le finalità del presente lavoro si citano i seguenti manoscritti: - Statuta et ordinamenta societatis magistrorum muri et lignamiis; documento noto come la “Carta di Bologna” che ad oggi costituisce il più antico atto normativo sulla libera muratoria operativa. Il documento fu redatto in latino da un notaio bolognese in data 8 agosto 1248, per ordine del Podestà Bonifacii De Cario; - Ordinanza della Cattedrale di York, del 1370, documento di proprietà della Cattedrale di York Minster; - Poema Regius (Regius Manuscript)7; si tratta di una pergamena conservata presso il British Museum in cui è scritto un poema composto da versi binari ritmati; - Matthew Cooke Manuscript8 del XV secolo, pubblicato a Londra nel 1891. Di notevole interesse considerato che le due parti che lo compongono – note rispettivamente come “Storia” ed “Antiche Carte” – facevano parte delle Regole Generali della Massoneria, compilate nel 1720, ed in seguito utilmente esaminate da James Anderson per la stesura delle Costituzioni del 1723 [3]; - Lo Statuto di Strasburgo è stato approvato dal capitolo di Ratisbona del 25 aprile 1459 e ratificato a Spira il 9 aprile 1464, dall'imperatore Massimiliano I nel 1488, e confermato da Carlo V e Ferdinando I9; - Gli Statuti Shaw, manoscritto del 1598, a firma di “William Schaw, Maestro delle Opere”; - Il Manoscritto di Graham del 1726. Il Manoscritto Graham prende il nome da Tho Graham, Maestro della Loggia della quale fece parte il redattore10; - il Manoscritto Carmick, del 1727 conservato dalla Gran Loggia di Pennsylvania, consiste di dodici fogli scritti da ambo i lati11 (anche noto per essere il più antico documento massonico in cui è illustrato un quadrato di loggia); - Il Manoscritto, di Sloane del 1659, di proprietà del British Museum...

🌿🌿🌿

Il Maestro è colui che dà al discepolo il potere di trovare il tesoro nascosto o la spada che gli consente la conquista del regno ? Gradiremmo vostre architettoniche tavole da poter pubblicare. Non dimenticate nome e cognome .Potrete inviare tramite e-mail seguente:

                 g.o.m.i.italia@gmail.com 



Il rituale Emulation

Giugno 2008
pagina 1/3

 

 

Non è possibile, per un Maestro Massone, accostarsi al rituale Emulation  senza un sentimento di rispettosa reverenza. Se è vero che l’intero cammino massonico è tutto sintetizzato nei tre Gradi Azzurri, il rituale messo a punto nel 1823 dalla ELOI (Emulation Lodge Of Improvement ) ne distilla l’essenza, concentrando il meglio delle diverse tradizioni in pochi tratti fondamentali.

Negli anni settanta, Emulation venne introdotto in Italia ad opera di Fratelli provenienti dalla ritualità scozzese, e da allora in poi fu sempre praticato in Templi massonici concepiti e arredati in origine per il rituale scozzese. Questi due fatti hanno determinato un curioso effetto : per quanto esistano ormai moltissimi Fratelli italiani assai competenti riguardo all’esecuzione di Emulation, pochi tra loro sono in grado di distinguere esattamente i supporti simbolici strettamente pertinenti alla sua ritualità. 

E’ quest’ultimo un argomento che, se trattato per esteso, potrebbe occupare centinaia di pagine ; qui mi limiterò ad alcuni brevissimi accenni, cogliendo l’occasione per segnalare alcuni spunti di riflessione inediti che, a mio modesto parere, potrebbero essere proficuamente sviluppati.

Trattandosi di un articolo aperto al pubblico, fatta esclusione per due brevi citazioni avulse dal contesto ho omesso di riprodurre letteralmente i dialoghi rituali ; tutte le descrizioni riguardo a quanto avviene nel Tempio sono parafrasate, e limitate a quanto che basta per avviare la riflessione.

 

Una premessa è necessaria : esistono due modi per analizzare il simbolismodi un rituale massonico. Il primo è rapportarlo con il simbolismo massonico tradizionale ; non ho scelto questa strada perché non mi sentivo sufficientemente qualificato a percorrerla. Infatti l’Emulation è il prodotto di un tale titanico lavoro di rielaborazione che per analizzarlo, anche soltanto in minima parte, è necessario un livello di conoscenza della storia della Massoneria che pochi fuori dall’Inghilterra possono vantare, e tra quei pochi io non ci sono.

Il secondo è rapportarlo con il simbolismo esoterico in generale : metodo meno seguito ma non per questo meno interessante. Soprattutto di questi tempi in cui la Massoneria è affiancata in Occidente dalla presenza di altre organizzazioni iniziatiche, un grande interesse si va sviluppando intorno ai possibili “esperanti” che consentano di conciliare le diverse esperienze esoteriche, ma spesso questi tentativi improvvisati denotano approssimazione e confusione su temi che richiederebbero invece  riflessioni misurate e prudenti.

E’ in questo senso che ho cercato di avviare il discorso, perlomeno sotto forma di spunti che il lettore è libero di sviluppare come il cuore gli suggerisce. E’ un approccio che può essere considerato più facile o più difficile, secondo il lato da cui lo si prende : da una parte è indubbiamente è molto più ampia la gamma di analogie offerta all’immaginazione dal mare magnumdell’esoterismo extramassonico, ma proprio per questo è anche più facile “barare”, a volte involontariamente, prendendo in considerazione nell’oggetto della nostra analisi soltanto le cose che abbiamo interesse a vederci.  

Da questo punto di vista l’esame dell’Emulation è particolarmente rischioso, perché la sua diffusione in Italia è stata sempre accompagnata da più o meno velate polemiche – sporadicamente già trattate in altri articoli di questa rubrica – che si sono già ripercosse anche sulle (poche) analisi del rituale già presenti in rete e altrove. Ho avuto la conferma di questo fatto quando alcuni Fratelli – dopo aver letto il mio articolo Orizzonti del Grande Oriente – mi sono venuti a chiedere come sia possibile che un Massone laico e “di sinistra” come me si schieri a favore di un rituale “autoritario”: tale almeno è l’Emulation ai loro occhi.

Gli ho risposto che io sono innanzitutto un esoterista, e che il valore di un rituale – massonico o meno  – lo considero in base al suo contenuto di “influenze C” (per usare un termine gurdjieffiano) : ovvero alla sua capacità di trarre fuori chi lo pratica dalla dimensione profana e di avviarlo sul cammino della conoscenza.

A parte questo, non credo proprio che l’accusa di autoritarismo sia appropriata a questo caso, e uno dei modi per combatterla consiste proprio nel dare risalto all’umile semplicità dell’attrezzatura necessaria perché una Loggia Emulation possa intraprendere regolarmente i lavori.

Attenendosi ai testi che dell’Emulation sono la fonte (ovvero il rituale ELOI e il cosiddetto “rituale nigeriano”), i soli simboli prescritti per il locale sono : la lettera G, disposta sull’asse est-ovest della sala (è questa la sola decorazione muraria richiesta) e il Pavimento a scacchi ospitante nel suo centro il Quadro di Loggia, che è simile in Emulation a quello delle Logge Scozzesi.

Ancora, nell’Emulation praticato al di fuori dei Templi scozzesi le colonne J e B non fanno parte dell’arredamento. Facoltativa è la Pietra Cubica sul banco del Primo Sorvegliante, e la Pietra Grezza sul banco del Secondo.

Sul banco di entrambi i Sorveglianti sono invece presenti le classiche colonnine, l’una da alzare e l’altra da abbassare in Apertura dei Lavori. Del tutto analoghe a quelle del rituale scozzese sono anche le Tre Luci (materialmente rappresentate da tre piccole colonne, recanti le candele del Maestro Venerabile e dei due Sorveglianti) ; analoga è anche la consueta dotazione di collari, attrezzi e spade.

Un’altra differenza risiede nella mancanza del Maestro delle Cerimonie. Nell’Emulation che viene praticato in seno ai principali Ordini, tale figura è stata introdotta ; nell’Emulation originario invece esiste soltanto un “Direttore delle Cerimonie”, il cui compito è di coordinare le “riunioni di istruzione” (che in teoria dovrebbero essere organizzate almeno con la stessa frequenza delle tornate di Loggia).

 

Molto significativamente (e se vogliamo, con un pizzico d’orgoglio), nella ELOI la carica di Direttore delle Cerimonie non viene assegnata ; di qui l’ostinazione con cui certi puristi dell’Emulation ostentano di non considerare il Maestro delle Cerimonie una presenza necessaria per lo svolgimento della tornata, ma nelle nazioni latine il loro punto di vista non ha incontrato, fino ad oggi, nessuna fortuna.

La disposizione degli Ufficiali e dei Fratelli nella Loggia Emulation non è diversa sostanzialmente da quella scozzese. Certe differenze che si possono talora osservare non sono da ricondurre a una presunta divergenza di prescrizioni in materia, quanto piuttosto alla libertà che entrambi i rituali concedono alle Logge su questo punto.

E’ invece prescritto a livello rituale che, in Emulation, i Fratelli si rechino direttamente al loro posto, ovvero senza percorrere il Tempio a squadra (fatta eccezione per alcuni casi particolari).

Non esiste neanche una procedura standard per l’ingresso in Loggia. Ogni Officina è lasciata libera di regolarsi come vuole, salvo per gli ultimi ingressi che devono seguire l’ordine seguente : Past Master, Diaconi, Sorveglianti e Maestro Venerabile. L’ingresso del Maestro Venerabile e dei Sorveglianti può essere annunciato dal Direttore delle Cerimonie, ma l’annuncio è facoltativo.J.D.

Quaderni per la storia della Massoneria n. 5

                          🌿🌿🌿

Il Manoscritto Regius (1390)in Labore vera voluptasIl Manoscritto Regius (1390)

Introduzione

Il cosiddetto Manoscritto Regius è un poema anonimo, probabilmente opera di un uomo di chiesa. Il

testo contiene vocaboli di derivazione francese e la cosa si spiega con i contatti tra Francia e

Inghilterra nel Basso Medioevo e in particolare durante la guerra dei 100 anni (1337-1453). Il

Manoscritto, chiamato anche Manoscritto Halliwell dal nome del suo primo studioso, è un lungo

poema di 794 versi, destinato a determinare, in modo dettagliato, i doveri e gli obblighi degli

scalpellini e dei muratori nei confronti del Mestiere e della Geometria. È considerato il più antico

dei circa cento libri degli Antichi Doveri conosciuti. Sulla base dell'analisi linguistica del testo gli

studiosi concordano ad attribuirgli una data anteriore a quella che usualmente gli viene riconosciuta.

La tesi più accreditata sostiene che il 1390 sia soltanto l'anno in cui il documento venne trascritto da

un copista, ma che la stesura sia in realtà da collocarsi tra il 1250 e il 1300. Il documento è di

straordinaria importanza per la conoscenza della antica massoneria operativa inglese. Lo riportiamo

integralmente nella splendida traduzione della Rivista Massonica dell'agosto 1973, che gli dedicò

l'intero numero. Traduzione poi ripresa dalla quasi totalità delle versioni che si possono trovare oggi

in rete.

Il Manoscritto è preceduto da larghi estratti dello studio sugli Old Charges, apparso nel numero di

settembre 1923 di The Builder, prestigiosa rivista negli anni Venti del secolo scorso della Libera

Muratoria statunitense, a firma di Harry Le Roy Haywood (1886.1956), uno studioso libero

muratore, molto prolifico i cui lavori, ancora oggi di grande interesse, non ci risultano essere mai

stati tradotti in italiano.

G. A.

Harry Le Roy Haywood

Gli Antichi Doveri e ciò che essi rappresentano per noi

(…) Per Antichi Doveri si intendono quegli antichi documenti giunti fino a noi dal XIV secolo in

poi, nei quali sono incorporati la storia tradizionale, le leggende e le regole e i regolamenti della

Massoneria. Essi sono chiamati variamente "Manoscritti antichi", "Costituzioni antiche", "Leggenda

del Mestiere", "Manoscritti gotici", "Registri antichi", ecc. Nella loro struttura fisica questi

documenti si trovano talvolta sotto forma di carta scritta a mano o di rotoli di pergamena, le cui

unità sono cucite o incollate insieme; di fogli scritti a mano e cuciti insieme in forma di libro, e

nella forma stampata familiare di un libro moderno. A volte si trovano incorporati nel libro dei

verbali di una loggia. La datazione stimata va dal 1390 al primo quarto del XVIII secolo e alcuni di

essi sono esempi di bella scrittura gotica. Il maggior numero di essi è custodito dal British Museum.

(…)

Come si è detto, questi Antichi Doveri (tale è il loro appellativo più usato) costituiscono la base

delle moderne costituzioni massoniche (...). Essi stabiliscono la continuità dell'istituzione massonica

attraverso un periodo di oltre cinque secoli, ma probabilmente molto più lungo; e allo stesso tempo,e per lo stesso significato, provano la grande antichità della Massoneria attraverso documenti scritti,

cosa che nessun altro mestiere1 esistente è in grado di fare. Questi manoscritti hanno una forma

tradizionale e leggendaria e non sono quindi da leggere come una ricostruzione storica, tuttavia uno

studio attento e critico di essi (...) getta più luce sui primi tempi della Massoneria di qualsiasi altra

fonte. Si ritiene che gli Antichi Doveri siano stati utilizzati per la formazione di un massone ai tempi

in cui l'Arte era operativa; che in molti casi siano serviti per la costituzioni di logge e che talvolta

abbiano funzionato come ciò che oggi chiamiamo una patente. (...)

Lo studio sistematico di questi manoscritti è iniziato a metà del secolo scorso, quando si sapeva che

ne esistevano solo alcuni. Nel 1872 William James Hughan ne elencava 32. Grazie soprattutto ai

suoi sforzi ne furono scoperti molti altri, tanto che nel 1889 Gould fu in grado di elencarne 62 e lo

stesso Hughan nel 1895 catalogò 66 copie manoscritte, 9 versioni stampate e 11 versioni mancanti.

Negli ultimi anni questo numero è aumentato a tal punto che nell'"Ars Quatuor Coronatorum",

Volume XXXI, pagina 40 (1918), il Fratello Roderick H. Baxter, ora Maestro Venerabile della

Loggia Quatuor Coronati, ne elencava 98, numero che comprendeva anche le versioni che si sa

andate perdute.

(...)

Per poter confrontare meglio una copia con l'altra, il Dr. W. Begemann classificò tutte le versioni in

quattro "famiglie" generali: la Famiglia Grand Lodge, la Famiglia Sloane, la Famiglia Roberts e la

Famiglia Spencer. Questi gruppi di famiglie sono stati ulteriormente suddivisi in rami, ritenendo che

la Famiglia Spencer fosse una derivazione della Famiglia Grand Lodge e la Famiglia Roberts una

derivazione della Famiglia Sloane. In questo metodo complessivo di raggruppamento, l'erudito

dottore fu seguito da Hughan, Gould e dai loro colleghi, e la sua classificazione è ancora valida in

generale .

(...)

Il primo riferimento in un testo a stampa a questi Antichi Doveri è quello del Dr. Robert Plot nella

sua Natural History of Staffordshire, pubblicata nel 1686.(...) Gli Antichi Doveri sono peculiari

dell'Inghilterra. Non sono mai stati trovati documenti simili in Irlanda. I manoscritti scozzesi sono

noti per essere di origine inglese. Findel e altri scrittori tedeschi sostenevano che le versioni inglesi

derivassero in ultima analisi da fonti tedesche, ma ciò è stato smentito. L'unico punto di somiglianza

noto tra gli Antichi Doveri e documenti tedeschi come le Ordinanze di Torgau e le Costituzioni di

Colonia è la Leggenda dei quattro martiri incoronati, che si trova nelle versioni inglesi solo nel

Manoscritto Regius. Come dice bene Gould, i Manoscritti britannici non hanno "né predecessori né

rivali"; sono le cose più ricche e rare in tutto il campo degli scritti massonici.

Se si confrontano i manoscritti degli Antichi Doveri, si vede subito che nel loro racconto della storia

tradizionale del Mestiere variano in molti particolari, tuttavia essi sembrano tutti derivare da

un'origine comune e, in linea di massima, raccontano la stessa storia (...). L'origine di questa

narrazione tradizionale si deve ad un autore preciso o deriva da una tradizione collettiva, come le

leggende degli antichi popoli? Gli studiosi differiscono molto su questo punto. (…)

[Alcuni studiosi sostengono] che la storia sia nata come una vaga tradizione orale generale, che nel

corso del tempo è stata ridotta in forma scritta. In ogni caso, perché la storia è stata scritta? Con

ogni probabilità una risposta a questa domanda non arriverà mai, ma W. Harry Rylands e altri sono

dell'opinione che le prime versioni scritte siano state realizzate in risposta a un Writ for Return

generale emesso nel 1388. Si possono citare le parole di Rylands: "Non mi sembra affatto

improbabile che gran parte, se non tutta, la storia leggendaria sia stata composta in risposta al Writ

for Returns emanato dalle corporazioni di tutto il Paese, nel dodicesimo anno di Riccardo II, nel

1388 d.C.". (A.Q.C. XVL p. 1)2

Nel 1757 il re Giorgio II cedette al British Museum una collezione di circa 12.000 volumi, il cui

primo nucleo era stato creato dal re Enrico VII e che venne conosciuta come Royal Library. Tra

questi libri c'era un manoscritto di rara bellezza scritto a mano su 64 pagine di pergamena, delledimensioni di circa quattro per cinque pollici, che un catalogatore, David Casley, registrò come n.

17 A-1 con il titolo "Un poema sui doveri morali: qui intitolato Constitutiones Artis Gemetrie

Secundem". Solo quando il signor J.O. Halliwell, F.R.S. (in seguito Halliwell-Phillipps), un non-

massone, fece la scoperta, si seppe che il manoscritto era un documento massonico. Phillipps lesse

una relazione sul manoscritto davanti alla Society of Antiquaries nel 1839 e l'anno successivo

pubblicò un volume intitolato Early History of Freemasonry in England (ampliato e rivisto nel

1844), in cui incorporò una trascrizione del documento e alcune pagine in facsimile. (...) Questo

manoscritto era conosciuto come "The Halliwell", o come "The Halliwell-Phillipps" fino a quando,

circa cinquant'anni dopo, Gould lo ribattezzò, in onore della Biblioteca Reale in cui si trova,

"Regius", e da allora questo è diventato il suo nome più conosciuto.

David Casley, un dotto specialista di manoscritti antichi, ha datato il "Regius" al XIV secolo. E.A.

Bond, un altro esperto, lo ha datato alla metà del XV secolo. Il dottor Kloss, specialista tedesco, lo

colloca tra il 1427 e il 1445. Ma la maggioranza ha concordato sul 1390 come data più probabile.

"È impossibile arrivare a una certezza assoluta su questo punto", dice Hughan (...) "se non che non è

probabile che sia più antico del 1390, ma potrebbe essere di una ventina d'anni successivo". Il Dr.

W. Begemann ha fatto uno studio del documento che non è mai stato eguagliato per completezza, ed

è arrivato a una conclusione che può essere riportata con le sue stesse parole: è stato scritto "verso

la fine del 14° o almeno all'inizio del 15° secolo (non a Gloucester, perché è troppo a sud, ma) nel

nord del Gloucestershire o nel vicino nord dell'Herefordshire, o anche forse nel sud del

Worcestershire". (A.Q.C. VII, pag. 35).

(...)

Il Manoscritto Regius è l'unico di tutte le versioni ad essere scritto in versi, e potrebbe essere stato

composto da un sacerdote (…) anche se il punto è contestato. Il poema consta di circa 800 versi, la

parte strettamente massonica termina alla riga 576, dopo la quale inizia quella che Hughan chiama

una "predica" sui doveri morali, in cui si nota una certa vena cattolica romana con riferimenti ai

"sette peccati", alla "dolce signora" (riferendosi alla Vergine) e all'acqua santa. Non esiste una

mariolatria3 così intensa in nessun'altra versione degli Antichi Doveri, anche se la grande

maggioranza di essi esprime fedeltà alla "Santa Chiesa" e tutti (...) sono specificamente cristiani, per

quanto riguarda la religione.

L'autore fornisce un elenco di quindici "punti" e quindici "articoli", tutte istruzioni piuttosto

specifiche sul comportamento di un Artigiano: questa parte è ritenuta da molti come le istruzioni a

un iniziato in uso all'epoca dell'autore, ed è quindi ritenuta la caratteristica più importante del libro

in quanto ci fornisce un quadro dei regolamenti della Mestiere in quell'epoca remota. (…)

1. Mestiere o arte è la traduzione del termine inglese medievale Craft e si riferisce alle vecchie

corporazioni medievali e a ciò che ne resta nel mondo moderno.

2. The Writ for Returns era il privilegio nell'Inghilterra medievale accordato a realtà come le

Corporazioni di applicare le norme reali tramite i propri organismi, escludendo le autorità locali

(gli Sceriffi). Da qui la necessità di creare appositi regolamenti come, nel caso della Libera

Muratoria, gli Antichi Doveri.

3. Mariolatria: termine con cui i protestanti hanno chiamato spesso, con intento polemico, il culto

tributato dai cattolici alla Madonna.

The Builder – September 1923

(Traduzione e note nostre)Poema Regius. Prima paginaIl Poema Regius

Qui cominciano le costituzioni dell’arte

Della geometria secondo Euclide.

Chiunque saprà bene leggere e vedere

Potrà trovarle scritte nell’antico libro

Di grandi signori ed anche di signore

Che ebbero molti figli insieme, con certezza.

E non avevano rendite per mantenerli.

Né in città, né in campagna, né in boschi recinti;

Essi presero insieme una decisione

Di stabilire per la salvezza di questi fanciulli

Come essi potessero meglio sopportare la vita

Senza grandi malattie, affanni e lotte

E, principalmente, per la moltitudine dei figli

Che sarebbe venuta dopo la fine loro.

Essi li mandarono presso grandi maestri

Che insegnassero loro a bene operare.

E preghiamo loro, per amor di nostro Signore

Che sia dato ai nostri figli qualche lavoro

Che permetta loro di vivere

Bene e onestamente, in piena sicurezza.

In quel tempo, mediante buona geometria

Questa onesta arte di buona muratoria

Fu stabilita e fatta in questo modo:

Coll’imitare questi maestri, insieme

Alle preghiere di questi signori essi dimostrarono la geometria.

E dettero il nome di massoneria

All’arte più onesta di tutte.

Questi figli di signori si misero d’impegno

Per imparare da lui [Euclide, n.d.r.] l’arte della geometria

Che egli praticava con zelo.

Per le preghiere dei padri e delle madri

Egli li ammise a questa onesta arte.

Egli era il più grande erudito ed era onesto

E superava lo zelo dei suoi compagni

Poiché in quell’arte egli oltrepassava gli altri

E avrebbe conseguito più prestigio.

Il nome di questo grande saggio fu Euclide,

Il suo nome spande piena e ampia meraviglia.

Inoltre, questo grande maestro ordinava

A chi era più in alto in questa scala

Che insegnasse a chi era meno dotato

A essere perfetto in quella onesta arte.

E così ciascuno insegnava all’altro

E si amavano l’un l’altro come fratello e sorella.

Inoltre egli ordinò cheLo si chiamasse Maestro,

In modo che chi fosse il più degno

Fosse chiamato così.

Ma i muratori non si dovevano chiamare l’un l’altro,

Nell’arte e fra di loro,

Né soggetto, né servo, ma caro fratello.

Anche se uno non era perfetto come l’altro

Doveva ciascuno chiamare l’altro compagno

Perché essi erano di buona nascita.

In questo modo, mediante la buona conoscenza della geometria

Ebbe origine l’arte della massoneria.

Il maestro Euclide in questo modo fondò

Quest’arte di geometria in terra d’Egitto.

In Egitto egli ampiamente insegnò,

E in diverse terre da ogni parte,

Molti anni dopo ho saputo,

Prima che l’arte venisse in questo paese.

Quest’arte venne in Inghilterra, come vi dico,

Al tempo del buon re Atelstano.

Egli fece sia sale che loggiati

E alti templi di grande prestigio

Per compiacersi sia di giorno che di notte

E onorare il suo Dio con tutte le sue forze.

Questo buon signore amò grandemente quest’arte

E si propose di consolidarla da ogni lato

Perché aveva trovato vari difetti in essa.

Egli mandò a dire in tutto il paese,

A tutti i Massoni dell’arte,

Di andare da lui immediatamente

Per correggere tutti questi errori

Col buon consiglio, se poteva essere dato.

Fece fare allora una assemblea

Di vari signori, secondo il loro stato:

Duchi, conti e anche baroni,

Cavalieri, gentiluomini e molti altri

E i maggiori cittadini di quella città;

Essi erano tutti là secondo il loro grado.

Quelli erano là secondo i propri mezzi

Per stabilire la condizione di questi Massoni.

Là essi cercavano col loro intelletto

Come poterli governare.

Quindici articoli essi cercarono

E quindici punti essi elaborarono.

Qui comincia il primo articolo

Il primo articolo di tale geometria:

Il maestro massone deve essere pienamente sicuro

Risoluto, fidato e sincero.

Di questo egli non si pentirà mai.

E paghi i suoi compagni secondo il costo

Del mantenimento, voi lo sapete bene,E paghi loro il giusto secondo coscienza,

Ciò che possono meritare.

E non assuma più uomini

Di quanti possa adoperare

E non si lasci corrompere, né per amore né per paura

Da qualsiasi altra parte,

Da signore o da compagno, chiunque sia:

Da costoro non accettare alcun compenso.

E, come un giudice, sta’ agli impegni

E allora farai il giusto per entrambi.

Fa questo sinceramente dovunque tu vada

E il tuo merito, il tuo profitto sarà migliore.

Secondo articolo

Il secondo articolo di buona massoneria

Deve udirsi specialmente qui:

Che ogni maestro, che sia un massone,

Deve essere alla corporazione generale,

Naturalmente, se è stato informato

Dove sarà tenuta questa assemblea.

A tale assemblea deve andare

Salvo che non abbia una ragionevole giustificazione.

Altrimenti egli vuole offendere la corporazione

0 vuole comportarsi con falsità,

Oppure è gravemente ammalato

Da non poter andare in mezzo a loro.

Questa è una giustificazione valida

Per quella assemblea, senza frottole.

Terzo articolo

Il terzo articolo dice in verità

Che il maestro non assume apprendista

Senza aver l’assicurazione che si fermi

Sette anni con lui, così vi dico,

Per insegnargli la sua arte, quello che serve.

In minor tempo quegli non potrà imparare

A beneficio del suo signore né suo proprio,

Come potete sapere a buona ragione.

Quarto articolo

Il quarto articolo deve essere quello

Che il maestro deve tenere per sé.

Che egli non deve tener schiavo l’apprendista

Né trattarlo con avarizia

Poiché il signore al quale è legato

Può cercare l’apprendista dovunque egli vada.

Se è stato preso nella loggia,

Egli può farvi molto danno

E in tal caso può accadereChe faccia danno a qualcuno o a tutti.

Perciò tutti i Massoni che sono là

Stiano insieme in piena fratellanza.

Se una tale persona fosse nell’arte

Possono capitare vari inconvenienti;

Per miglior agio quindi, onestamente,

Assumi un apprendista di condizione elevata.

Dai tempi antichi si trova scritto

Che l’apprendista deve essere di nobile stato;

E così talvolta il sangue di grandi signori

Apprese tale geometria, il che è molto bene.

Quinto articolo

Il quinto articolo è molto giusto.

Posto che l’apprendista sia di nascita legittima,

Il maestro non accoglierà a nessun prezzo

Un apprendista che sia deforme:

Ciò significa, come puoi udire,

Che avrà le sue membra tutte intere;

Per l’arte sarebbe grande scorno

Prendere uno zoppo e uno storpio.

Perciò un uomo imperfetto, di tale razza,

Porterebbe poco di buono all’arte.

Così ciascuno di voi deve sapere

Che l’arte vuole avere un uomo forte;

Un uomo mutilato non ha forza,

Dovete saperlo fin d’ora.

Sesto articolo

Il sesto articolo non va tralasciato:

Che il maestro non rechi pregiudizio al signore,

Nel prendere da questi, per il suo apprendista,

Anche quanto è in ogni caso dovuto ai compagni.

A quelli che sono nell’arte già perfetti

Questo non deve essere, anche se parrebbe di sì.

Anche se vi fossero buone ragioni

Che percepisse il salario come i suoi compagni,

Questo stesso articolo, in tal caso,

Giudica che l’apprendista

Prenda meno dei compagni che sono perfetti.

In vari casi può occorrere

Che il maestro possa istruire l’apprendista

Onde il suo salario possa aumentare presto

E, prima che il termine giunga a compiersi,

Il suo salario possa venire migliorato.

Settimo articolo

Il settimo articolo che è qui ora

Dirà chiaramente a voi tuttiChe nessun maestro, per favore o per timore,

Può rubare ad alcuno abito o cibo.

Né dare rifugio ad alcun ladro

Né a chi abbia ucciso un uomo,

Né a chi abbia cattiva fama,

Per timore di esporre l’arte al biasimo.

Ottavo articolo

Vi mostra così l’ottavo articolo

Che il maestro può far bene così:

Se ha qualche operaio

Che non sia perfetto come bisogna,

Egli può cambiarlo sollecitamente

E prendere al suo posto un uomo migliore.

Un tale uomo, per negligenza,

Potrebbe nuocere alla riputazione dell’arte.

Nono articolo

Il nono articolo mostra appieno

Che il maestro dev’essere saggio e forte.

Che non può intraprendere alcun lavoro

Se non è in grado di farlo e condurlo a termine.

E che esso sia anche utile ai signori

E alla sua arte, dovunque vada,

E che le fondamenta siano ben preparate

Perché non si fenda e non crolli.

Decimo articolo

Bisogna conoscere il decimo articolo,

Nell’arte, in alto e in basso.

Che non ci sia maestro che soppianti l’altro

Ma stiano insieme come fratello e sorella.

In questa zelante arte, tutti e ciascuno,

Chi vuole essere un maestro massone

Non soppianti nessun altro.

Che avendogli sottratto un lavoro,

Il suo dolore è così forte

Che non pesa meno di dieci libbre,

Se non è trovato colpevole

Di aver con mano per primo toccato il lavoro.

Per nessuno in massoneria

Si soppianterà, di certo, un altro.

Ma se il lavoro è fatto in modo

Che possa a sua volta rovinare,

Allora un massone può chiedere tale lavoro

Ai signori, per tutelare il loro interesse.

A meno che non capiti un tale caso,

Nessun Massone vi si deve immischiare.

Veramente colui che comincia le fondamenta,Se è un massone buono e integro,

Ha di certo nella sua mente

Come portare a buon fine il lavoro.

Undicesimo articolo

L’articolo undicesimo, io ti dico

Che è insieme leale e franco

Poiché insegna, con la sua forza,

Che nessun massone deve lavorare di notte

Se non sia a conoscenza

Che ciò sia a vantaggio del lavoro.

Dodicesimo articolo

Il dodicesimo articolo è di alta probità:

Ogni massone, dovunque sia,

Non deve corrompere i suoi compagni di lavoro.

Se vuol salvare la propria onestà

Li comanderà con parole oneste,

Con l’ingegno che Dio gli ha dato.

Invece devi migliorarlo come puoi

Fra voi insieme senza contesa.

Tredicesimo articolo

Il tredicesimo articolo, così Dio mi salvi,

È che se il maestro ha un apprendista

Cui egli ha insegnato tutto

E gli ha spiegato gradualmente i vari punti

Così che questo sia capace di conoscere l’arte,

Dovunque possa andare sotto il sole.

Quattordicesimo articolo

Il quattordicesimo articolo, a buona ragione

Mostra al maestro quel che deve fare:

Egli non deve accogliere un apprendista

Se non prendendo varie cautele

Che quegli possa, nel suo termine,

Apprendere da lui le diverse parti.

Quindicesimo articolo

Il quindicesimo articolo pone un termine

Ed è un amico per il maestro

Per insegnargli che con nessuno

Egli si può condurre scorrettamente,

Né mantenere i suoi compagni nel loro peccato,

Per alcun interesse che gli potesse venire.

Non accetterà di fare falso giuramento

Per tema della salvezza della sua anima.Se no, esporrebbe l’arte alla vergogna

E se stesso al biasimo.

Altre Costituzioni

A questa assemblea furono stabiliti dei punti,

Dai grandi signori ed anche dai maestri,

Che chiunque volesse apprendere quest’arte e appartenervi

Doveva amare Dio e la santa chiesa

Ed anche il maestro col quale sta,

Dovunque egli vada, in campagna o nel bosco.

E devi amare anche i tuoi compagni

Poiché questo la tua arte desidera da te.

Punto secondo

Il secondo punto è, come vi dico,

Che il massone lavori durante la sua giornata

Veramente, per quanto sa e può

In modo da meritare il suo riposo per la festa

Ed operi seriamente nel suo lavoro

Onde meriti la sua mercede.

Punto terzo

Il terzo punto deve essere ben conosciuto

Fra gli apprendisti rispettivamente:

Che il consiglio del maestro deve accettare e tenere,

E quello dei compagni, con buon proposito.

Non dirà a nessuno i segreti della camera,

Né qualsiasi cosa essi facciano nella loggia.

Qualunque cosa tu ascolti o veda fare

Non devi dirla a nessuno, dovunque andrai.

Il consiglio del vestibolo e quello del loggiato

Vi renderà, per questo, grande onore.

Il contrario vi porterebbe al biasimo

Ed arrecherebbe grande vergogna all’arte.

Punto quarto

Il quarto punto ci insegna anche

Che nessuno deve essere falso verso la sua arte.

Non deve perseverare nell’errore

Contro l’arte, ma evitarlo.

Non farà egli pregiudizio

Al suo maestro né ai suoi compagni.

E sebbene l’apprendista sia posto al di sotto

Anch’egli deve ave e a stessa legge.

Punto quinto

Il quinto punto, innegabilmente èChe quando il massone prende la paga

Stabilita dal suo maestro,

Egli deve prenderla docilmente.

Tuttavia il maestro può, per fondata ragione,

Avvertirlo formalmente prima di mezzogiorno

Se non intende occuparlo più oltre

Come ha fatto fin qui.

Contro tale ordine non può contendere

Se (il maestro) pensa di avere migliore successo.

Punto sesto

Il sesto punto deve essere fatto conoscere

Sia in alto che in basso.

Nel caso dovessero accadere

Fra i massoni, alcuni o tutti,

Per invidia od odio implacabile,

Che nascano spesso grandi contese,

Allora il massone è obbligato, se possibile,

A, destinare un certo giorno per la composizione.

Ma essi non procederanno a tale rito

Finché la giornata lavorativa non sarà trascorsa.

Durante un giorno festivo potrete facilmente

Trovare il tempo per la composizione.

Se fosse fatto durante la giornata di lavoro

Il lavoro sarebbe dilazionato per tale questione.

Assegna loro, quindi, un tale termine

Cosicché vivano bene nella legge di Dio,

Punto settimo

Il settimo punto può bene significare

Che Dio ci ricompenserà per una vita buona.

A questo scopo descrive chiaramente

Che non dovrai giacere con la moglie del tuo maestro

Né con quella del tuo compagno, in nessun modo,

Altrimenti l’arte ti disprezzerà;

Né con la concubina del tuo compagno,

Come tu non vorresti che egli facesse con la tua.

La pena per questo sia severa:

Che rimanga apprendista per sette anni interi,

Se incorre in un caso di questi.

Quegli allora deve essere punito;

Molti guai potrebbero avere principio

Da un tal peccato mortale.

Punto ottavo

Il punto ottavo, si può essere certi,

Se hai preso ogni cura

Di essere sincero verso il tuo maestro

Per questo punto non sarai dispiaciuto.Devi essere un sincero mediatore

Fra il tuo maestro e i tuoi compagni liberi;

Fa lealmente tutto ciò che puoi

Ad ambo le parti e ciò è molto bene.

Punto nono

Il nono punto ci chiama

Ad essere attendenti del nostro alloggio.

Se vi trovate in camera insieme,

Ciascuno deve servire l’altro con cortesia.

Rende i compagni cortesi, come voi dovete sapere

Fare tutti l’attendente [‘steward’] a turno,

Settimana dopo settimana. Senza dubbio,

L’attendente conviene farlo a turno;

Amabilmente servirsi l’un l’altro

Come si pensa per fratello e sorella.

Nessuno dovrà lasciare l’onere a un altro

Per rendersi libero senza corrispettivo

Ma ognuno sarà ugualmente libero.

Di tale corrispettivo, così deve essere,

Fai attenzione di pagare sempre bene ogni uomo

Dal quale tu abbia comprato dei viveri:

Che nessuna accusa sia possibile fare a te

Né ai tuoi compagni di ogni grado

Ogni uomo o donna, chiunque sia,

Pagalo bene e giusto, per quello che offre.

Di questo ricevi per il tuo compagno valida ricevuta

Per il pagamento che gli hai fatto,

Per timore che ciò provochi rimprovero dei compagni,

E a te stesso parti di grande biasimo.

Quanto a lui, deve fare buoni rendiconti,

Delle merci che egli ha preso.

Di quello dei tuoi compagni che hai consumato

Dove, come e a qual fine.

Tali conti devi venirli a fare

Ogni volta che i tuoi compagni lo richiedano.

Punto decimo

Il decimo punto presenta la buona vita

Il vivere senza affanno e contesa.

Perciò se il massone vive in modo ingiusto

Ed è falso nel lavoro, certamente

Per tali false abitudini

Può diffamare ingiustamente i propri compagni.

Mediante frequenti false accuse

Può far sì che l’arte ne abbia biasimo.

Se egli farà tale villania all’arte

Certamente non gioverà poi a se stesso

Né lo si manterrà nella sua vita malvagia

Temendo che si metta a diffamare e contrastare.Pertanto, non dovete ritardare,

Ma dovete costringerlo

A presentarsi dove crederete.

Dove tu desideri, forte o piano.

Lo richiamerai alla prossima assemblea

A presentarsi davanti ai suoi compagni

E se non vorrà comparire davanti a loro

Deve giurare di rinunziare all’arte,

Poi sarà punito secondo la legge

Che fu fondata in giorni lontani.

Punto undicesimo

L’undicesimo punto è della buona discrezione

Come potete sapere con buona ragione.

Un massone che conosce bene quest’arte

E veda il suo compagno alzare una pietra

E posarla in pericolo di rovinare

Dovrà correggerlo, se può,

E poi insegnargli a fissarla

In modo che l’opera commissionata non rovini.

Devi però insegnargli gentilmente a perfezionarsi,

Con parole buone, che Dio ci ha dato;

Per il suo amore che sta in alto

Il tuo amore lo nutra con dolci parole.

Punto dodicesimo

Il dodicesimo punto è di grande sovranità:

Laddove sarà tenuta l’assemblea,

Là si troveranno i maestri ed anche i compagni

E molti altri grandi signori.

Vi sarà lo sceriffo di quel paese

Ed anche il sindaco del posto;

Ci saranno cavalieri e gentiluomini

Ed altri notabili, come potrai vedere.

I decreti che essi faranno

Li manterranno tutti insieme

Verso ciascun uomo, chiunque egli sia,

Che appartenga all’arte buona e libera.

Se egli entrerà in contrasto con essa

Sarà preso in loro custodia.

Punto tredicesimo

Il tredicesimo punto ci è molto caro.

Egli farà giuramento di non essere ladro

Né di aiutare alcuno nelle sue male arti.

Per qualsiasi cosa che egli abbia rubata

E tu ne abbia notizia o colpa,

Né per la sua roba né per la sua famiglia.Punto quattordicesimo

Il quattordicesimo punto contiene una buona legge

Per chi sia in soggezione.

Egli deve prestare un sincero giuramento

Al suo maestro e ai suoi compagni che sono lì.

Egli deve essere risoluto ed anche sincero

A tutte queste ordinanze, dovunque egli vada;

E al suo sovrano signore il re,

Di essere sincero verso di lui soprattutto.

E a tutti questi punti detti prima

È obbligato a prestare giuramento.

E tutti devono pronunciare lo stesso obbligo

Dei massoni, piaccia loro o meno,

A tutti questi punti detti prima

Che sono stati ordinati da un buon maestro.

Ed essi indagheranno, ciascuno

Dalla propria parte, meglio che potranno.

Se qualcuno può essere trovato colpevole

In qualche punto particolare.

E, se lo è, sia cercato

E sia portato davanti all’assemblea.

Punto quindicesimo

Il quindicesimo punto è di ottima istruzione

Per coloro che là hanno giurato.

Tale decreto fu posto all’assemblea

Dai citati grandi signori e maestri,

Per quelli che sono disobbedienti, con certezza,

Contro il decreto esistente

Di questi articoli che furono fatti là

Dai grandi signori e massoni insieme.

E se sarà pubblicamente provato

Davanti all’assemblea, all’istante,

E non faranno ammenda della loro colpa,

Allora dovranno abbandonare l’arte

E così la corporazione dei massoni li rifiuterà

E promette solennemente di non assumerli più.

A meno che essi non facciano ammenda,

Non potranno più essere ammessi all’arte.

E se non faranno così

Lo sceriffo verrà da loro

E porterà i loro corpi in buie prigioni,

Per le violazioni che essi hanno compiuto.

E porrà i loro beni e la loro vita

Nelle mani del re, dovunque,

E li lasceranno stare là

Fin che piaccia al sovrano nostro re di liberarli.

Altro decreto dell’arte della geometria

Essi ordinarono che si tenesse un’assemblea

Ogni anno, laddove essi volevano,Per correggere i difetti che capitasse di scoprire

Nella corporazione del paese.

Veniva tenuta ogni uno o tre anni

Sempre nel punto che preferivano;

Tempo e luogo doveva essere indicato

Perché avesse luogo il raduno.

Tutti gli uomini dell’arte dovevano trovarsi là

Con altri grandi signori, come dovete vedere,

Per correggere gli errori di cui si doveva parlare,

Se qualcuno di loro era stato scorretto.

Là, tutti dovevano prestare giuramento,

Tutti gli appartenenti a quest’arte,

Di accettare ciascuno questi statuti

Che furono ordinati dal re Atelstano.

Questi statuti che ho qui fondato

Voglio che siano mantenuti in tutto il mio paese

In nome della mia regalità

Che ho per mia dignità.

Comando anche che ad ogni assemblea che terrete

Veniate al vostro coraggioso, sovrano re,

Supplicandolo della sua alta grazia

Di stare con voi in ogni luogo

Per confermare gli statuti di re Atelstano

Che ha ordinato quest’arte per buona ragione.

Arte dei Quattro Coronati

Preghiamo ora l’altissimo Iddio

E sua madre, la lucente Maria

Affinché possiamo apprendere bene questi articoli

E questi punti, tutti insieme

Come fecero questi quattro santi martiri

Che dettero grande onore a quest’arte,

Che furono così buoni massoni come non ce ne saranno sulla terra.

Essi furono anche incisori e scultori di immagini

Perché erano artigiani dei migliori.

L’imperatore aveva grande predilezione per loro;

Egli desiderò che gli facessero una effigie

Che fosse venerata per amor suo.

Tali idoli dovevano in quel tempo

Distogliere il popolo dalla legge di Cristo.

Ma essi furono fermi nella legge di Cristo

E a quest’arte, senza dubbio.

Amavano Dio e tutti i suoi precetti

E volevano sempre più servirlo.

Uomini veri erano in quel tempo

E vivevano felici nella legge di Dio,

Essi non potevano concepire di fare degli idoli,

Per qualsiasi ricompensa potessero ricevere,

0 credere negli idoli invece che in Dio.

Non avrebbero fatto questo, anche se egli si infuriava

Perché non avrebbero abbandonato la vera fedeE creduto alla sua falsa legge.

Allora l’imperatore li fece prendere

E mettere in una profonda prigione.

La cosa più triste fu l’essere puniti in quel posto

La cosa più gioiosa fu l’essere in grazia di Cristo.

Allorché non vide altra via

Li condannò a morte.

Dal libro si può conoscere

Nella leggenda dei santi

Il nome dei quattro coronati.

La loro festa, senza dubbio, sarà

L’ottavo giorno dopo Ognissanti.

Potete udire così come io ho letto

Che molti anni dopo, per un grande dubbio

Quando il diluvio di Noè fu completamente cessato

Ebbe inizio la torre di Babilonia,

Secondo un piano di lavoro di calce e pietra,

Come ognuno poteva vederla allora

Cosi lunga e larga era stata cominciata:

Per sette miglia di altezza oscurava il sole.

L’aveva fatta il re Nabucodonosor,

Di grande solidità per amore degli uomini.

In modo che se ancora fosse venuto un altro diluvio

Non avrebbe sommerso l’opera;

Per un così forte orgoglio, per tale vanteria,

Tutta quell’opera fu cosi perduta.

Un angelo colpì con la diversità delle favelle,

Cosi l’uno non comprendeva ciò che diceva l’altro.

Molti anni dopo, il grande dotto Euclide

Insegnò l’arte della geometria, molto profondo e chiaro.

Fece altrettanto con altri (soggetti) nello stesso tempo

Di molte altre diverse arti.

Per la suprema grazia di Cristo in cielo

Cominciò con le sette scienze:

La Grammatica è indubbiamente la prima scienza.

La Dialettica la seconda, mi piace dirlo.

La Retorica la terza, non si può negarlo.

La Musica è la quarta, come vi dico.

L’Astronomia è la quinta, a mio fiuto,

L’Aritmetica la sesta, senza alcun dubbio.

La Geometria, la settima, chiude l’elenco.

Per la sua umiltà e cortesia

La Grammatica in verità è la radice

Per cui chiunque potrà apprendere dai libri.

Ma l’arte la supera di grado

Come sempre il frutto proviene dalla radice dell’albero.

La Retorica misura con espressione ornata il ritmo

E la Musica è un dolce canto,

L’Astronomia enumera, mio caro fratello,

L’Aritmetica fa vedere che una cosa è un’altra.

La Geometria è la settima scienza

Che può separare con certezza il falso dal vero.Queste sono le sette scienze.

Chiunque le adoperi bene può avere il cielo.

Ora, cari figli, con la vostra conoscenza

Lasciate da parte la superbia e la cupidigia

E curate la buona discrezione

E la buona educazione, dovunque andiate.

Ora, vi prego di badare bene

A quanto sembrate abbisognare di più

Ma dovreste conoscere molto di più

Di quello che trovate scritto qui.

Se la vostra conoscenza è insufficiente,

Pregate Dio di farvela avere

Poiché Cristo stesso ci insegna

Che la Santa Chiesa è la casa di Dio

Che non è fatta per nessun altro scopo

Se non per pregarvi, come dice il Libro.

Là dentro la gente si riunirà

Per pregare e piangere i propri peccati.

Bada di non venire tardi in chiesa

A causa di scherzi lungo la via.

Quando poi vai in chiesa

Abbi in mente sempre di più

Di onorare di e notte il signore Dio tuo,

Con tutto il tuo intelletto e anche col tuo cuore.

Quando vieni alla porta della Chiesa

Prendi dell’acqua santa.

Per ogni goccia che tu prenderai

Estinguerai un peccato veniale, siine certo.

Ma prima devi tirar giù il tuo cappuccio

Per l’amore di Lui che è morto in croce.

Quando entri in chiesa

Offri il tuo cuore, subito, a Cristo.

Quindi guarda la croce lassù.

Poi piegati del tutto sulle ginocchia

Quindi pregalo di poter operare

Secondo la legge della santa chiesa,

Per seguire i dieci comandamenti

Che Dio ha dato a tutti gli uomini.

E pregalo sottovoce

Di tenerti lontano dai sette peccati

Per cui tu possa, durante la vita,

Preservarti dalle angosce e dalle lotte.

Inoltre, Egli ti assicuri la grazia

Di avere un posto nella beatitudine celeste.

Nella santa chiesa non usare parole sciocche

Proprie degli ignoranti, e parole sconce,

E respingi ogni vanità

Ma recita il pater noster e l’ave Maria.

Guarda anche di non fare alcun rumore

Ma rimani sempre in preghiera;

Se non vuoi pregare,

In nessun modo non impedirlo agli altri.Non sederti né stai in piedi in quel posto

Ma inginocchiati per terra

E, quando si leggerà il Vangelo,

Alzati completamente lontano dalla parete

E benedici tu stesso se lo sai fare,

Quando comincerà il gloria tibi.

E quando il Vangelo è compiuto

Tu potrai inginocchiarti ancora,

Giù su entrambi i ginocchi,

Per il suo amore che ci fa tutti inchinare.

E quando senti suonare le campane

A quel santo sacramento

Tu devi inginocchiarti, giovane o vecchio che tu sia

E alza completamente entrambe le mani

E quindi parla in questo modo

Piamente e sommessamente, senza rumore:

«Signore Gesù, sii tu benvenuto

Come io ti vedo, in forma di pane.

Ora, Gesù, nel tuo santo nome

Difendimi dal peccato e dalla vergogna

Concedimi l’assoluzione e la santa eucaristia

Prima che esca di qui,

E tanto pentimento dei miei peccati

Che mai più, signore, io vi ricada.

E, come tu sei nato dalla Vergine,

Non permettere che io mi perda più

Ma, quando andrò via di qui,

Concedimi la infinita beatitudine.

Amen! Amen! Così sia!

Ora, dolce signora, prega per me».

Simili parole potrai dire, od altre cose,

Quando ti inginocchi al sacramento

Desiderando il bene. Non risparmiare niente

Per onorare colui che tutto ha operato.

Un uomo può essere felice per il giorno

Che almeno una volta può vedere Lui.

È di così grande valore, senza dubbio,

Che nessuno potrà dire la virtù di ciò.

Ma quella vista dà tali frutti,

Come dice giustamente S. Agostino,

Che il giorno che vedrai il corpo di Dio

Due o tre volte, senza dubbio

Dovrai prestare obbedienza a quel signore.

Fallo col tuo ginocchio destro

In tal modo porterai rispetto a te stesso

Così, togliti berretto o cappuccio

Finché ti si dica di rimetterlo.

Tutte le volte che parli con lui

Amabilmente e con rispetto tieni alto il mento.

Cosi, secondo il senso del libro,

Potrai guardarlo bene in viso.

Tieni tranquilli i piedi e le mani:Trattienti dal grattarti e dallo strascicare.

Guardati pure dallo sputare e dal pulirti il naso.

Per queste occorrenze personali

Sii saggio e discreto.

Devi aver gran cura di dominare le emozioni.

Quando entri nel vestibolo

In mezzo alla distinzione, la benevolenza e le cortesie,

Non presumerti troppo in alto per alcun motivo,

Né per la tua nascita, né per la tua abilità.

Non sederti né appoggiarti.

Questo è il modo saggio e pulito di condurti.

E se non si allenterà il tuo sostegno

Veramente la buona educazione preserverà la tua dignità,

Se il padre e la madre si condurranno bene

Il figlio non potrà che crescere bene.

Nel vestibolo, in camera, dovunque si vada

Le buone maniere fanno l’uomo.

Guarda attentamente il prossimo grado

Per trattare con riguardo ciascuno singolarmente.

Non salutarli quando sono in gruppo,

A meno che tu non li conosca.

Quando ti siedi a mangiare,

Fallo in modo piacevole e simpatico:

Prima guarda che le tue mani siano pulite

E che il tuo coltello sia affilato e aguzzo

E taglia il tuo pane e il tuo cibo

Nel modo conveniente in quel posto.

Se siedi vicino a un uomo

Più importante di te,

Lascialo prendere la carne

Prima di prenderla tu.

Non prendere il boccone migliore

Anche se lo vorresti;

Tieni le mani composte ed evita

Di pulirle insudiciando la tovaglia.

Non pulirti il naso con quella

Né stuzzicare i denti a tavola.

Non chinar troppo il viso nella coppa

Quando desideri di bere.

Se gli occhi fossero troppo vicini all’acqua

Questo non sarebbe cortese.

Bada di non avere cibi in bocca,

Quando stai per bere o per parlare.

Quando vedi che qualcuno sta bevendo,

Fai attenzione al discorso:

Smetti subito di parlare

Se egli beve vino o birra.

Guarda pure di non disprezzare nessuno

In qualsiasi grado lo veda salire.

Non devi disprezzare nessuno

Se vuoi rispettata la tua dignità:

Per tali parole può risultareDi essere triste nel sentirti colpevole:

Stringi la tua mano a pugno

E fa di non dover dire «l’avessi saputo!».

In sala, fra signore brillanti,

Frena la lingua e impiega lo sguardo.

Non ridere a crepapelle,

Non scherzare con licenziosità,

Non giocare se non con i tuoi pari,

Non dire tutto ciò che ascolti,

Non parlare dei fatti tuoi,

Né per gusto né per interesse.

Parlando bene puoi ottenere quello che vuoi,

Come puoi distruggerti.

Quando incontri un uomo rispettabile

Togliti il cappello o il cappuccio,

In chiesa, al mercato o in strada.

Onoralo secondo il suo stato.

Se cammini con uno più importante

Di quanto lo sii tu,

Tienti un po’ dietro di lui,

Per non mancargli di riguardo.

Quando egli parla, taci,

Quando avrà finito parlerai tu.

Sii efficace nei tuoi discorsi

E considera bene ciò che dici.

Ma non togliergli la parola

Né al vino né alla birra.

Allora Cristo nella sua grazia

Ti darà spirito e spazio

Per conoscere e leggere questo buon libro

Onde guadagnarvi il cielo.

Amen! Amen! Così sia!

Diciamo così tutti con carità.Quaderni per la storia della Massoneria

1. Reprint della rivista “Garibaldi” edita dalla Massoneria savonese nel 1907

2. Arturo Reghini, La Tragedia del Tempio (1914)

3. Il Programma del Grande Oriente d'Italia (1861)

4. La Massoneria di colore negli Stati Uniti

5. Il Manoscritto Regius (1390)Cedoc-Savona

Novembre 2022

Gran Loggia 2025. L’assemblea del Grande Oriente d’Italia ha revocato i rapporti con il Rito Scozzese Antico ed Accettato con sede in Piazza del Gesù a Roma e ha annullato il voto del 3 marzo 2024/Grand Lodge 2025. The Assembly of the Grand Orient of Italy has revoked all relatios with the Ancient and Accepted Scottish Rite headquartered at Piazza del Gesù in Rome and annulled the vote of March 3, 2024

 

“Uniti nei valori. Coerenti nei doveri” è il titolo scelto per la Gran Loggia 2025, la più importante assise annuale del Grande Oriente d’Italia– Palazzo Giustiniani che ha aperto ufficialmente i suoi lavori il 4 aprile alle 13, 30 presso il Palacongressi di Rimini. Un appuntamento cruciale che ha visto riuniti maestri venerabili, delegati delle logge, grandi ufficiali, questori, garanti di amicizia, presidenti circoscrizionali, membri della Corte Centrale, ispettori e numerosi altri membri della Comunione aventi diritto.

Nel corso della riunione, sono state prese decisioni di rilievo che segnano un passaggio storico per il Goi. L’Assemblea su richiesta delle Logge, ha deliberato in modo netto su questi tre temi chiave all’ordine del giorno:

Punto 9 e 10. Revoca definitiva di ogni rapporto con il Rito Scozzese Antico ed Accettato con sede a Roma in Piazza del Gesù 47

E’ stata approvata la definitiva revoca dei rapporti istituzionali con il corpo rituale denominato Rito Scozzese Antico ed Accettato con sede a Roma in Piazza del Gesù 47, a seguito di modifiche statutarie e regolamentari ritenute incompatibili con i principi del Grande Oriente d’Italia;

Punto 11. Revoca e annullamento del voto del 3 marzo 2024

Per spazzare ogni dubbio su possibili irregolarità emerse nel procedimento elettorale del 3 marzo 2024, l’Assemblea ha deciso di revocare la consultazione a garanzia di una corretta espressione del voto e della massima partecipazione e di ripeterla.

Punto 12. Immediata indizione di nuove elezioni

L’Assemblea ha deliberato la convocazione immediata di nuove elezioni, ex artt 108 e seguenti del Regolamento del Grande Oriente d’Italia, al fine di restituire alla Comunione serenità e certezza.

Come da tradizione, durante i lavori non sono mancati il saluto al Presidente della Repubblica e l’omaggio alla bandiera italiana ed europea, a sottolineare l’impegno civile e patriottico che da sempre contraddistingue l’azione del Grande Oriente d’Italia.

Nella giornata di sabato 5 aprile i lavori sono proseguiti con il voto del bilancio consuntivo 2024, l’illustrazione, l’esame, la discussione e il voto del bilancio preventivo 2025. Ha concluso l’eventoiuk Gran Maestro Stefano Bisi.

 

Grand Lodge 2025. The Assembly of the Grand Orient of Italy has revoked all relations with
the Ancient and Accepted Scottish Rite headquartered at Piazza del Gesù in Rome and has
annulled the vote of March 3, 2024.


“United in Values. Consistent in Duties” is the theme chosen for Grand Lodge 2025, the most
significant annual convocation of the Grand Orient of Italy – Palazzo Giustiniani, which formally
opened its proceedings on April 4 at 1:30 p.m. at the Palacongressi in Rimini. This pivotal gathering
brought together Worshipful Masters, Lodge Delegates, Grand Officers, Questori, Grand Stewards
of Friendship, District Presidents, members of the Central Court, Inspectors, and many other
Brethren of the Communion duly entitled to attend.
During the Assembly, momentous decisions were rendered, marking a historic milestone for the
GOI. At the behest of the Lodges, the Assembly deliberated decisively on three critical agenda
items:
– Items 9 and 10. Definitive revocation of all ties with the Ancient and Accepted Scottish
Rite headquartered at Piazza del Gesù 47 in Rome
The Assembly approved the permanent revocation of institutional relations with the body
known as the Ancient and Accepted Scottish Rite, headquartered at Piazza del Gesù 47 in
Rome, following statutory and regulatory amendments deemed incompatible with the
principles upheld by the Grand Orient of Italy.

– Item 11. Revocation and annulment of the vote of March 3, 2024
To dispel any doubt regarding possible irregularities in the electoral procedure of March 3,
2024, the Assembly resolved to revoke that consultation, thereby ensuring the utmost
correctness in the expression of the vote and the broadest participation, and further decided
to repeat it.

– Item 12. Immediate call for new elections
The Assembly decreed the immediate convening of new elections, in accordance with
Articles 108 and following of the Grand Orient of Italy’s Regulations, in order to restore
tranquility and certainty within the Communion.

In keeping with tradition, the Assembly paid homage to the President of the Republic and to the
Italian and European flags, underscoring the civil and patriotic commitment that has ever guided the
mission of the Grand Orient of Italy.

On Saturday, April 5, the proceedings continued with the vote on the 2024 Financial Statement,
followed by the presentation, examination, discussion, and vote on the 2025 Budget. The event was
brought to a close by the Grand Master, Most Worshipfull Brother Stefano Bisi.

 

...

Hai bisogno di te.

Al di sopra di tutto hai bisogno di pace interiore, il che richiede armonia tra l'interno e l'esterno.

Fai quello in cui credi, e credi in quello che fai.

Magas Cantoras II

Una notte insonne... per caso... decido di dare un'occhiata alle statistiche del nostro sito. Vogliamo condividere con tutti voi , i risultati ottenuti in 47 giorni dalla nascita web di tutto ciò e soprattutto Ringraziarvi singolarmente tutti , Russia e Corea del Sud incluse .Volevo personalmente informarvi a nome di tutti che è possibile conoscere il nostro operato, la nostra realtà in alcuni dei contenuti sotto protezione. Restiamo a vostra completa disposizione, nessuno escluso, tutt'altro , per condividere questo nostro cammino. Noi siamo un'altra cosa ... eh già ...Concedeteci le immagini  seguenti.

M. V. Germana Sveva Sangermano 

Si afferma comunemente che ogni Loggia massonica è sovrana, ovvero completamente indipendente nelle proprie scelte.
In verità, certi teorici della Massoneriaconfutano questa affermazione, distinguendo tra i vari tipi di ordinamento che governano le strutture massoniche ed affermando che in quelle amministrativamente più verticiste (per esempio il modello in uso presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, oppure anche il modello di ispirazione ottocentesca, che considera le Logge Azzurre subordinate all’autorità di questo o quel corpo rituale) di sovranità della Loggia, almeno tecnicamente, non si possa parlare.
Ma si tratta di confutazioni portate avanti sottovoce, in quanto l’idea dell’assoluta libertà della Loggia piace a tutti; ed anzi, molti pensano che dovrebbe essere maggiormente pubblicizzata, per sbugiardare le assurde rappresentazioni profane che vedono nella Massoneria una struttura governata dall’alto (o addirittura dal… terrore!).
Comunque, io non credo che sia il tipo di ordinamento a decidere se una Loggia è veramente sovrana, libera e indipendente: è piuttosto l’atteggiamento mentale dei Fratelli che ne fanno parte.
Con questa affermazione non voglio minimizzare l’importanza del requisito che un’officina, per considerarsi indipendente, debba essere immune da condizionamenti politici, giuridici o amministrativi: è ovvio che soltanto in una situazione di questo genere i Fratelli possono esprimere liberamente giudizi e opinioni. Ma è piuttosto dal punto di vista della libertà psicologica, di solito il più trascurato, che vorrei partire per queste umili riflessioni.
Indipendenza, nell’ordine pratico significa agire senza dipendere dagli altri, ed è senza dubbio una delle condizioni più felici che all’uomo sia concesso di vivere.
Alcuni giustamente la collegano ai concetti di emancipazione e maturità: tutti noi ricordiamo con piacere il momento in cui ci siamo garantiti l’indipendenza economica dalla nostra famiglia di origine, anche perché - almeno nel caso delle persone più fortunate -  ci ha consentito di scoprire un modo più puro di amare i nostri cari, senza più l’ombra della dipendenza e dell’interesse.
Nella vita, l’indipendenza di spirito è una delle qualità più essenziali: per chi ne sia sprovvisto è molto difficile trarre insegnamento dal confronto con gli altri, perché non sarà mai in grado di sviluppare con loro un rapporto sereno.
Se posso citare un esempio personale, quando insieme al compianto Fratello Massimo Vettese avviammo il progetto di introdurre dalla Francia la Massoneria del Marchio, la guida delle operazioni era completamente affidata a lui: perché viveva in Francia, perché parlava francese meglio di me, perché conosceva a menadito la geografia del Marchio e dei suo gradi laterali, mentre io ero ancora un novellino in materia, eccetera. Il fatto di dover dipendere da lui per tutte le decisioni fondamentali mi faceva sentire superfluo, e più di una volta ebbi la tentazione di lasciar perdere tutto.
Ma venne poi il giorno che Massimo, ancora in giovane età, venne a mancare - giorno di dolore insanabile per tutti i Fratelli del Marchio italiano, che non smetteranno mai di sentire la sua mancanza.
Che cosa potevo fare? Mi rimboccai le maniche e mi misi all’opera, sbagliando e facendo pasticci, ed imparando da ogni errore come non ripeterlo più; e adesso che il Marchio è una delle realtà emergenti della Massoneria italiana, guardo indietro e dico a me stesso che malgrado tutto ho fatto un buon lavoro.
Bene, soltanto dopo questa esperienza, forse un poco in ritardo rispetto ai normali tempi della vita, posso dire di aver conquistato la vera e piena indipendenza di spirito: quella che consente di continuare ad avanzare e salire anche - o forse, soprattutto - nei momenti più difficili.
Io credo che in questo il lavoro nel Marchio mi abbia aiutato molto, perché il mito centrale del grado è proprio fondato sul raggiungimento dell’indipendenza di spirito.
Già più volte vi ho fatto cenno su queste pagine, ma per chi non lo conosce lo ricorderò ancora una volta: alla Cava dove vengono preparate le Pietre per l’Edificazione del Tempio, un Compagno ha lavorato una Pietra di forma insolita, che gli sembra molto bella. Ma quando la presenta ai Tre Sovraintendenti costoro, invece di autorizzarlo ad apporre sulla Pietra il suo Marchio, la respingono con sdegno perché è troppo diversa dalle altre; somministrano poi al Compagno una bella lavata di capo, gli ordinano di buttarla tra gli scarti e lo rimandano alla Cava.
Dopodiché, l’Edificazione conoscerà un’improvvisa battuta di arresto perché non si trova la Chiave di Volta per completare un Arco; allora qualcuno si ricorderà di quell’episodio, la Pietra Perduta sarà recuperata ed installata al posto che gli spetta, ed al Fratello che era stato ingiustamente mobbizzato verranno tributati i dovuti onori...

Milano, 2017  by J.D.

Che dire ... Questo sito nasce in un momento di forzato riposo fisico , in cantiere da sempre, finalmente si nutre quotidianamente dei suoi stessi consensi. Ad Maiora semper R:. L:. Karl Leonhard Reinhold !

Rende 10/06/25

...aspettando il solstizio d'Estate.

Dai dolore ad una Donna e Lei lo trasforma in potere ( web ) !

Ovunque ... casa

  • Il nostro impegno quotidiano è dar voce ad ogni singola voce, incessante sforzo di comprensione, non si consentono soprusi o tentativi tali, non si consentono giocherellini miseri di potere, nè alcun tipo di violenza. Non siamo inclini a forme di razzismo puro ma lo diventeremo ad unisono qualora il comportamento di uno potesse nuocere agli altri. La conquista è il quotidiano impegno senza se e senza ma. Siamo operativi e speculativi. La tolleranza ed il bene comune per un individuale miglioramento progressivo saranno l'unico ascendente riconosciuto. Niente arrivismi e peconie. Che nessuno si crogioli nelle proprie nefandezze umane. Nessuna distinzione. Nessuna separazione. L'allontanamento sarà volontario. Parola d'ordine  : decantare in linea con il nostro amato grado buffo. 

Ad Oriente è sorto il Sole , è l'inizio di un nuovo giorno. 

“C’è un destino che ci rende fratelli: nessuno va per la sua strada da solo. Tutto ciò che facciamo nella vita degli altri, ritorna nella nostra”. Edwin Markham #G.O.M.i. #fratelli e sorelle#

Le nostre Agapi "a casa" perché così ti fan sentire. Segue... A Rende... Il Tracciolino !

Nel cuore del Rinascimento, tra inquisitori e fiamme, un uomo sognava l’infinito.
Giordano Bruno non cercava solo di ricordare: voleva conoscere tutto, unire cielo e terra, accedere ai segreti dell’universo.
Per farlo, inventò qualcosa di incredibile: le Ruote della Memoria.
Le "Ruote della Memoria" associate a Giordano Bruno non sono un'invenzione nel senso moderno del termine, ma rappresentano una rielaborazione creativa e avanzata delle tecniche mnemotecniche classiche, in particolare del cosiddetto "ars memoriae" o arte della memoria, già sviluppata nell'antichità e nel Medioevo.
Le ruote sono dischi concentrici mobili su cui Bruno organizzava simboli, lettere, immagini e concetti, con l’obiettivo di:
• potenziare la memoria;
• favorire la conoscenza intuitiva e filosofica;
• connettere il mondo sensibile con quello intelligibile.
Le ruote venivano fatte ruotare una sull'altra per creare combinazioni di immagini mentali che aiutassero a ricordare idee complesse o a generare nuove associazioni concettuali.
Bruno si rifà a tecniche antiche (Cicerone, Quintiliano, San Tommaso, Ramon Llull), ma le supera dando alle ruote un valore cosmologico e magico, non solo didattico. Per lui, memorizzare significava penetrare l’essenza del reale. Le sue ruote non servivano solo a ricordare: erano strumenti di illuminazione interiore e di accesso al divino.
Bruno ne parla nei suoi scritti più importanti sull’arte della memoria, tra cui:
• De umbris idearum (1582)
• Ars memoriae (1582)
• Cantus Circaeus (1582)
• De imaginum compositione (1591)
In queste opere descrive sistemi complessi di ruote, talvolta con decine di livelli, su cui dispone lettere, segni zodiacali, divinità, concetti filosofici.

Curiosità
• Le ruote di Bruno sono state definite da alcuni studiosi “una macchina proto-computazionale” per la loro capacità combinatoria.
• Alcuni vedono in esse una forma primitiva di intelligenza artificiale dell’epoca rinascimentale.

Dischi rotanti, pieni di simboli, lettere, figure cosmiche e divine.
Non un gioco. Non una semplice tecnica.
Una macchina mentale per attraversare il reale.
Ogni combinazione svelava un pensiero nuovo, ogni rotazione era un viaggio tra mondi visibili e invisibili.
Un proto-computer mistico ante litteram.
Un’intelligenza artificiale alchemica, fatta di pensiero e fuoco sacro.
Bruno non fu arso solo per le sue idee sull’infinito.
Fu arso perché voleva ricordare tutto ciò che il potere voleva far dimenticare.
#Capemort34

                        Sua Maestà L'Ascia

  • È stata una punizione già in uso presso antichi popoli . È notevole nel nostro grado come l' emblema del compito del S. S. , munito di questa arma era Suo dovere porsi a sinistra del suo P. S. per non l pagamento dei salari alle varie classi di operai impegnati nella costruzione di T. S.
  • Innanzi ad un eventuale impostore o altri catturati cercando di ottenere , indebitamente il salario ad un operaio appartenente ad un grado maggiore , il nominato S.S. era tenuto allegoricamente ad infliggerne il fio .
  • Da qui l'esortazione ad allontanare qualsiasi malsano intento di frode, l'invito ad agire in modo equo e trasparente nei confronti dei nostri compagni in modo che , sicuri di essere in nostro buon diritto, non temeremo di essere esposti allo scandalo , certi di ogni coscienza scevra di offese verso Dio e verso gli uomini.

G.M. J.&D. 07/04/2025

Clitemnestra : L’eroina greca punita, odiata e disprezzata per essere nata donna.

Tutto ha inizio con la guerra di T... I greci stanno perdendo. E allora l'indovino Calcante dice ad Agamennone di sacrificare agli dei sua figlia: Ifigenia. Ed è questo che fa Agamennone: richiama sua figlia facendole credere che dovrà sposare Achille. Ed Ifigenia arriva, vestita da sposa, il cuore trepidante di gioia. Si avvicina all’altare. Ma proprio in quel momento Agamennone le taglia la gola. Senza pensarci due volte. Come se fosse una cosa.

Quando sua madre Clitennestra scopre com’è morta, il suo cuore si schianta. Non fa che pensare e ripensare alla sua bambina. Ma non dice nulla. Perché il dolore non è quello che dici, ma quello che taci. E non siamo mai così indifesi
, come nel momento in cui amiamo. Ma l'amore di una madre non muore mai, non può essere sconfitto né dal Tempo né dalla morte.

Passano gli anni, ma Clitemnestra non dimentica. E poi finalmente, al termine della guerra, Agamennone torna a casa. Mentre è nel bagno, Clitemnestra lo colpisce con quella stessa spada che aveva tolto la vita a sua figlia. Ed è così che muore il Re dei Re, l’uomo più potente del mondo: in una vasca da bagno. Trafitto dall’essere più umile e insignificante della terra: una donna. Da quel momento Clitemnestra fu odiata e temuta da tutti.

«Nessuno si scusa mai per come ti tratta, al massimo ti incolpano per come hai reagito». Il destino di Clitemnestra è il destino di quelle donne che non hanno voluto piegarsi e per questo sono state giudicate dei mostri da una società che ha visto nelle donne soltanto degli oggetti. Delle cose. Ma è anche la storia di un uomo che viene punito per un motivo: per aver messo il potere al di sopra di ogni cosa. E allora che sia da monito: ricordiamo la storia di Clitemnestra, e rendiamole giustizia.

G. Middei

La storia si ripete ... leggo... ma ... La Storia siamo NOI !

La storia è maestra di vita, ma non sempre i maestri, anche se si dicono massoni, ascoltano la storia, così come non ascoltano il Logos, nonostante l’invito ad ascoltarlo sia esplicito, ogni qual volta i massoni si ritrovino, sulle are delle loro sedi, che non sono templi, ma logge. I templi riguardano il culto degli dèi delle varie religioni. Il Grande Architetto nell’Universo è un principio metafisico e la metafisica si occupa dell’essente, non dell’Essere, inconoscibile se non a chi ha avuto accesso all’epopteia o crede in quel che viene asserito da una confessione religiosa. Motivo, questo, per il quale non c’è contrasto tra Massoneria e confessioni religiose, salvo che, come fanno gli inglesi, non si voglia mettere a capo di tre istituzioni lo stesso dominus. Il re inglese è, oltre che il capo dello Stato, anche il capo della Chiesa anglicana e il gran maestro della Massoneria. Pasticcio inglese foriero di divisioni, incomprensioni, scomuniche.

La cronaca.

L’assemblea del Grande Oriente d’Italia ha revocato i rapporti con il Rito Scozzese Antico ed Accettato con sede in Piazza del Gesù a Roma e ha annullato il voto del 3 marzo 2024.

“Uniti nei valori. Coerenti nei doveri” è il titolo scelto per la Gran Loggia 2025, la più importante assise annuale del Grande Oriente d’Italia– Palazzo Giustiniani, che ha aperto ufficialmente i suoi lavori il 4 aprile alle 13, 30 presso il Palacongressi di Rimini, contraddicendo immediatamente l’intento enunciato.

Nel corso della riunione, sono state prese decisioni che, come si legge nel sito ufficiale del Goi, “segnano un passaggio storico”.

Una di queste decisioni “storiche” è la “revoca definitiva di ogni rapporto con il Rito Scozzese Antico ed Accettato con sede a Roma in Piazza del Gesù 47”.

La storia.

Riprendo alcune considerazioni dal mio libro: “Processo ai Massoni” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/storia-e-filosofia/54896/processo-ai-massoni/).

Nel mio libro riprendo un articolo pubblicato da Bresciaoggi  il 23 maggio 1995. Giusto trenta anni fa.

Nell’articolo si legge: “La scissione, anche se mai formalizzata con la costituzione, come s’è detto recentissima, di un nuovo Ordine [la Comunione dei liberi muratori, ndr] è dunque di vecchia data. Risale, spiega Giulio Mazzon, agli anni ’70, quando fra l’Ordine del Grande Oriente, guidato dal Gran Maestro Lino Salvini, e il Supremo consiglio del Rito Scozzese (sempre del Grande Oriente), scoppiò un dissenso insanabile …. Fra Rito scozzese e Ordine, dunque, fu guerra aperta. Una guerra – spiega Mazzon – che nasceva dall’indisponibilità di una parte del Supremo consiglio del Rito a riconoscere il diritto [presunto, ndr] di Salvini ad accedere ai vertici del Rito stesso. Si arrivò al punto che il Gran Maestro processò gli esponenti scomodi del Supremo consiglio e alla fine ne nominò [fece in modo che si formasse, ndr] un altro, di consiglio, di modo che per un certo tempo i supremi organismi furono due e ciascuno – ricorda Mazzon – diceva di rappresentare il vero Rito. …. E il nostro Giulio Mazzon? Si schierò contro Salvini, accusato – in quella circostanza – di aver violato una regola fondamentale della giustizia interna massonica. E cioè che il Rito e l’Ordine sono due realtà diverse e autonome e nessuna delle due può interferire sull’altra. I pezzi del Rito scozzese sconfessato dall’Ordine del Grande Oriente, sono [in piccola parte, ndr] oggi confluiti, dopo una lunga e complessa peregrinazione, nella «Comunione dei liberi muratori». «Per anni – spiega Mazzon – ho resistito all’idea di un nuovo Ordine. Ma ad un certo punto mi sono arreso all’evidenza: le Logge uscite dal Grande Oriente non potevano più continuare così, senza la guida di un Gran Maestro …».  Nasce da qui la nuova «Comunione»: dalla necessità di dare ai massoni della Massoneria la possibilità di lavorare ancora nelle Logge e nel rispetto delle sue regole, cioè con un Gran maestro cui fare riferimento. Venti Logge – dieci toscane e dieci siciliane – con altrettanti venerabili (giornalisti, professionisti, imprenditori, ecc.), sono il «patrimonio» di partenza della nuova associazione guidata da Mazzon. Che non rinuncia ad una possibile conciliazione, come dicevamo. Ma che punta anche a far crescere il nuovo ramo della grande famiglia massonica”.

Sin qui l’articolo di Bresciaoggi, nella sua sommaria e imprecisa descrizione dei fatti, che tuttavia documenta un dato di fatto e un’intenzione. 

Nel mio: “Liberi muratori in Lombardia” (Edimai- Roma- 1995) a proposito dei contrasti riguardanti il Supremo consiglio del Rito scozzese del Grande Oriente d’Italia scrivevo: ”Nel 1978 si apre un nuovo capitolo anche nell’Obbedienza di Palazzo Giustiniani, ma in questo caso nel maggiore dei suoi riti: il Rito Scozzese Antico Accettato. Unitario fino al 1976 sotto il Sovrano Gran Commendatore Giovanni Pica, dopo l’elezione a suo successore di Vittorio Colao, nel Rito scozzese di Palazzo Giustiniani si determinò una contrapposizione di posizioni in seno al Supremo Consiglio. Fra il maggio ed il giugno del 1977 si verificò una scissione, con reciproche espulsioni e con la formazione di due Supremi Consigli rivali: uno presieduto da Colao e l’altro (comprendente anche Lino Salvini e Giordano Gamberini) presieduto da Manlio Cecovini. Il Grande Oriente riconobbe la legittimità di Cecovini e così anche il Supremo Consiglio Madre del Mondo di Washington. Alla morte di Colao (aprile 1978) il suo Supremo Consiglio gli elesse a successore, nel giugno, Fausto Bruni”.

Sulla vicenda e sui particolari della stessa esiste una documentazione, in parte in mio possesso, consegnatami in copia da Giulio Mazzon e, nella sua completezza, custodita dall’amico Pasquale Cerofolini, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia della Massoneria Universale.

Nel Supremo Consiglio del Rito Scozzese avente come Base Azzurra il G.O.I. riteneva suo diritto entrare, in quanto 33° grado, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, ovvero dell’Ordine, Lino Salvini.

Secondo Pasquale Cerofolini, che ha seguito e studiato minuziosamente l’intera vicenda, ci sono testimonianze documentali che Salvini aveva in animo di predisporre le condizioni per succedere a Vittorio Colao nella carica di Sovrano Gran Commendatore giusto in tempo per esserlo nel periodo 1980-1985 in cui al Supremo Consiglio italiano, riconosciuto dagli americani sin dal 1973 (quando Francesco Bellantonio fuse il ramo maschile della Gran Loggia d’Italia con il G.O.I.), toccava essere il Supremo Consiglio Madre del Mondo, in base ad una turnazione periodica.

L’elezione di Salvini trovò molte opposizioni e si giunse, il 17 dicembre 1977, sulla base di accuse formulate dallo stesso Salvini e di un processo nel quale Giulio Mazzon difese gli accusati, all’espulsione dal Grande Oriente d’Italia di tutti i membri effettivi e aggiunti del Supremo Consiglio del Rito Scozzese. Immediata la risposta di Vittorio Colao, il quale in una balaustra datata 8 gennaio 1978, dopo aver ricordato i fatti relativi all’espulsione, scrive: “In un simulacro di processo si è messo sotto accusa, non le singole persone, ma il R.S.A. e A. per la Giurisdizione Italiana di cui Noi siamo i diretti, gli unici e legittimi rappresentanti. Per la prima volta nella storia della Massoneria, il Gran Maestro dell’Ordine si è arrogato l’arbitrio di giudicare in materia non pertinente, decretando l’espulsione dall’Ordine di Fratelli che, in pieno diritto, hanno la più alta dignità e ricoprono le più alte cariche del nostro Rito. E’ una sfida e una minaccia. Una sfida a tutti i Fratelli insigniti di gradi Scozzesi; una minaccia per tutti i Supremi Consigli del R.S.A. e A. nel mondo che potrebbero, prima o poi, trovarsi in situazioni analoghe. …Pertanto – prosegue la balaustra – confortati dall’unanime deliberazione del Supremo Consiglio, riunito il giorno 8 gennaio 1978 in Convento Riservato, Noi decretiamo che tutti i Fratelli insigniti di gradi Scozzesi si sottraggano con effetto immediato alla nefanda e nefasta obbedienza del Grande Oriente d’Italia, abbandonando le rispettive Logge d’appartenenza per ricostituirsi in Logge autonome e sovrane. Tutti i Fratelli Scozzesi, fedeli al giuramento prestato, formino, dunque una nuova Base della Piramide massonica, provvedendo nel più breve tempo alla convocazione di una Gran Loggia d’Italia per: dichiarare decaduto per indegnità il Gran Magistero del Grande Oriente d’Italia; creare una Costituente Massonica presieduta da un Comitato di Reggenza fino all’elezione di un nuovo Gan Magistero da effettuarsi entro sei mesi dall’entrata in carica del Comitato stesso; nominare una Commissione di studio per il riesame della vigente Costituzione e del Regolamento, al precipuo scopo di ripristinare la sovranità delle Logge”.

Sempre l’8 gennaio 1978, in un comunicato, Vittorio Colao, scriveva: “Per distinguersi da condotte e sistemi riprovevoli, il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato per la Giurisdizione Italiana, sedente in Roma alla via Giustiniani n° 1, ha deciso di restituire la libertà ad ogni Fratello Scozzese perché aderisca, se crede, ad un nuovo Ordine costituito in “Gran Loggia d’Italia” ed operante nel territorio nazionale”.  

Il 24 giugno del 1978 le Logge aderenti, in base alle determinazioni di Colao, morto nel frattempo in aprile, si riunirono a Roma, con 38 Fratelli Maestri in rappresentanza di 21 Logge (per 264 Fratelli iscritti) aderenti alla Federazione per la Costituzione della Gran Loggia d’Italia della Libera Muratoria e dei Liberi Muratori.

Sotto la presidenza di Alberto Serena venne nominato un Comitato di Reggenza, formato da Piero Angelo Mininni, presidente, Maria Giuseppe Rosso, vice presidente e Ugo Biagioni Gazzoli, segretario.  All’incontro furono presenti le Logge: Aristotele, Domizio Torrigiani e Giosuè Carducci (Firenze); i Figli del Silenzio, Keramos e Vittorio Colao (Cosenza); Cavalieri di Scozia e Jaques de Molay (Bari); Giuseppe Colao e T.Campanella (Catanzaro); Cristoforo Colombo e Prometeo (Genova); Giuseppe Garibaldi e Italia Torrigiani (Roma); Keramos (Albissola); La Sila (Decollatura); Nuova Vetulonia (Massa Marittima); Neapolis (Napoli); N.Gagliarda Marem. (Piombino); T.Campanella (Reggio Calabria) e Eleusi (Taranto).

Il 23 e 24 giugno 1979 l’opera del Comitato di Reggenza finisce. La Gran Loggia, convocata con all’ordine del giorno l’elezione delle cariche, elegge Pier Angelo Mininni Gran Maestro, Ugo Biagioni Gazzoli e Aldo La Cava Gran Maestri Aggiunti.

Con l’elezione di Pier Angelo Mininni si conclude l’iter formale della scissione, che così possiamo riassumere: alcune Logge sulla base della balaustra di Vittorio Colao tolgono l’obbedienza al G.O.I. e si dichiarano autonome e sovrane; alcuni massoni scozzesi del G.O.I. si tolgono dalle Logge del G.O.I. e fondano Logge autonome e sovrane; le Logge autonome e sovrane danno vita ad un nuovo Ordine, la Gran Loggia d’Italia della Massoneria Universale; la Gran Loggia d’Italia della Massoneria Universale, Gran Maestro Pier Angelo Mininni (lo rimarrà fino alla morte, sopravvenuta il 13 agosto 2003), diventa la Base della piramide del Rito Scozzese Antico e Accettato, retto da Fausto Bruni, succeduto a Vittorio Colao, morto nell’aprile del 1978.

Esiste, dunque, un filo diretto e sequenziale tra la decisione di Vittorio Colao e la fondazione della Gran Loggia d’Italia della Massoneria Universale divenuta Base della piramide del Rito Scozzese, anche se in seguito ci saranno variazioni in merito.

A quel punto ci sono due Ordini (G.O.I. e Gran Loggia d’Italia della Massoneria Universale) e due Riti: quello di Vittorio Colao e quello, nel frattempo creato ex novo e avente come Base della Piramide il G.O.I, presieduto da Manlio Cecovini.

Una tale situazione, ovviamente, mette in moto un aspro contenzioso, sostanziale e formale.

Dopo trent’anni eccoci di nuovo ad una situazione simile. La storia non si ripete mai uguale, ma, come dovrebbe insegnare la frequentazione di un’eteria iniziatica, se un insegnamento non viene colto, si ripropone, in altre forme, a volte più pesanti.

Ora il Rito scozzese che era del Goi ha due strade da percorrere: fare come fece Vittorio Colao (anche Saverio Fera), un Ordine o cercarsi un Ordine che faccia da base al Rito.

Chi vivrà vedrà. Corsi e Ricorsi storici.

Dal Silenzio dell’Apprendista al Pensiero Libero dell’Iniziato

Libertà dalle manipolazioni del pensiero unico
All’inizio del Cammino, l’Apprendista è immerso nel Silenzio.
Non un silenzio imposto, ma un Silenzio rituale, sacro, necessario.
È il vuoto che prepara al pieno, la pausa che precede la Parola.

Il Silenzio dell’Apprendista è il primo atto di libertà interiore, la libertà di non parlare per ripetizione o per impulso, ma di ascoltare per trasmutazione.

Il mondo profano ci insegna a parlare prima di comprendere ad avere opinioni prima ancora di averle digerite.
L’Apprendista, invece, si pone in Silenzio davanti al Simbolo, al Rituale, alla Parola non detta.

In quel tacere, qualcosa si purifica: il pensiero.

Come insegna il Corpus Hermeticum:

“Taci, o figlio, e lascia che lo Spirito ti istruisca nella sua lingua muta.”
(CH, Lib. XIII)

Il pensare diversamente non nasce dall’orgoglio, ma dalla capacità di ascoltare il Reale in profondità.

Con il tempo, l’Apprendista comincia a distinguere tra ciò che è vero e ciò che è solo utile, tra ciò che è suo e ciò che è stato messo in lui.

Così nasce il discernimento, la capacità di prendere decisioni autonomamente, anche davanti a pensieri esterni contrastanti.

Pensare diversamente, allora, non è atto di ribellione, ma di fedeltà a sé stessi.
È un atto di integrità, di onestà con la propria coscienza.

Pensare diversamente è ricordare chi siamo davvero.

La Libertà non è opinione, ma visione. Chi pensa diversamente non cerca consensi, ma cerca Luce. Cerca verità. Non si oppone per distinguersi, ma per servire il Vero, anche se scomodo. È un atto di libertà, ma anche di solitudine.

Chi ha attraversato il Silenzio e ha imparato a pensare con cuore puro, può diventare fuoco per altri.

Non si può pensare diversamente se non si è stati nel Silenzio.

La vera libertà è quella dell’uomo che ha imparato a tacere, ascoltare, discernere, e solo dopo… pensare.

Non come il mondo pensa, ma come pensa la Pietra Viva che conosce il proprio posto nel Tempio.

E allora sì, forse la vera libertà è pensare diversamente, ancor più la vera libertà è pensare come si è.

La vera libertà non è fare ciò che si vuole ma pensare ciò che si sente vero, anche se ciò va contro l’opinione dominante.

Pensare diversamente implica coraggio, coscienza e responsabilità.
È un atto libero solo se non è reazione, ma scelta consapevole.

L’Iniziato è colui che rompe gli schemi, anche interiori.
“Pensare diversamente” significa non accontentarsi delle verità preconfezionate.

Quanti Liberi Pensatori sono finiti al rogo, uccisi o emarginati per non essersi uniformati al pensiero dominante voluto dalla Chiesa.

L’eresia era un atto di libertà: scegliere, in un mondo che si imponeva.

In ogni epoca esiste un “pensiero unico”, conformista, dominante, sia esso religioso o laico, come nell’ultimo secolo.

Sono mutate le condizioni di comunicazione tra gli esseri umani, e oggi è molto più facile il controllo e la manipolazione delle masse.

Ma anche oggi, come allora, non uniformarsi è un atto rivoluzionario e solitario, che richiede un pensiero forte, non debole.

In Massoneria, si insegna anche a pensare nel silenzio.
Il Silenzio non è assenza di parola, ma spazio per un pensiero autentico.

Il pensiero libero nasce nella solitudine dell’interiorità, lontano dai clamori.

Questo metodo di analisi dei pensieri non è una “formulina” che si impara in Primo Grado, ma la preparazione a uno stile di vita.

Prometeo pensa diversamente, sfida gli dèi per portare il Fuoco agli uomini.
Viene punito per questo ma proprio per questo è un simbolo di Libertà di pensiero.

L’Iniziato è un potenziale Prometeo e per questo deve accendere il proprio Fuoco anche se ciò comporta dolore.

Il percorso iniziatico è un cambiamento di pensiero dal “come si pensava prima” al “come si pensa dopo”.

La crescita nel cammino massonico aggiunge nuove forme di “diversità del pensiero”, si passa dal letterale al simbolico,
dall’ovvio al profondo.

By A.Flavia

L’Infinito è uno dei concetti più affascinanti e misteriosi che l’uomo abbia mai cercato di comprendere. Grandi pensatori, da Aristotele a Galilei, si sono misurati con esso, cercando di afferrarlo, ma l’Infinito rimane sfuggente e sfida la nostra mente. Poeti come Leopardi e Ungaretti ne parlano come di un abisso che ci attrae, mentre artisti come de Chirico, Escher e Bach lo esplorano in forme, linee e suoni, cercando di darle una dimensione tangibile.

Tuttavia, se riflettiamo sulla realtà che ci circonda, scopriamo che l’Infinito non esiste nel mondo fisico. Lo spazio che ci avvolge, pur essendo immensamente vasto, non è infinito, né lo è la velocità della luce, che per secoli abbiamo creduto fosse la velocità assoluta. Se la luce fosse infinita, allora esisterebbe il Tempo Assoluto, una costante inalterabile. Ma la scienza ci ha mostrato che il tempo è relativo e che niente può superare la velocità della luce.

Pensiamo alle distanze cosmiche: la Luna dista 400.000 chilometri dalla Terra, una distanza che la luce percorre in poco più di un secondo. Ma per raggiungere la stella più vicina, al di là del Sole, servirebbero ben 4 anni di viaggio. E per raggiungere Andromeda, la galassia più vicina, servirebbero due milioni di anni.

Eppure, quando consideriamo le dimensioni del Cosmo, dobbiamo confrontarci con numeri spaventosi: i confini dell’Universo sono stimati in duecentomila miliardi di miliardi di chilometri.

Nonostante l’immensità dello spazio e della materia che ci circondano, l’Infinito non esiste. La nostra ricerca e la nostra comprensione si scontrano con limiti ben definiti, ma è proprio questa consapevolezza che ci spinge a esplorare ancora di più, a cercare di capire l’Infinito nei suoi molteplici livelli.

#antoninozichichi #scienza #science #scopertascientifica #culturascientifica #fede #fedescienza #infinito

L'umile è raro in questo mondo di gente. Il vero umile, vuole imparare sempre. Non importa se ha una laurea oppure sia ignorante. L'umile osserva e impara, dal bimbo, dal re, dal mendicante e l'operaio. L'umile ha l'accortezza di dar valore a quel che ha, non mette in mostra quel che sa. Umile è l'uomo che accetta consiglio. Umile è chi non cerca la lode. Umile è l'uomo che non si vanta. L'umile è umile e non ha l'arroganza di dire: mi basta e mi avanza.

_Cetty Cannatella

 

ROMA | LA MASSONERIA ITALIANA GIOCA D’AZZARDO

 

4 Aprile 2025

La massoneria italiana gioca d’azzardo, ha affermato Paolo Battaglia La Terra Borgese “espertizzando” Rosai. La notizia è che la precisazione pubblica dello storico e più antico Ordine della Massoneria Italianareca addirittura la firma del N.H. Professor Giuseppe Bellantonio, Presidente della ‘Comunione di Piazza del Gesù’ e sue Sezioni

 

“Piazza del Gesù non è per tutti” impera il Critico d’Arte Paolo Battaglia La Terra Borgese, Deputato -direttamente dal Gran Maestro- alla comunicazione per l’esterno di “Piazza del Gesù”.

Nobili Ideali, Antiche Tradizioni, Alti Valori, Spiritualità, Generosità, Amore Fraterno; è a ciò, come precisa il Gran Maestro Giuseppe Bellantonio, che deve essere vocata la nostra Comunione,vera eggregore e ascetica cultura del pensiero filosofico massonizzante – sbotta il noto critico d’arte .

La massoneria di massa? è un azzardo – continua Paolo Battaglia La Terra Borgese – quella basata sul numero degli iscritti (più ne ho e più sembro importante; più ne ho e di più soldi posso disporre grazie alle quote associative) ha intriso con grave detrimento le varie comunioni massoniche oramai zeppe di carrieristi del grembiule lontani anni luce dalla Via iniziatica.

“Nell’epoca della solitudine, entrare in un circolo comporta parecchie opportunità di nuove relazioni, nuove conoscenze che permettono di diventare tessere musive del mosaico sociale. In tutta probabilità ciò che attrae i profani alla Massoneria è proprio il mero interesse personale”.

“Tuttavia la Massoneria, diversamente da altre organizzazioni, è e deve rimanere il luogo del perfezionamento spirituale lungo il viatico iniziatico per eccellenza. Niente di diverso”.

Ecco il perché della necessità di un comunicato pubblico e ufficiale della importante e autorevole Comunione di Piazza del Gesù. È, infatti, il comunicato ufficiale di Piazza del Gesù, oltre a un dipinto di Ottone Rosai, che sono presi quali lente ingrandente dal critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese, lente ricca d’importanti spunti di riflessione, sia per i massoni che per i profani.

Dalla Comunione di Piazza del Gesù, PRIMA e storica COMUNIONE MASSONICA IN ITALIA: il Presidente di Piazza Del Gesù e Sue Sezioni, Giuseppe Bellantonio:

 

«ROMA – Utilmente premesso, anche a conferma di similari comunicazioni pubbliche, che la nostra Comunione non ha intrapreso né ha in progetto di trattare e quindi procedere a “unificazioni”, partecipazione a “federazioni” o “confederazioni” né tantomeno anche solo ipotizza di assorbire parti provenienti da possibili altre e diverse realtà del medesimo tipo …(.)… circa le possibili vicende delle quali non mostriamo alcun interesse, rispettando l’aurea regola della non ingerenza né interferenza in questioni di altrui competenza e interesse. Ciò allontana strani e del tutto anomali cicalecci, certamente interessati, circa i cui contenuti prendiamo assoluta distanza, riservandoci di interessare le Autorità competenti.

Con l’occasione, si ricorda ancora una volta l’inestimabile nostro patrimonio storico e culturale – sempre nel segno dell’eredità diretta tramandataci dal Sovrano Gran Commendatore e suoi successori – di cui siamo gli unici discendenti diretti – e mai abbandonata, tutelando gli interessi e onorando la bandiera della “Comunione di Piazza del Gesù” e della “Comunione Italiana di Piazza del Gesù” nonché della “Ser.ma Gran Loggia Nazionale Italiana degli Antichi Liberi ed Accettati Massoni” e del “Supremo Consiglio del 33° ed Ultimo Grado per l’Italia-Comunione di Piazza del Gesù del RSAA” già anche corrente con il titolo distintivo di “Supremo Consiglio dei 33°. Giurisdizione Italiana” (novennio 1908-1917) e in modo ancor più completo di “Supremo Consiglio dei Sovr. Gr. Ispettori Generali del 33° ed ultimo Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato Giurisdizione Italiana e sue Colonie” (Decreto 23 Marzo 1908 a firma del SGC Saverio Fera) …(.)… È storicamente provato, ed i documenti lo comprovano, che il SC del 1805 in Italia cessò ogni propria attività nel 1815, con la caduta del règime napoleonico; attività ripresa nel 1859 con la nascita di un nuovo, altro e diverso organismo corrente con il nome di “Grande Oriente Italiano”.

Da qui al 1908, e a ogni tipo di riconoscimento attribuito o concesso alla Comunione ferana, e ininterrottamente mantenuto fino al 1972/1973 per l’Ordine Simbolico, mentre per il Rito è mutata solo la titolarità …(.)… e non certo il titolo distintivo (a testimonianza che non venne varato un nuovo SC ovvero che non vi fu certo confluenza in quello del GOI)».

 

 

Gli antichi arnesi da lavoro... la pietra da lavorare e levigare... giusto quella !🌿🌿🌿!

OTTONE ROSAI “Giocatori”, collezione privata: critica artistica a cura di Paolo Battaglia La Terra Borgese

 

Nella produzione di Rosai, i soggetti che tutti conosciamo di più sono i suoi patetici omini: fiaccherai, giocatori di carte, di biliardo, mendicanti, venditori ambulanti, suonatori, ritratti con spigliatezza e con accento popolaresco inconfondibili.

Questi Giocatori sono del 1950. Riuniti intorno a un rozzo tavolo d’osteria, i cinque omini sono evocati con forme elementari, larghe superfici di colore e pochi tratti.

Quasi non hanno volto, questi giocatori; eppure sui loro corpi incurvati e macilenti si può leggere una lunga storia di pena.

Sono i personaggi della vita di Rosai, quelli che lui incontrava nel suo rione, vicino alla via Toscanella, dipinta in tutti gli scorci nei suoi quadri, o alle stradine erte con gli alti muri chiari e le sagome scure dei cipressi.

Per i paesaggi di Rosai viene subito in mente Cezanne, con le sue caratteristiche di ordine e rigore stilistico.

Per le figure, si pensa piuttosto all’Espressionismo, tanto sono cariche di accenti psicologici, spesso polemici, e tale è la qualità della materia pittorica usata da Rosai. Ecco perché il suo nome si colloca nella corrente espressionista.

Ma la sua formazione risale al Futurismo, negli anni della rivista Lacerba accanto a Soffici e a Papini. Rosai diciottenne espose in piazza S. Marco a Firenze assieme ai futuristi del 1913.

Nel ’30 fece una personale nella galleria del Milione, a Milano, e da allora venne considerato uno dei sommi maestri italiani: anche se le sue affinità con i grandi movimenti artistici europei sono frutto del suo istinto più che di contatti diretti e di teorie condivise.

Nel 1930 Rosai divenne addirittura la “bandiera” di una rivista, l’Universale, a lui dedicata da un gruppo di amici e tifosi.

Rosai era nato a Firenze esattamente 130 anni fa, il 28 aprile 1895; è morto prematuramente nel 1957 e le sue opere sono oggi valutate parecchi soldi.

La storia dei cattivi è molto più affascinante di quella degli eroi, perché i mostri non nascono, vengono creati.
Non emergono dal vuoto né dall’oscurità da soli, ma sono plasmati dalle circostanze, dalle ferite del mondo che li circonda.
In loro si riflette il più profondo dolore umano: il rifiuto, la solitudine, l’incomprensione.
Un eroe si definisce per i suoi atti di coraggio, ma un cattivo è il risultato di un cuore che un tempo era puro e che finì per essere corrotto.
I mostri, nella loro tragedia, ci mostrano cosa potrebbe accadere a tutti noi, se il mondo ci voltasse le spalle.

S.M.

Da: SMREwind

 

Il primo livello di sapienza è saper tacere,
il secondo è saper esprimere molte idee con poche parole,
il terzo è saper parlare senza dire troppo e male.
Si deve parlare solo quando si ha qualcosa da dire,
che valga veramente la pena, o, perlomeno,
che valga più del silenzio.

_Hernán Huarache Mamani_

 

Bartl Dill Riemenschneider: Hiram / Castel Juval, 1547. (Foto: Notizie Geopolitiche / EO).

 

di Silvano Danesi *

Una delle narrazioni fasulle e tuttavia passate per essere vere, è che la Massoneria moderna speculativa, ossia composta da sapienti, sia nata nel 1717, mentre prima la Massoneria era operativa, ossia fatta da artigiani ed era una semplice gilda. Niente di più falso, come dimostrano le opere della Massoneria medievale, dove nel cantiere si coniugavano le capacità del fare con quelle dello speculare, la maestria delle mani con quelle dell’intuizione e della ragione, la conoscenza costruttiva con la conoscenza tradizionale.
L’operazione condotta a Londra con la riunione di quattro logge preesistenti per fondare la Massoneria moderna è stata semplicemente un atto di potere della dinastia degli Hannover che ha fatto sua un’identità antica a fini dinastici e di potere.
Non è un caso che irlandesi e scozzesi si siano dischiarati autonomi dalle pretese di Londra e che per convincere quelli che dal quel momento si chiamarono Antient a fondersi con i Modern siano passati circa cento anni. La fusione, infatti, è del 1813.
Gli Hannover hanno esiliato gli Stuart, autentici portatori della tradizione massonica e hanno interrotto la Tradizione iniziatica, affidando ad un prete protestante di scrivere le regole (i Landmarks) obnubilando regole antiche e presenti da secoli, nonché le narrazioni leggendarie che indicavano le radici e le origini, riassumibili in tre nomi: Euclide, Pitagora, Ermete Trismegisto.
La pratica anglosassone di appropriarsi dell’identità altrui è antica. Gli Angli e i Sassoni, antiche popolazioni già ricordata da Tacito della Germania non romana del Chersoneso Cimbrico (oggi Schleswig Holstein, in prossimità della Danimarca) nel 449 d.C., insieme agli Juti, invasero la Britannia celtica. La Bretagna è celtica, non sassone.
Enrico VIII, re d’Inghilterra dal 1509 al 1547, ruppe con la Chiesa Cattolica Romana, fondando la Chiesa d’Inghilterra (Anglicana) con il sovrano come capo supremo. Questo avvenimento non fu motivato principalmente da questioni teologiche, ma da ragioni personali e politiche.
Il casato degli Hannover, da cui discende l’attuale re Carlo III (e i figli William del Galles e Harry duca di Sussex), mantenne il trono da Giorgio I (1714-1727) a Vittoria (1837-1901). Con il figlio di Vittoria, Edoardo VII, iniziò la dinastia di Sassonia-Corburgo e Gotha, che nel 1917 cambiò nome in Windsor.
Gli Hannover hanno usato lo stesso metodo con la Massoneria (il cui capo è il re inglese) e, molto più vicini a noi, con i fabiani, i quali si sono sovrapposti ai socialisti, pur essendo un mondo che segue le ideologie di Malthus, di Spencer, di Comte e quelle eugenetiche di Francis Galton, Charles Davenport, Karl Pearson, Margaret Sanger, Harry H. Laughlin e altri.
La Massoneria è ben più antica di quanto vorrebbero farci intendere gli inglesi.
René Guénon, in merito, afferma che “nel mondo occidentale, in quanto a organizzazioni iniziatiche che possano rivendicare una filiazione tradizionale autentica (…), non esistono più che il Compagnonaggio e la Massoneria, vale a dire due forme iniziatiche fondate essenzialmente sull’esercizio di un mestiere, per lo meno alla loro origine, e di conseguenza caratterizzate da metodi particolari, simbolici e rituali, in diretto rapporto con tale mestiere”.[1]
Le corporazioni muratorie scozzesi disponevano da secoli di una propria leggenda fondativa della quale la documentazione più antica (Old Charges) presenta riferimenti a Euclide, Pitagora e Ermete Trismegisto.
“Della Massoneria operativa, già segnalata nel 1212, – scrive in proposito Riffard – possediamo parte dei regolamenti detti «documenti di loggia» a partire dal 1275 (Costituzioni di Strasburgo) e delle costituzioni chiamate Antichi Doveri (Old Charges) a partire dal 1390 (Manocritto Regio). Per il compagnonnage, segnalato per la prima volta intorno al 1420, ma attestato a quanto sembra già dal 1360, non abbiamo quasi nulla. I seguaci del Dovere, infatti, bruciavano ogni anno i loro archivi. Si possono consultare i testi indiretti quali Le livre des Métiers (1268) di Étienne Boileau o la condanna da parte della Sorbona (1655)”.[2]
“La denominazione «Liberi Muratori» – scrive Philaletes – deriva dal diploma rilasciato loro da papa Nicolò III, nel 1277 e confermato nel 1344 da Benedetto XII. Questi Liberi Muratori si chiamavano prima Muratori di San Dionigi e di San Giovanni. Essi costruirono come prototipo del tempio la cattedrale dedicata a san Dionigi, quale modello simbolico di tutte le chiese che dovrebbero essere costruite secondo dettami del rito, perché siano come un libro nel quale ogni iniziato possa leggere tutti i misteri dell’Antico e del Nuovo Testamento”. [3]
La prima gilda costituita sul continente è quella di Strasburgo e l’esempio è seguito in numerose città tedesche, austriache, ungheresi. Già il 25 aprile 1459 i maestri architetti di tutte le logge si riunirono a Ratisbona dove elaborarono uno statuto comune alla professione e alle logge. Formarono una confraternita con a capo l’architetto della cattedrale di Strasburgo e fissarono riunioni annuali di tutte le provincie e saltuarie riunioni plenarie che si tennero nel 1464 e nel 1469. La gilda ottenne il privilegio di Massimiliano I, che il 3 ottobre 1447 prese la confraternita sotto la sua protezione: d’altronde il suo interesse per l’occultismo e i suoi continuativi rapporti con l’abate Tritemio (1462-1516) benedettino, esoterista, astrologo, scrittore, lessicografo, crittografo, occultista sono ben noti. Tritemio fu in relazione con Cornelio Agrippa e con cabalisti e alchimisti.
“La gilda – scrive Arnold – continua a funzionare per tutta la prima metà del XVI secolo. Nel 1563 settantadue maestri di loggia si riuniscono a Basilea per dare alla confraternita un nuovo statuto e riformare le gerarchie: al vertice resta Strasburgo, seguito dalle tre grandi logge di Vienna, Zurigo e Colonia seguite da una moltitudine di logge secondarie. Viene confermata la gerarchia interna: maestri, compagni e artigiani che sarà, come è noto, la falsariga della Massoneria. Si istituiscono dei segni tra i gradi e all’interno dei gradi un simbolismo rituale”. [4]
Per quanto riguarda il mondo anglosassone, uno dei documenti più significativi è il Poema Regius (XIV-XV secolo), il quale inizia con un riferimento all’arte della geometria sacra secondo Euclide, maestro al quale “grandi signori e anche signore” mandarono i loro figli ad imparare a “bene operare”. I maestri, prosegue il Poema, tra i quali il più grande era Euclide, “alle preghiere di questi signori dimostrarono la geometria. E dettero il nome di massoneria all’Arte più onesta di tutte”.
“Il nome di questo grande saggio – si legge nel Poema – fu Euclide. Il suo nome spande piena e ampia meraviglia”. Egli dispose che gli allievi si chiamassero fratelli e che quelli più dotati insegnassero agli altri. “Il maestro Euclide in questo modo fondò quest’arte di geometria in terra d’Egitto. In Egitto egli ampiamente insegnò, e in diverse terre da ogni parte”. Il Poema afferma poi che l’arte giunse in Inghilterra al tempo del buon re Atelstano, al quale fa risalire il regolamento massonico in 15 punti.
Interessante il decimo articolo dove si legge: “Che non ci sia maestro che soppianti l’altro ma stiano insieme come fratello e sorella”. Successivamente in altre istruzioni si legge: “Amabilmente servirsi l’un l’altro come si pensa per fratello e sorella”. Il riferimento ai due sessi è significativo e fa pensare ad una presenza femminile.
Nel Poema si legge che molti anni dopo il diluvio universale “il grande Euclide insegnò l’arte della geometria, molto profondamente e chiaro. Fece altrettanto con altri nello stesso tempo di molte altre diverse arti. Per la suprema grazia di Cristo in cielo cominciò le sette arti”.
Il Manoscritto di Cooke (1430-1440 forse 1410) inizia citando l’Arte della Geometria, come misura della Terra, e le sette arti liberali. Vi sono inoltre riferimenti alla Bibbia, al Polycromicon e alle Storie di Beda. A un certo punto si legge: “Dissero che la Massoneria è la principale della Geometria, come penso si possa ben dire, perché fu la prima ad essere creata…”. E poi: “Il Figlio diretto della stirpe di Adamo, discendente delle sette generazioni di Adamo, prima del Diluvio, fu un uomo di nome Lameth il quale ebbe due mogli, la prima Ada ebbe due figli: uno chiamato Jabal e l’altro Jubal. Il più grande, Jubal, fu il primo fondatore della Geometria e Muratoria”. Jubal costruì due colonne sulle quali furono incise tutte le scienze e le arti. Dopo il diluvio queste due colonne furono trovate da Pitagora il dotto e da Hermes il filosofo.
Pitagorismo ed ermetismo sono collegati alla Bibbia tramite Jubal e in questo modo legittimati in ambito cristiano.
Nel manoscritto è riportato “come Euclide pervenne alla conoscenza della Geometria”, come è “scritto nella Bibbia e in altre storie”. Abramo conosceva le sette scienze; andò in Egitto e insegnò agli Egiziani la Geometria. Euclide fu suo allievo. Poi il manoscritto afferma che Euclide fu uno dei fondatori della geometria. In seguito i Governanti e i Signori d’Egitto inviarono i loro figli ad istruirsi da Euclide (collegamento con il Poema Regius). Poi la Geometria fu portata in Francia e in altre regioni.
Vien detto che Carlo II, Carlus Secundus (Carlo II il Calvo, 823-877?), era massone prima di essere re e stabilì che i massoni dovessero riunirsi in assemblea una volta l’anno. E poco dopo S.Adhabell venne in Inghilterra e convertì S. Albano (305 d.C.). Infine, si arriva ad Atelstano (895-939).
Athelstan (circa 894 – 27 ottobre 939) fu una figura cruciale nella storia inglese. Era figlio del re Edoardo il Vecchio e nipote di Alfredo il Grande. Athelstan divenne re degli Anglosassoni nel 924 dopo la morte di suo padre e il breve regno del suo fratellastro Ælfweard (durato solo 16 giorni). Entro il 927, aveva unificato gran parte di quella che oggi è l’Inghilterra, ottenendo il riconoscimento come primo sovrano a governare un regno inglese consolidato. Il suo regno vide importanti vittorie militari, in particolare la battaglia di Brunanburh nel 937, dove sconfisse una coalizione di scozzesi, vichinghi e britanni di Strathclyde, consolidando la sua autorità.
Il riferimento, nei miti fondativi della Massoneria operativa a Euclide e Pitagora, va oltre la valenza dei due filosofi ed è indicativo della compresenza e della convivenza di due linee di pensiero: quella aristotelica ed euclidea, con le sue proiezioni nella Scolastica e quella pitagorico platonica, con le sue proiezioni nell’Umanesimo.
Queste due linee di pensiero hanno rilevanza nella modalità con la quale viene esercitata l’Arte, nelle sue varie declinazioni (architettura, scultura, pittura, ecc.) e nel concetto di mimesis, che nella linea aristotelica ha un significato positivo, in quanto l’operare dell’artista è simile all’operare della natura e un significato diminutivo nella linea platonica, in quanto imitare la natura, che è già imitazione delle idee, allontana dal vero.
Questi due diversi riferimenti hanno anche implicazioni importanti per la stessa concezione dell’attività artistica.
Da un lato (Euclide) abbiamo una concezione dello schema come “ciò che è contenuto da uno o più limiti”[5] e dall’altro lato, lo schema non è ciò che è contenuto entro limiti, ma il limite, il «fuori» che contiene e configura e non appartiene al «dentro» che è configurato. In altri termini potremmo dire di una forma che è confine della materia ed è ad essa consustanziale (forma immanente) e di una forma che plasma la materia dall’esterno (forma trascendente).
Queste due linee di pensiero e di definizione dello schema furono compresenti fino a Proclo (412-485 d.C.), quindi per più di sette secoli, e influenzarono il modo con il quale lo schema trasmetteva valori (ethe e pathe).
Gli schemi sono modalità fondamentali della mente. Abbiamo infatti schemi per visualizzare i numeri, schemi dedicati agli dèi, schemi come figure degli elementi. Lo “schema – precisa Maria Luisa Catoni – si configura anche rispetto agli usi più «astratti», come un termine immancabilmente e inappellabilmente concreto, che tende a visualizzare e a riportare sul versante concreto il limite o l’area visualizzata, la quantità delimitata o il profilo disegnato da un astro. Schema che è un tratto disegnativo che ritaglia uno spazio e ne rende così analizzabili le proprietà geometriche, è una perigrafè o un diagramma concreto. Può essere definito a volte come il risultato di una tale azione di ritaglio e dunque come spazio delimitato, a volte invece come limite. In altre parole, a volte «pieno», a volte «vuoto». [6]
“Il termine schema – scrive ancora Maria Luisa Catoni – ci si presenta, senza ambiguità, da un lato come uno dei due strumenti dell’imitazione artistica («disegno», spesso in coppia con «colore») e dall’altro come figura di contorno, forma generale, quando si tratti della descrizione di oggetti o persone…. Quello della mimesi è uno degli ambiti nei quali schema, in questo duplice significato, trova amplissimo uso nei testi antichi”. [7]
La compresenza delle due linee ha un impatto concreto sull’Arte. Natura e techne danno, entrambe, forma e configurano (schematizein) la materia, ma la techne, che implica l’azione dell’uomo, assume valenze diverse in ragione della linea di pensiero di riferimento.
Il rapporto tra vuoto e pieno nelle costruzioni è solo un esempio del rapporto tra peras (limite) e apeiron (illimitato); tra caos, inteso come «essere spalancato», abisso, ossia ciò che è nel principio e cosmo, inteso come insieme ordinato di enti. Non dunque confusione opposta a ordine, ma vuoto informe in relazione a forme ordinate.
Il caos, in quanto abisso, è tenebra, notte e silenzio. Il cosmo è luce e vibrazione.
Le cattedrali gotiche sono un preclaro esempio di questo confronto tra vuoto e pieno, tra luce e tenebra, tra vacua immobilità e vibrante tensione.
I riferimenti a Euclide e a Pitagora, ben oltre la cornice giudaico cristiana, riconducono alla matrice indoeuropea, così come il riferimento a Ermete Trismegisto conduce a quella egizio-ellenistica.
In ambedue i casi siamo in presenza di concetti filosofici e teologici pagani.
La conoscenza di Ermete Trismegisto da parte dei Liberi Muratori non è un debito della cultura Umanistica. L’Asclepius, traduzione latina del Logos teleios, era infatti sicuramente nota ad Agostino tra il IV e il V sec. d.C., mentre Lattanzio, tra il III e il IV secolo sembra averne conosciuto l’originale. Brani del Corspus Hermeticum sono riportati da Stobeo tra il IV e il V secolo.
I diciassette trattati del Corpus Hermeticum, raccolta realizzata in epoca bizantina, erano già noti in questa forma a Michele Pasello (1018-1096 Costantinopoli).
In particolare l’Asclepius era diffusamente conosciuto nel XII secolo presso pensatori come Abelardo, Giovanni di Salisbury, Teodorico di Chartres, Ermanno di Carinzia, Bernardo Silvestre, Alano di Lilla e, ancora, Alberto Magno, Ruggero Bacone, Meister Eckhart, Thomas Bradwardine.
Parti del Corpus Hermeticum sono presenti nella Hermetica Oxoniensa, manoscritto di Oxford, conservato nella Bodleian Library, conosciuto come Clarke e datato XII-XIV secolo.
Come afferma il curatore dell’edizione italiana dell’intero Corpus, Paolo Scarpi, i testi potrebbero essere stati composti in epoca tolemaica, al tempo di Tolomeo I Soter, il quale avrebbe dato mandato perché fosse redatta in forma comprensibile ai Greci, una sintesi dell’antica teologia egizia. [8]
Tolomeo Filopatore (244-205 a.C.) aveva promulgato un editto perché copia di tutti i theoi logoi delle associazioni religiose fossero depositati ad Alessandria.
Giamblico nel suo De Misteris Aegyptiorum, sostiene che Ermete è colui alle cui antiche stele (palaiai stelai) attinsero Platone e Pitagora.
“Si può credere, quindi – scrive Scarpi – che nel I secolo d.C. l’ermetismo fosse alquanto diffuso, e che proprio tra la fine del I secolo e l’inizio del IV sia da collocare la redazione dei testi ermetici”. [9]
“Ermete Trismegisto – aggiunge Scarpi – è senza dubbio il frutto dell’interpretatio greca del dio Thoth, divinità che si presenta come «signore della conoscenza» nel mito dell’Occhio del Sole; questo racconto, scritto in demotico, era diffuso in età ellenistica e conobbe una traduzione greca”. [10]
Platone, nel Fedro, conosce la tradizione egizia che fa di Thoth l’inventore dei numeri, del calcolo, della geometria, dell’astronomia, delle lettere dell’alfabeto, dello stesso gioco dei dadi, ma non lo identifica con Ermete, mentre Thoth è sicuramente identificato con Ermete da Erodoto (II 138,4).
“Nel I secolo avanti Cristo – scrive Scarpi – l’identificazione e la sovrapposizione tra le due divinità fanno parte ormai di una tradizione consolidata, come lascia intravedere Cicerone”. [11]
Il neoplatonico Giamblico, più tardi, farà di Ermete Trismegisto il signore incontrastato della parola che il lessicologo Esichio sintetizzerà affermando: Ermete è il Logos.
“Nel Poimandres – scrive ancora Scarpi – Ermete è la voce che annuncia la vita immortale agli uomini disposti a convertirsi, colui che ha il compito di diffondere tra gli uomini la dottrina rivelatagli dal Nous, l’intelletto supremo, e cioè Dio, sino ad essere egli stesso il Nous nel De Ogdoade ed Enneade”. [12] “Il Nous – sottolinea Scarpi – con il suo logos, la sua parola, vivifica l’essere, una parola che ha nello stesso tempo una funzione ordinatrice. E’ un dio che può configurarsi come demiurgo o come un artigiano”. [13]
Il Nous è quasi un alchimista, dal quale Iside apprende la dottrina segreta del «Nero Perfetto» (estratto XXIII 32), che è il racconto di fondazione del mondo.
Interessante, per quanto riguarda i testi ermetici, quanto afferma Tobias Churton nel suo “Le origini esoteriche della Massoneria” (Fabbri). “Nell’898 – scrive Churton – uno scrittore arabo descriveva la dottrina dei Sabei (ossia dei pagani di Harran) come una filosofia insegnata da Hermes e da Agatodémone (la divinità protettrice dell’antica Alessandria e, secondo gli Hermetica, l’insegnante di Hermes)”. I Sabei di Harran, conquistati dai Musulmani, elessero Ermes come loro Profeta e Agatodémone fu identificato con Seth, il figlio di Adamo, per eludere le norme coraniche in base alle quali l’Islam tollerava cristiani ed ebrei, in quanto avevano religioni alla cui origine c’erano profeti, ma non i pagani.
Sempre nell’800, Thabit ibn Qurra (835-901), fondatore di una scuola di neoplatonismo pagano a Bagdad e autore di numerosi testi, scrive. “Noi siamo gli eredi e i propugnatori del paganesimo. Felice è chi, per amore del paganesimo, porta il fardello con incrollabile speranza. Chi altro ha civilizzato il mondo e costruito le città se non i nobili e i re del paganesimo? Chi altro ha regolato i porti e i fiumi? E chi altro ha insegnato la saggezza nascosta? A chi altro la divinità si è rivelata, ha dato oracoli e parlato del futuro, se non a uomini famosi tra i pagani? I pagani hanno reso noto tutto ciò. Essi hanno scoperto l’arte di risanare l’anima; hanno anche diffuso l’arte di risanare il corpo. Hanno popolato la terra con la saggezza, che è il bene più alto e con forme di governo sicure. Senza il paganesimo il mondo sarebbe vuoto e misero”. [14]
Le opere di Thabit includono commentari di Platone, Pitagora, Proclo e Aristotele. Thabit migliorò la traduzione di Euclide (Almagesto ed Elementi) e, come ricorda Churton, fu il lavoro di Thabit su Euclide a portare a Toledo, più di duecento anni dopo, Gherardo da Cremona (114-1187) in cerca dell’Almagesto.
Le opere tradotte da Thabit si sono rivelate “fondamentali per la comprensione delle forze e delle forme che resero possibile l’esplosione del gotico”.
Non va sottovalutato il contributo arabo conseguente alla conquista della Spagna. Il Califfato di Cordova governò sulla penisola Iberica islamica (al-Andalus) e su alcune parti del Maghreb dalla città di Cordova dal 929 al 1031.
Scrive Tobias Churton: “Secondo il rinomato medievalista Jean Gimpel: «Spesso si sottovaluta il notevole contributo arabo alla nostra cultura, eppure ha reso possibile la completa fioritura del Medioevo….». Al centro del contributo arabo si trovano i Sabei di Baghdad. E’, inoltre, difficile non concludere che l’influenza sabea aiutò a plasmare la mitologia degli scalpellini addetti al taglio della pietra durante il Medioevo. Furono gli iniziatori di quella che oggi chiamiamo massoneria”. [15]
E’ a questa Massoneria operativa, alla sua storia e ai suoi miti fondativi che dobbiamo guardare e non ai vari cuculi che nel XVIII secolo hanno fatto il nido nei Templi massonici dichiarandosi, dopo l’usurpazione, vera Massoneria o Massoneria di più alti gradi o, peggio, speculativa.
Le linee di pensiero di Pitagora, di Ermete Trismegisto e di Euclide erano conosciute nel Medioevo, che nello studio del Timeo di Platone esprime il desiderio di conoscere il creato. In particolare l’Asclepius (il Logos teleios) nella versione latina era conosciuto, come s’è visto, da Lattanzio, tra il III e il IV secolo, da Agostino e nel XII secolo da pensatori come Abelardo, Giovanni di Salisbury, Teodorico di Chartres, Ermanno di Carinzia, Bernardo Silvestre, Alano di Lille e, ancora, Alberto Magno, Ruggero Bacone, Meister Eckhart e Thomas Bradwardine. Alcuni di questi autori gravitano attorno alla cattedrale di Chartres, mirabile opera libero muratoria, e alla sua schola, a dimostrazione dell’intimo rapporto tra il fare e il sapere.
A proposito di Euclide va fatta una precisazione. I documenti massonici non specificano di quale Euclide si tratti, ossia se l’Euclide matematico di Alessandria o l’Euclide di Megara, che ebbe grande influenza sulle conoscenze scientifiche medievali e che fu anche oggetto di una serie di lezioni commentate del bresciano Nicolò Tartaglia (1568).
Il primo Euclide (365-300 a.C.) insegnava geometria ad Alessandria d’Egitto. Le sue opere furono raccolte dall’ultimo conservatore della biblioteca di Alessandria, Theon, padre della scienziata Ipazia, assassinata da monaci cristiani e divenuta simbolo pagano del libero pensiero.
Riguardo ai suoi principi, scrive Charles W. Leadbeater: “Quando Platone afferma che «Dio geometrizza» ha formulato una profonda verità che getta luce sui metodi e sui misteri dell’evoluzione. Quelle forme non sono concezioni del cervello umano, ma sono verità dei piani superiori. Ci siamo formati una certa abitudine a studiare i libri di Euclide per cui oggi li studiamo in se stessi e non come una guida per qualcosa di superiore. Gli antichi filosofi riflettevano su di essi perché conducono alla comprensione della vera scienza della vita”. [16]
“Euclide – scrive John D. Barrow – aveva creato una meravigliosa struttura di assiomi e di deduzioni che portavano ad asserti veri chiamati teoremi …. La geometria non era considerata come una semplice approssimazione alla vera natura delle cose; era una parte della verità assoluta circa l’universo. Quasi fossero frammenti di una qualche sacra scrittura, i grandi teoremi di Euclide furono studiati per millenni nella loro lingua originale: erano veri, né più e né meno, e consentivano agli esseri umani di dare uno sguardo alle verità assolute. Dio era molte cose, ma indubbiamente era anche geometra”.[17]
“La geometria euclidea – aggiunge Barrow – non era soltanto un gioco di matematici, né una grossolana approssimazione alle cose e neppure un capitolo di matematica pure privo di contatto con la realtà. Era il modo in cui era fatto il mondo”. [18]
“Il grande successo della geometria euclidea – asserisce ancora Barrow – aveva avuto conseguenze che andavano al di là dell’aiuto fornito ad architetti e astronomi: aveva instaurato uno stile di ragionamento nel quale le verità venivano dedotte mediante l’applicazione di regole logiche definite, a partire da un insieme di principi o assiomi autoevidenti. La teologia e la filosofia si erano servite del «metodo assiomatico» e la maggior parte delle forme di argomentazione filosofica ne seguivano lo schema generale”. [19]
Gli echi di questa impostazione li troveremo nelle leggi universali di Newton, di Boyle, di Cartesio e nel concetto di Grande Architetto dell’Universo. “Durante il XVIII e XIX secolo i teologi – scrive Barrow – attribuivano la massima importanza agli argomenti in favore dell’esistenza di Dio che gli assegnavano il ruolo di Architetto cosmico”. [20]
Euclide di Megara (435-365 a.C., noto anche come Euclide il Socratico, prima di frequentare ad Atene il suo maestro Socrate, alla cui morte aveva assistito, aveva studiato la filosofia di Parmenide e alla sua scuola aveva ospitato Platone, costretto a fuggire da Atene per motivi politici. Gli editori e traduttori medievali degli Elementi lo confusero sovente con l’omonimo Euclide (323-286 a.C). Euclide megarense fondò certamente una scuola filosofica d’impostazione socratica a Megara.
Come si può ben vedere non c’è una minima possibilità di distinguere tra Massoneria operativa e Massoneria speculativa e, tanto più, non vi è alcuna possibilità di poter dire che la Massoneria è nata nel 1717.
Nel 1717 a Londra si è consumato un furto inglese di identità che è all’origine della progressiva profanizzazione di un’eteria iniziatica le cui correnti iniziatiche, con fatica, si sono radunate altrove.



  • Riflessioni: CHI È IL MAESTRO?................ Non correre se non sai correre, prima impara; e quando hai imparato, ti accorgerai che c'è "qualcuno" che corre meglio di te; quello è il tuo Maestro.--- Non parlare se non sai dire, prima impara; e quando avrai imparato, ti accorgerai che c'è "qualcuno" che sa dire meglio di te; Quello è il tuo Maestro. ..................................Per ogni tuo agire cerca quindi il Maestro; egli esiste.- Supera la capacità del tuo Maestro perché puoi.--------Tutto questo fallo in silenzio, con pazienza, Umiltà e TOLLERANZA. ------- Ma soprattutto non crederti mai Maestro; il vero Maestro non saprà mai di essere tale; egli si accorgerà sempre che esiste "Qualcuno" che sa fare meglio di lui. Ecco chi è il vero Maestro....sempre"QUALCUNO"Fr:.G.Domma

Avere in dono, fra tanti, un antico rituale di Consacrazione e consacrarne la nuova Sorella Eletta rimarrà esperienza indelebile . Le emozioni variegate...per chi ci conosce , seppur fuggivamente , ne comprenderà le sfumature. Spero di poter condividere con alcuni di voi i particolari e conseguentemente potervi abbracciare in un triplice e quadruple abbraccio fraterno ed amichevole con agape rituale del nostro IV antico grado. Seguirà immagine poco conosciuta , preziosità in terra Calabra : Pietra Cappa !

29 Marzo 2025

Da Fratello a Fratello ...Da Sorella a Sorella... 

                    P.M.V . Sara Mazza 

Ad una sorella speciale . Agata D.D.

Notte di San Giovanni La leggenda dell'acqua di San Giovanni, l'antico rituale contadino che si fa una sola notte all'anno, la più magica
La preparazione dell'acqua di San Giovanni è un rito propiziatorio e di buon augurio che avviene durante la notte di vigilia di San Giovanni. Ha origini antiche che uniscono sacro e profano, magia e spiritualità. C'è chi chiama la notte di San Giovanni “la notte delle streghe” proprio per le vibrazioni energetiche che esplodono nell'aria.
Si raccoglie la rugiada di questa particolare notte, volendo in una ciotola insieme a petali di fiori. L'acqua lasciata all'aria aperta ed esposta alla rugiada ed alla luna piena, in giardino o sul balcone attrarrà le energie positive della notte più magica dell'anno.
Potremo usare quest'acqua magica per i nostri elisir o semplicemente per rinvigorirci con abluzioni delle mani e del viso. 😇😇😇J. D.

Dopo 45 anni circa di militanza fra le corde della vera Muratoria Operativa  Internazionale ho deciso di donare quanto raccolto alla Molto Rispettabile Sr :. Sara Mazza per la fondazione del Museo Massonico afferente al G. O. M. I. Italia. 
M. O. & P. G. M. M. M. M. M. Q.A.A. G. Domma 

Ci sono più misteri in Massoneria che fili di erba in  un verde prateria . 

La cernita resta fondamentale, la moltitudine resta pochezza. Non deve interessarci. Spero che i piu consapevoli sappiano cogliere l'importanza di tutto ciò che si palesa e al contempo sfugge, di tutto ciò che è oltre, che è ricerca e dedizione . Non siamo per chiunque , non lo siamo. 

Correva l'anno 2004 , chiesi allora al mio Maestro Potentissimo ed Onorabilissimo di disquisire circa il grado di York: rispose : "Non esiste" , allorché incredula chiesi ulteriori dettagli e porgendomi antiche scritture tacque nel suo usuale silenzio rumoroso tanto quanto la sua potenza . 

Όρκος των Φιλικών

«Ορκίζομαι εις το όνομα της αληθινής και αιωνίου Θεότητος, ενώπιον των ιερών αυτής συμβόλων, και εις την ιεράν πατρίδα μου, ότι θέλω είμαι εις τον αιώνα πιστός εις την Εταιρείαν, και δεν θέλω φανερώσει ούτε λόγον, ούτε πράγμα τι, όσα ήθελον ακούσει ή καταλάβει διά την Εταιρείαν.

Ορκίζομαι να προσπαθώ με όλην μου τη δύναμιν διά την προκοπήν και εκτέλεσιν του ιερού σκοπού αυτής.

Ορκίζομαι να υποτάσσομαι εις τους ανωτέρους μου και να εκτελώ ακριβώς τας παραγγελίας αυτών.

Ορκίζομαι ότι θέλω θυσιάσει και αυτήν την ζωήν μου, και ότι ο θάνατος θέλει είναι διά εμένα γλυκύτερος, εάν με φέρει εις τον σκοπόν της Εταιρείας.

Εάν αθετήσω τον όρκον μου, είμαι άξιος να τιμωρηθώ ως προδότης της Πατρίδος και της Θρησκείας μου.»

HONI SONI QUI MAL Y PENSE !

 

                                                                           Alla  Sr:. Germana Sveva Sangermano, M:. V:. ,       affinché sappia incessantemente continuare ad illuminare le nostre vite, i nostri impegni profani e muratoriali, con La Saggezza , la Forza e la Bellezza che da sempre  la contraddistinguono . Possa essere sempre orgoglio di tutti i Fr:. e le Sr:. di ogni Obbedienza in Italia e nel mondo.🌿🌿🌿🌿♥️♥️♥️🌿🌿🌿

Rende 10/03/2025

 

21/ 03/ 2025  Buon Equinozio di Primavera : siate felici🌼🌼🌼🪺🪺🪺🌺🌺🌺 !

Have you a good St. Patrick's Day !!! 🌿🌿🌿

17/03/25 

La festa di San  Patrizio è una festa di origine cristiana che si celebra il 17 marzo di ogni anno in onore di san Patrizio, patrono dell'Irlanda. La festa è chiamata in irlandese Lá 'le Pádraig oppure Lá Fhéile Pádraig, in inglese Saint Patrick's Day, St.

É una gioia comunicarvi che sono pronte le carte contenenti le cibarie prelibate , i vini e le birre artigianali  e le bevande prescelte dal nostro Maestro M.M.M. Di Casa  unitamente al nostro Cook's Team . Shuffle ... Lightpipes ... etc... che le nostre Agapi indossino sorrisi e  N. C. 

"TABULA SMARAGDINA" E "NETER": I PRINCIPI FONDATORI DELLA VITA

La visione Olistica dell'Universo, così come la concepirono gli Antichi Egizi, è la base per la comprensione dell'Esistente, nel suo aspetto minerale, vegetale ed animale.
Il Macrocosmo è in tutto simile, anche dal punto di vista funzionale, al Microcosmo, cioè l'Uomo.
La "Tabula Smaragdina” o “Tavola di Smeraldo”, recita: "Così è in alto, come è in basso, per fare il miracolo della Cosa Unica".
Questo ci porta a riconsiderare quanto Paracelso, il grande Alchimista del cinquecento, disse nella sua Opera il "Paragranum".
Egli infatti, in armonia con questa visione, disse come il comportamento del Macrocosmo, da lui chiamato il Cielo, agisca e determini le condizioni di salute o malattia, nel Microcosmo Uomo, attraverso l'azione degli Dei, che gli Egizi chiamarono i Neter.
Il cuore per gli Egizi, è il luogo ove il Ka ed il Ba, ovvero il Fisso e Volatile trovano il loro punto di incontro, la sua fisiologia non sarà riferita a canali e mezzi materiali, come le arterie e le vene, ma si farà cenno ad un fisiologia più sottile, ove ciò che contano sono le cause e non gli effetti. Si parlerà quindi, di energie e canali attraverso cui esse scorrono, e più in là ancora, di stati maggiormente sottili ed eterei, i Neter.
Questi Dei, questi Neter, abitano nel cosmo così come nel corpo umano. Le Sette Funzionalità, i sette Neter, i sette Arcana come lì chiamava
Paracelso, “operano” all'interno del corpo umano, cioè essi si appoggiano per prendere corpo nell'Uomo e farlo vivere, attraverso l’analogia con il Macrocosmo.
Ma, chiediamoci, come essi si collegano a quelli del corpo umano, per dare e sostenere la vita.
Essi discendono dall'Astrale nel mondo fisico, attraversano gli ammassi stellari e i pianeti, e penetrano nell'Uomo attraverso dei canali energetici, che gli Egizi chiamavano MO. Questo lo possiamo vedere rileggendo parte del Trattato dei Vasi, contenuto nel Papiro Egizio di Ebers.
Per comprendere la gerarchia dei Neter, che viene presentata nei vari sistemi e con delle intenzioni particolari, bisogna tenere presente queste due idee: l'idea astratta della creazione primordiale, quella che prende in considerazione i diversi aspetti di Potenze Creatrici e quindi le sue espressioni o Parole successive nel Mondo dei Principi, e l'idea concreta della loro realizzazione attraverso la successione delle procreazioni.
Alla prima storia Metafisica, succede e segue la seconda, quella che mostra le Funzioni della Natura nel loro aspetto realizzatore.
Le due funzioni basilari sono tra loro contrapposte: quelle che contraggono e quelle che dilatano.
Non si può prendere in considerazione una Funzione se non chiamando in causa la sua complementare.
Quando un'azione si mette in moto, compare immediatamente la reazione. Se si instaura una forza centrifuga, dilatante, immediatamente compare la forza centripeta contraente.
Se Ptah è l'Energia creatrice strettamente legata per mezzo della sua corporificazione, sarà causa di vita ma non potrà vivere se questo Ptah non sarà sciolto, liberato.
Quando si legge un papiro egizio che parla di Nefertum, bisogna ricorrere al complementare, per cercare di capire il significato che lo scriba sta trasmettendo. E' questa la grandezza di questa concezione, che lascia sempre trasparire anche il concetto alchimico.
Iside è il Principio femminile della Natura , in quanto luogo ove si situa ogni attività. E' il magnete che attira la semenza del maschio e che provoca lo zampillamento. E' la passività agente della femminilità e la Madre dell'esistenza, però le sue lacrime il suo principio fluido è spiritualizzante. Essa non risuscita il corpo di Osiride ma il suo djed il suo corpo sublimato da dove zampillerà periodicamente un'Acqua Nuova. E' la sostanza materna che nella palude da vita a Horo e lo nutre. Horo sarà l'essenza spirituale di suo Padre Osiride.
Nefti e la passività negativa del femminino: di natura sottile essa corrompe per dare la vita, ma le sue lacrime sono molto simili a quelle di Iside. Ricordiamoci che è sorella si Seth e madre di Anubis.
Neith e la Femminilità Spirituale, animatrice, la doppia energia luminosa, senza forma, che provoca paise" la fissazione della materia attraverso gli incroci. Era chiamata la grande tessitrice. Con le sue due facce incrociate fissa la sostanza, ed il movimento delle navette tesse la prima Materia del Mondo, ovvero il corpo dell'uomo che è un incrocio di attivo e di passivo, di forze contrarie che si equilibrano: è la femminilità sessuale, la potenza tenebrosa e la contrazione che provoca la dilatazione.
Questi aspetti della Teogonia non potrebbero essere legati tra di loro, nella loro unità vivente se si omette quella che è la chiave degli atti, la teogonia dei cicli celesti. Questa Teogonia è in rapporto con le caratteristiche che risultano dalla rivoluzione continua del cielo.
Movimenti perpetui che si rapportano al Sole, alla Luna, ai vari decani e che danno quattro cicli che interessano la nostra vita:
Il ciclo del giorno, il ciclo del mese, il ciclo dell'anno, ed il ciclo della coincidenza di Sole e Luna.
Questi quattro cicli sono i circuiti viventi entro i quali si manifestano i Neter. Sono essi che manovrano le diverse Teogonie e la struttura complicata della Teologia.

Elena Paredi

La Corda Spezzata

Contattateci , saremo comunque felici di poter trascorrere un po' di tempo insieme , riconoscendoci fraternamente. Sarà per noi motivo di reale giubilo.

Comunichiamo a chiunque fosse interessato/a , che unitamente a quanto sopra richiesto è necessario fornire il proprio recapito telefonico e copia del proprio passaporto ed appartenenza . 
Si precisa che saranno accettati solo fr:. e Sr:. in II * e III * grado . Grazie .

Rende 31/03/2025          Fr:. Antonio Palamara

                                    

 

La costruzione del Tempio


L'Origine e la Distruzione del Tempio di Gerusalemme

965 a.C- 70 d.C.

text by P. E. H. Thomas PM, #8839 EC

 

Questo documento è stato redatto soprattutto per l'interesse di tutti i massoni le cui costituzioni sono riconosciute dalla Grande Loggia Unita d'Inghilterra.

Questo non significa che è riservato soltanto ai massoni; non lo è, né può esserlo.

Si occupa essenzialmente dei fatti biblici nella misura in cui è stato possibile stabilirli con ragionevole certezza. Così facendo, comprende quella parte di storia biblica che, essenzialmente, forma la base di molti rituali Massonici; non soltanto all'interno del Craft, ma anche all'interno dell'Arco Reale.

Assemblando questa presentazione, è importante riconoscere che sono stati scritti molti libri sul vecchio Testamento. L’esodo degli israeliti dalla prigionia egiziana, culminata nella definitiva nascita di una patria sotto il regno di Davide e poi di Salomone, è una vicenda sia affascinante che controversa.

Dopo la pubblicazione della Bibbia autorizzata dal re James I nel 1661, il calendario degli eventi inizia nel 4004 aC che è stato considerato come l'inizio della creazione: (l'Anno Lucis inizia nel 4000 aC).

Fino all'AD 1850, i cristiani hanno accettato implicitamente le descrizioni storiche del vecchio Testamento, compreso il relativo calendario. Tuttavia, da allora c’è stata una tendenza crescente ad esaminare e sfidare l'esattezza delle scritture focalizzando l’attenzione sulla culla delle loro origini: il Medio Oriente.

Quando l'Egitto era una colonia della Gran Bretagna e della Francia, alcuni ricchi archeologhi avevano cominciato a cercare e scavare intorno ai monumenti ed ai resti spettacolari che erano là affinchè tutti vedessero. Questo, successivamente, ha condotto all'esplorazione ed allo scavo di molte tombe nascoste. Quando, nell’AD 1922, la tomba di Tutankhamun è stata scoperta ed aperta, i suoi tesori hanno motivato a effettuare ricerche anche più impegnative. Furono effettuati studi dettagliati dei geroglifici, delle iscrizioni cuneiformi e degli scritti dei papiri così come della lingua di Akkadian che era la lingua-franca di quei tempi. L'avvento e lo sviluppo di elettronica specializzata, accoppiato con l'ultimo sviluppo nelle abilità scientifiche, stimolò sia il desiderio che la capacità di ottenere la precisione storica.

Lo scopo di questo documento è offrire un aggiornamento, facilmente comprensibile, preciso di questa parte di storia biblica e degli eventi che hanno portato ad esso. E’ stato tenuto conto delle ultime scoperte archeologiche e dei retrocalcoli astronomici associati. Questo, successivamente, ha reso necessaria una rivalutazione della cronologia egiziana antica per portare tale storia molto di più in linea con i fatti, piuttosto che con le ipotesi.

Per dare grande autenticità a questa descrizione, sono stati inseriti dati recentemente acquisiti. Ciò, a sua volta, ha comportato l'analisi delle date fino ad ora convenzionali per inserire ciò che attualmente è riconosciuto come la Nuova Cronologia dell'Egitto. I precedenti e come si sono svolti i fatti.

La nuova cronologia così stabilita è presentata in dettaglio nella Appendice A.

Il vecchio Testamento è, fra altre cose, un montaggio di 39 libri che riguardano i vari eventi notevoli in Medio Oriente BC e specialmente in Oriente, circa dal 4000 al 395 BC. Gli Apocrifi, composti da 15 libri, non compresi dagli Anglicani, comprendono la storia fino alla nascita di Cristo.

Vale la pena ricordare che tale storia durante i primi anni, non soltanto allinea gli avvenimenti descritti ma inoltre li abbellisce pienamente con le leggende. Inizialmente, queste storie sono state trasmesse oralmente. Effettivamente, la registrazione della storia biblica iniziale, come la conosciamo, non è mai stata una base per gli ebrei: i cronisti si sono preoccupati più dell’ importanza religiosa che non delle informazioni effettive. Di conseguenza, negli anni, queste descrizioni sono state spesso distorte ed esagerate; infatti, versioni diverse dello stesso episodio sono state ripetute parecchie volte. Per esempio, la storia del Primo Tempio a Gerusalemme può essere trovata nei libri di Samuele, Re, Testamenti, Jeremiah ed Ezekiel; e quello del Secondo Tempio in Ezra, in Haggai, in Zechariah e in alcune parti degli Apocrifi.

D'altra parte, molti storici ed eruditi influenti oggi sostengono che la storia esatta e convalidata degli israeliti è cominciata soltanto con l'età di Salomone. Ciò è perché, sorprendentemente, virtualmente nessuna prova contemporanea esiste a sostegno degli eventi iniziali che hanno interessato gli israeliti. Perciò, dobbiamo tenere conto delle annotazioni degli assiri ed egiziani che sono giunte sino a noi.

Il seguente studio, basato su informazioni archeologiche e testuali recentemente pubblicate e concentrate su questi due Templi, differisce occasionalmente dalle descrizioni contenute nella Bibbia. Ciò, tuttavia, non deve essere interpretato come un tentativo di sminuire o disprezzare, né di svilire i messaggi spirituali che contiene.

Anche se la morte del re Salomone nel 931 BC è stata considerata come la prima data sicura ed indiscutibile nella storia biblica, è diventato possibile spostare questo riferimento indietro fino al 1540 BC; vale a dire, 13 anni prima della nascita di Mosè. Pertanto, solo ai fini di questa presentazione , alcune date indicate che sono prima della morte di Salomone, porteranno il suffisso 'NC 'anziché il usuale 'BC '. Le date successive alla morte di Salomone potrebbero essere considerate come ragionevolmente esatte; certamente all’interno di un anno.

La portata ed il contenuto di questa rassegna è così enorme che, per brevità, è stato necessario condensare o escludere molti aneddoti che, anche compresi nei fatti, direttamente non interessano la sostanza principale di questa rassegna particolare.

                            Precisazioni

Nel 1856 le sopravvivenze del Marchio che si potevano contare in tutta l'Inghilterra si federarono nella Grand Lodge of Mark Master Masons of England and Wales.

La Massoneria del Marchio fu praticata a partire dal 1100 con plurime e variegate cerimonie nelle Logge dei Compagni d'Arte  nel 1700 , logge registrate sono in Scozia ed in Germania per ovvii motivi regali secondo il trattato di Schaw.

Fu Thomas Dunckerley a darne lustro e lo stesso fu il Primo ed Unico Gran Maestro ad officiare , visitare e sorvegliare, personalmente  ben otto Province . 

Il primo Gran Maestro della Gran Loggia del Marchio  fu Savage nominato nel 1856. A lui succedette il Rev . John  Huyshe l'11 Dicembre 1857  che divenne il primo Gran Maestro , Eletto ufficialmente oltre un anno dopo la fondazione della Gran Loggia del Marchio . 


"La pietra grezza scartata dai 12 maestri muratori sovraintendenti  è diventata angolare " . 
Sr:. Germana Sveva Sangermano.

Sebbene troviamo segni distintivi di massoni su edifici di tutti i paesi civilizzati e sebbene questi siano piuttosto comuni in molte vecchie Chiese ed Abbazie, possiamo avere la certezza che questi marchi siano stati registrati e catalogati per la loro interpretazione solo in Scozia e in Germania. Gli statuti di Schaw ( Scozia) del 1598 danno una chiara testimonianza del sistema adottato per la registrazione di tali marchi. L’Art.13 di questo Statuto che pone le basi sulle quali viene eretto l’intero edificio della Massoneria del Marchio, recita che nessun Maestro od altro membro della Massoneria può essere ricevuto od ammesso se non alla presenza di sei Maestri e due nuovi iniziati al Grado.

La data di ammissione,il Marchio distintivo ed il nome del candidato dovevano essere regolarmente annotati nel registro

assieme a quelli dei Maestri e dei nuovi Iniziati al grado che dovevano essere presenti. Nessun candidato può essere ammesso senza essersi sottoposto ad una prova delle sue capacità di merito e di attitudine all’Arte.

Quindi nel 1598 abbiamo una chiara testimonianza che l’Apprendista massone operativo scozzese per diventare Compagno dell’arte doveva registrare il suo marchio distintivo. Se per il periodo operativo vi sono sufficienti fonti storiche, le difficoltà iniziano quando cerchiamo di scoprire il momento in cui il Marchio del Muratore si rivelò come l’argomento di una cerimonia simbolica massonica. La Massoneria del Marchio fu indubbiamente praticata con una varietà di cerimonie nelle Logge dei Compagni d’Arte in vari periodi del 1700, ma il punto d’orgoglio della storia del Marchio viene attribuito generalmente a Thomas Dunckerley.

Il Capitolo di Portsmouth che lavorava sotto i “Moderns” redigeva con regolarità il libro dei verbali e in una stesura del 1769 si legge: ” Ad un Capitolo dell’Arco Reale tenuto presso la Taverna di George, il Pro Gran Maestro T.Dunckerley, che era stato di recente iniziato al Marchio, iniziò sei Fratelli a Massoni del Marchio e quindi a Maestri del Marchio”. Tale verbale indica chiaramente che la Massoneria del Marchio a quel tempo consisteva di due gradi : Mark Man e Mark Master. La Massoneria del Marchio inglese oggi in pratica accomuna i due gradi, ma in alcune parti si lavora ancora nei due gradi distinti, anche se ovviamente sono diversi da quelli del 1769.

Tratto da : B.J.

Desideriamo porre accento alle eventuali GLMMMI e precisarne il significato di distretti italo-inglesi e non squisitamente ITALIANE seppur su suolo Italiano con fratelli Italiani . Noi riconosciamo il Molto Onorabile Fratello Giovanni Domma, il vero Padre del Marchio in Italia .

Milano , 15 Giugno 2004 

 Alla Sr:. Germana Sveva Sangermano  : La preziosità etica e morale è l'unicità del distinguo . 

Domande frequenti

“Lavorare con la Grande Scuola degli Antichi Scalpellini Maestri Muratori del Marchio è stata un'esperienza unica e ricca di significato. Consiglio vivamente la loro conoscenza a tutti coloro che amano l'arte e la tradizione, la fratellanza e l' amicizia , il rispetto e la severa educazione .  Più o meno giovani operativi e speculativi , filantropi e filosofi , amano ciò che sono e ciò che fanno. ”

[Giovanni Doria]

Al mio G. M. di vita , instancabile compagno e Potentissimo M.M.M. 
🌿G. M.  R. M.🌿

 

Servizi

Dai vita ai tuoi pensieri e alle tue emozioni con le Opere Calligrafiche Personalizzate.

 

Apprendimento Scrittura  Antica e Laboratori .

Restauro di Manoscritti Antichi e Traduzioni.

Valorizza e preserva il patrimonio culturale con il nostro servizio di Restauro.

Ricostruire !

Aprile 2025

Riflessioni

Siamo un team impegnato a creare esperienze eccezionali. Il nostro obiettivo è fornite le giuste risposte a curiosità genuina guidate da un profondo rispetto per la storia e le tradizioni e da un desiderio genuino di superare le aspettative.

Leggi di più »

 

Il Compagno e la Squadra

 

Nella muratoria operativa, la Squadra era l’emblema dei cosiddetti Straight Masons (o Square Masons), i Tagliatori, e il Compasso degli Arch Masons, o Costruttori ; il simbolo della Squadra e Compasso stava quindi a rappresentare l’insieme della muratoria, considerata in entrambe le sue componenti.
Citiamo qui di seguito alcuni passi del nostro libro Massoneria del Marchio, aventi come fonte le ricerche effettuate da Neville Cryer :
Quando un Apprendista entrava a far parte della Loggia (a partire dal marzo 1663, l’età minima fu fissata a 14 anni di età, e dal dicembre dello stesso anno a 21 ; prima entravano anche ragazzini di 12 o 13 anni) sceglieva in quale delle due classi egli volesse servire. Se sceglieva di essere uno Straight Mason gli veniva fatto dono di una Squadra, se un Arch Mason di un Compasso : è questa l’origine storica dell’immortale simbolo che tanto amiamo. Il colore-simbolo degli Straight Masons era il blu, quello degli Arch Masons il rosso (…).
Soltanto gli Arch Masons erano abilitati alla costruzione di edifici includenti archi (compresi i ponti), che richiedevano molta maggior perizia. Ma sebbene l’arte degli Arch Masons fosse indubbiamente più sofisticata e difficile, non si vedeva la ragione di attribuire loro uno status di superiorità : una tale discriminazione avrebbe tradito le regole più basilari dell’arte muratoria, basata sui criteri della più assoluta interdipendenza reciproca. Non a caso la Forza è una Luce di dignità non inferiore alla Bellezza, e la Sapienza è il necessario complemento di entrambe ; non a caso la meta di tutti gli Operai che lavorano alla Gloria del Grande Architetto è il compimento della trasmutazione interiore.
Di conseguenza, Straight Masons e Arch Masons potevano contare su percorsi paralleli e molto simili, la cui differenza più rilevante si celava nel rituale di passaggio al grado di Compagno : la Pietra che nel rituale Straight risultava perduta era la Pietra Angolare, nel rituale Arch la Chiave di Volta.
E’ quindi lecito dal punto di vista iniziatico considerare “Pietra Angolare” e “Chiave di Volta” come equivalenti, e lo stesso vale per gli attrezzi corrispondenti, ovvero la Squadra e il Compasso.
Poi, nel passaggio alla Massoneria speculativa, si verificarono due fenomeni : 1 – parte del simbolismo Straightvenne accolto dalla Massoneria Azzurra, parte del simbolismo Arch dalla Massoneria del Marchio ; 2 – l’introduzione del grado di Maestro secondo Hiram fece sì che tale nuovo grado avocasse una parte del patrimonio simbolico che presso gli operativi era appannaggio dei perfezionamenti del grado di Compagno.
Questi notevoli cambiamenti confusero le idee su molti aspetti del simbolismo massonico, e in particolare riguardo alla collocazione simbolica della Squadra. Per esempio, è assioma comune che nell’emblema della Squadra e Compasso, la Squadra sia da associare al grado di Apprendista e il Compasso al Maestro, volendo così rappresentare le contrapposte esigenze che il primo si conformi rigidamente alla disciplina di Loggia e il secondo possa liberamente spaziare, apportando il contributo della propria creatività ; un’utile e istruttiva immagine che però può risultare ingannevole se viene spinta fino a implicare una presunta superiorità qualitativa del Compasso nei confronti della Squadra, idea che non solo sarebbe in contraddizione con le origini del simbolo, ma anche con altre importanti funzioni da esso svolte - non dimentichiamo che la Squadra è anche il gioiello del Maestro !   
Inoltre, non è il caso di supporre che l’Apprendista conosca pienamente l’uso della Squadra : se così fosse, il suo compito non sarebbe limitato a una sommaria sgrossatura della pietra, che era quanto avveniva concretamente nella muratoria Straight. Lavorando duramente, gli Apprendisti, estraevano le Pietre e le sgrossavano ; il Compagno le levigava, e quando gli sembrava che fossero idonee alla costruzione a lui toccava la responsabilità di presentarle, sottoponendole al giudizio dei Sovraintendenti o eventualmente del Maestro.
Da questo si può vedere che il grado di Compagno d’Arte nacque e si sviluppò tra gli Operai delle Cave. Era quindi il grado operativo per eccellenza, e per questo fu fatale che l’enorme numero dei suoi perfezionamenti non potesse sopravvivere alla svolta del 1717. Molti di essi confluirono nel mare magnumdegli antient degrees e vennero cancellati definitivamente dopo la Uniondel 1813 ; parecchi oggi si possono ritrovare come side degrees o gradi collaterali della Massoneria del Marchio.
La semplificazione del grado di Compagno lasciò erede la moderna Massoneria del problema a chi spettasse il compito della squadratura definitiva della pietra. Ci sono oggi due scuole di pensiero in proposito : chi suppone che tale obbligo spetti ai Maestri, chi ritiene che essi ricevano dai Compagni le pietre già squadrate e la loro opera si limiti a coordinarle, disponendole nella giusta posizione.
E’ in verità assai arduo stabilire quale delle due ipotesi possa essere considerata tradizionalmente la più corretta. Il fatto che presso gli Antients e gli operativi il compito della squadratura fosse appannaggio dei Compagni parrebbe testimoniare in favore della seconda, ma tale conclusione si rivela a una lettura approfondita piuttosto superficiale, se pensiamo 1 – che tutte le interpretazioni simboliche volte a sottolineare la maggiore importanza dell’azione collettiva dei Fratelli rispetto al lavoro individuale sono da considerare di origine Modern, e anche questa non fa eccezione – la vediamo apparire molto dopo il 1717 ; 2 – che sia gli Antientsche gli operativi potevano contare su un numero variabile di perfezionamenti del grado di Compagno, che ne differenziavano qualitativamente le competenze.
Considerazioni di questo genere originano tuttora appassionati dibattiti nel rituale Emulation, dove si cerca di attenersi il meglio possibile alle antiche tradizioni. Ad ogni passaggio vengono attribuiti al Fratello attrezzi da lavoro inerenti al suo grado di padronanza dell'arte muratoria (che gli vengono spiegati sia in senso pratico che morale), ed essi sono : all’Apprendista il Regolo da 24 Pollici, il comune Maglietto e lo Scalpello ; al Compagno la Squadra, la Livella e il Filo a Piombo ; al Maestro, il Sisaro, la Matita ed il Compasso. Ma esiste anche una scuola di pensiero in base alla quale la spiegazione della Squadra in grado di Compagno sarebbe prematura, e ad essa andrebbe piuttosto sostituita quella del Sisaro - un attrezzo che è utile nello scavare le fondamenta dell’edificio, quindi senz’altro preliminare all’uso della Squadra.
In definitiva, può essere corretto affermare che il Compagno conosce la Squadra, ma bisogna anche vedere di che tipo di Compagno si tratti, e fino a che punto la conosce – se ne conosce solo l’esistenza, o ne conosce l’uso parzialmente, o se la padroneggia in modo perfetto. In altre parole, occorrerebbe mettersi d’accordo su quale sia il livello degli antichi perfezionamential quale il grado attuale di Compagno va equiparato.
Se, per trovare la risposta, dovessimo tener conto di tutti i perfezionamenti che gli Antients conservarono nella forma di antient degrees, saremmo nella nebbia : sono centinaia. La maggior parte, però, si erano formati in seguito all’influsso dell’esoterismo templare sulla muratoria scozzese ; innestandosi cioè su un corpus primigenio - direttamente legato alla muratoria operativa - che era formato da un numero di perfezionamenti immensamente minore. C’è chi dice due, chi tre, chi quattro ; comunque, è indiscutibile che i livelli fondamentali nei quali era articolato il grado di Compagno fossero pochi, e la loro almeno sommaria riscoperta sembra essere il presupposto indispensabile per chiarirci le idee.
Interessante a questo proposito è l’esame della Massoneria in sette gradi, cui abbiamo già accennato in un altro articolo di questa raccolta (Massoneria operativa e speculativa) ; nel quale, tra parentesi, ne abbiamo parlato piuttosto male, esprimendoci contro la convinzione assai diffusa che la muratoria operativa fosse universalmente divisa in sette gradi, perché è una forzatura assurda – in realtà, i sistemi degli operativi variavano enormemente da una località all’altra, e quei pochi che ci sono parzialmente noti presentano in genere un numero di gradi inferiore al sette.
Questa osservazione non è soltanto una pignoleria da studiosi : nasce dal fastidio a fronte di certe speculazioni che, facendo leva sul concetto tradizionale della sacralità che sarebbe legata al numero sette, insinuano tra le righe che la Massoneria speculativa in tre gradi non ne sarebbe altro che una versione molto impoverita, che avrebbe perduto per strada gran parte del suo valore iniziatico. E’ anche per difendersi contro falsità di questo genere (e non solo per uno spirito classista certo deprecabile) che nel diciannovesimo secolo, a dispetto di ogni evidenza storica, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra si dimostrava estremamente riluttante ad accogliere la tesi dell’origine operativa della Massoneria.
Il grande paladino della muratoria in sette gradi era stato il Fratello Clement Stretton, che affermava di essere stato ammesso a far parte nel 1877 di una gilda operativa, la Worshipful Society ; per quanto molte incongruenze siano state rilevate nelle sue descrizioni dei rituali, la maggior parte delle notizie da lui fornite vennero considerate attendibili, e tra queste (forse) pure che quella particolare gilda lavorasse in sette gradi.
Le sue rivelazioni, però, non furono accolte con molto trasporto dagli storici della Massoneria ufficiale, e non solo : anche Réné Guénon – che al di fuori dell’UGLE resta pur sempre una delle massime autorità in tema di tradizione massonica, e più degli storici in forza all’UGLE godeva del privilegio di esprimersi liberamente – senza giungere al punto di accusare Stretton di falso, pensava che molta parte delle presunte usanze tradizionali da lui segnalate fosse il frutto di interpolazioni moderne.
Comunque Stretton riuscì a convincere del suo punto di vista un numero sufficiente di Fratelli per dare origine, nel 1913 a un Ordine irregolare, che ancora oggi pratica la Massoneria Azzurra in sette gradi, fondandosi su rituali di grande suggestione e bellezza.
Ora, è proprio l’analisi dei gradi secondo Stretton che ci aiuta a far luce sui perfezionamenti del grado di Compagno, facendoci comprendere quanti di essi debbano essere presi in considerazione.
I sette gradi, infatti, sono : Apprendista, Compagno, Marcatore, Costruttore, Sovraintendente, Maestro e Gran Maestro. E’ opportuno precisare subito che il grado di Gran Maestro corrisponde all’attuale Maestro Venerabile Installato ; per quanto riguarda invece i perfezionamenti del grado di Compagno, il Marcatore è in sostanza l’Operaio del Marchio (Mark Man) ; il Costruttore è il Maestro del Marchio (Mark Mason), e se aggiungiamo il Sovraintendenteraggiungono il numero di tre. Tenendo conto anche del Compagno stesso, le suddivisioni praticate in seno all’attuale secondo grado sono quattro.
Nella vera muratoria operativa, il Marcatore (detto anche Compagno Esperto) veniva detto Super Fellow, e il Costruttore (sottinteso : sul Sito del Tempio) Super Fellow Erector ; entrambi erano sottoposti all’autorità dei Sovraintendenti. Nel libro Massoneria del Marchio ne abbiamo parlato così :
Per il passaggio al grado di Compagno, il Candidato doveva preparare una rozza Pietra Squadrata come campione del suo lavoro, e il Sovraintendente ai materiali doveva esaminarla prima che potesse entrare. Doveva portarla con sé quando entrava nella Loggia, e dichiarare che quella era tutto il suo lavoro. Gli veniva chiesto il segno e la parola di passo : Banai, Costruttore.
Il compito che gli veniva assegnato in quella occasione ci è stato tramandato da Robert Padgett nel 1686, in un rituale ad uso di tutte e otto le “divisioni” degli operativi in Inghilterra (Londra, Westminster, Divisione del Sud, Bristol, Chester, Isole Minori, Lancaster e York). Due delle sue prescrizioni sono notevoli :
Onorerai l’Altissimo e la Sua Santa Chiesa : non aderirai a nessuna Eresia, Scisma o Errore nelle tue Iniziative, né discrediterai gli insegnamenti degli Uomini saggi.
Manterrai Segrete le oscure e intricate Parti della nostra Scienza, non dischiudendole a nessuno tranne a coloro che già le studiano e le utilizzano.
Gli veniva poi consegnato un Regolo dell’esatta misura di un cubito, e veniva indirizzato all’angolo nord-est della Loggia perché provvedesse a completare la rifinitura della sua Pietra rozzamente squadrata ; dopodiché  questa veniva riesaminata dall’Ispettore e finalmente accettata, al che gli veniva comunicata la parola di passo giblim (Muratore Esperto).
Dopo un anno da Compagno, si poteva accedere al perfezionamento di Compagno del Marchio (detto anche Superfellow, Super-Compagno) (…). Il Candidato veniva condotto intorno alla Loggia per tre volte, e prestava giuramento inginocchiandosi di fronte alla Pietra Squadrata che aveva portato con sé (…).
Per quanto riguarda gli Erettori : troviamo in certe Gilde un grado detto Bonai, i cui membri erano Collocatori ed Erettori. Il rituale di avanzamento a questo grado era uno dei più complessi in assoluto della muratoria operativa, ma vale comunque la pena di darne alcuni cenni.
Il Candidato dichiarava di essere una pietra marchiata e di cercare avanzamento ; dopo varie difficoltà, veniva sollevato un velo che celava la parte occidentale del Tempio, e gli era dato finalmente di vedere i tre Gran Maestri seduti all’Occidente fianco a fianco.
A quel punto, quattro forti Muratori si disponevano a quadrato : piede contro piede, spalla contro spalla, ciascuno con una spada nella mano sinistra e un diverso attrezzo nella destra. Si staccavano poi l’uno dall’altro quanto bastava per raggiungere gli angoli di un quadrato tracciato sul pavimento con entrambe le diagonali ; il Fratello col Filo a Piombo sospendeva il suo attrezzo sul Centro, e si comunicava al Candidato che in questo modo erano stati formati i cinque punti. Come in svariati altri rituali di “quarto grado”, il rito che seguiva era presieduto da Adoniram.
Con una breve diversione dal nostro argomento, è interessante osservare che i cinque punti della fratellanzarientravano all’origine nel simbolismolegato al grado di Compagno ; non è soltanto nel perfezionamento detto Bonai che li ritroviamo, ma anche addirittura nel rituale di passaggio da Apprendista a Compagno Straight Mason, nel corso del quale 
per l’iniziazione, l’Apprendista entrava in Loggia vestito di bianco, con un cordone blu intorno alla vita, tenuto per mano da due Compagni, uno per parte ; un altro Compagno davanti e un altro dietro reggevano gli estremi di un altro cordone blu annodato intorno al suo collo.
C’è da chiedersi indubbiamente se il numero di quattro Compagni coinvolto in tali cerimonie non sia ancora una volta da ricollegare ai quattro diversi livelli di specializzazione del grado considerati da Stretton.
Provando a tirare le file di quanto visto finora, possiamo dire che - dei quattro tipi di Compagno - il Compagno semplice conosce la Squadra in modo approssimativo. Di lui non sappiamo neppure se i pezzi che ha lavorato vengano sottoposti all’esame dei Sovraintendenti : parrebbe proprio di no, perché non dispone di un Marchio con cui identificarli, e possiamo supporre che il suo ruolo si limiti a una seconda sgrossatura delle pietre che gli Apprendisti hanno strappato alla roccia.
Del tutto diversa è già la situazione per il Marcatore, che in virtù della sua perizia acquista il diritto di apporre sulla pietra un marchio di identificazione. Del suo rituale di iniziazione conosciamo soprattutto la versione Arch, ma effettuate le debite trasposizioni l’impressione è che il frutto del suo lavoro sia ancora circondato – da parte dei Compagni più anziani - da un alone di scetticismo e di diffidenza, e sottoposto a controlli molto severi e un po’ “nonnisti” ; solo nel grado successivo (quello che Stretton chiama Costruttore, ma si tratta ancora una volta di un palese innesto Arch in un contesto Straight) la sua perizia viene pienamente riconosciuta.
I gradi di Marcatore e Costruttore corrispondono, nell’odierna Massoneria del Marchio, ai gradi di Operaio del Marchio e Maestro del Marchio. A quanti chiedono come mai l’antico grado di Operaio del Marchio sia stato preservato fino ad oggi, anche a costo di introdurre nel rituale alcune apparenti contraddizioni, Neville Cryer risponde che la sua trasmissione è un preliminare necessario perché il Fratello possa meritare il Marchio : infatti, sebbene nella Massoneria Azzurra il Compagno sia stato provvisto degli attrezzi necessari per lavorare la sua Pietra, molte cose ancora non gli sono state insegnate, e in particolare l’uso della Squadra.
Quando un Fratello chiede di essere avanzato nel Marchio, tanto il Candidato quanto i due Compagni che lo accompagnano si presentano ai Sovraintendenti portando le pietre da loro lavorate, e questi usano la Squadra per verificarne l'esattezza del loro lavoro. Fino a che punto la superiorità fondata sull’uso di questo attrezzo sia considerata importante, risulta chiaro nella cerimonia di Installazione dei Maestri Venerabili delle Logge del Marchio :
dopo la morte del nostro Maestro Hiram Abi nelle circostanze da voi gia conosciute, fu indispensabile elegere un nuovo Maestro per presiedere al posto suo.
Tuttavia, per ragione di un grande numero di Compagni competenti ed intelligenti, era difficile   sceglierne uno senza offendere gli altri.
Fu allora deciso di selezionare nel giro dei Maestri Muratori del Marchio dodici fra quelli che avevano gia esercitato la funzione di Sovrintendente, considerati superiori agli altri.

In altre parole, i soli Compagni considerati idonei ad aspirare al soglio di Hiram sono i Sovraintendenti, ovvero coloro che conoscono l’uso della Squadra; e nulla di diverso da una gloriosa Squadra di Luce è quella che vediamo delinearsi - tra Cielo e Terra - nello stupendo quadro conclusivo del racconto.

Fu loro detto di recarsi l’indomani mattina in un luogo determinato. Fu inoltre deciso che quello che prima avrebbe visto i raggi del sole sarebbe stato riconosciuto Maestro per occupare il posto di Hiram. Mentre la maggiorparte di loro guardavano verso l’Est, Adoniram si gi verso Ovest, proteggendosi gli occhi dalla crescente e abbagliante luce, e vide un raggio di sole colpire il tetto del Tempio. Cadde immediatamente sul ginocchio destro (…) (e) fu immediatamente riconosciuto come legittimo successore di Hiram Abi.

Contattaci

Per ulteriori informazioni o per prenotare un corso, contattaci compilando il modulo sottostante.

Posizione

Grande Scuola degli Antichi Scalpellini Maestri Muratori del Marchio
Cosenza, Calabria Italia

Chi siamo

La Grande Scuola degli Antichi Scalpellini Maestri Muratori del Marchio è un'istituzione dedicata alla promozione e alla conservazione dell'arte antica della scrittura. Con una lunga tradizione di maestri qualificati e un profondo rispetto per la storia e la cultura, ci impegniamo a trasmettere le conoscenze e le tecniche tramandate nel tempo.